La febbre dello spread (come Berlusconi nel 2011…)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-02-08

Il differenziale di rendimento tra BtP e Bund ha sfondato quota 140 punti base e si è attestato a livelli che non venivano toccati dall’inizio del luglio 2015. La corsa dello spread nel 2011 determinò la caduta di Berlusconi. In difficoltà con la sua maggioranza ma anche stretto da limiti e vincoli europei. Esattamente come oggi Renzi…

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Torna la febbre dello spread. Il differenziale di rendimento tra BtP e Bund ha sfondato quota 140 punti base e si è attestato a livelli che non venivano toccati dall’inizio del luglio 2015. Con il crollo degli indici azionari in tutto il mondo, guidato oggi dalla Borsa di Milano, gli acquisti si concentrano sui bond dell’Europa del Nord e le vendite su quelli dei paesi periferici, con Italia e Spagna in testa. Il differenziale di rendimento tra i decennali italiani benchmark (Isin IT0005127086) e quelli tedeschi, che era stabile in avvio di seduta a 126 punti base, si attesta ora a 146 punti base, con il rendimento dei BTp decennali che vola all’1,68% dall’1,71% dell’apertura.

La febbre dello spread

E la memoria non può che tornare al 2011: il 4 gennaio lo spread era a 173 punti. Il 30 dicembre arriverà a quota 528, con un incremento di 355 punti. I primi sei mesi dell’anno trascorrono con un’altalena continua del differenziale tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi, termometro della fragilità non solo economica italiana. Il primo luglio viene diffuso il bollettino di Standard & Poor’s sulla manovra del governo Berlusconi: “Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito, principalmente a causa della debole crescita” scrive l’agenzia di rating, in parte riprendendo i concetti espressi già a maggio, quando l’outlook dell’Italia era stato rivisto da “stabile” a “negativo”. Poi il caos continua:

Il 7 luglio l’Italia è di nuovo sotto stress, aumenta la pressione sui nostri Btp e lo spread schizza oltre quota 226, il record dalla nascita dell’euro. Stessa sorte per i titoli di Stato spagnoli, portoghesi, greci e irlandesi, i nuovi deboli di Eurolandia. In Italia si moltiplicano i rumors sulla tenuta del governo e sulle possibili dimissioni del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, uniti ai timori sulla manovra e sulla presunta non solidità delle banche. E’ in questo clima che Draghi matura l’idea di rilasciare una dichiarazione forte, che argini la frana: 15 righe che fanno il giro del mondo e che rassicurano sulla bontà della manovra e sulla credibilità delle misure per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.

Tra il 4 e il 5 agosto lo spread si avvicina pericolosamente a quota 400 punti e in quel clima il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi invia una lettera segreta a Silvio Berlusconi in cui indica misure ritenute urgenti per evitare il collasso del paese e dell’euro. Il centrodestra risponde annunciando una manovra economica urgente che viene approvata a settembre. Intanto la lettera viene pubblicata il 29 settembre sul Corriere della Sera.

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Spread Btp/Bund 2011-2012 (Il Messaggero)

Ai primi di settembre intanto lo spread riprende la sua corsa anche perché da Standard & Poor’s arriva per l’Italia il temuto downgrade. Il 23 ottobre Francia e Germania lanciano l’ultimatum a Berlusconi: “Attui subito le misure per debito e crescita”. E in conferenza stampa ha luogo la famosa scenetta delle risate dei due leader:

Intanto ai primi di novembre Berlusconi capisce che le tensioni politiche e la guerra con i finiani lo hanno portato pericolosamente sulla soglia della maggioranza tra Camera e Senato. Il 12 novembre Silvio Berlusconi si presenta al Colle per dimettersi. Qui incontra Mario Monti, suo successore in pectore, che quattro giorni dopo riceverà ufficialmente da Giorgio Napolitano l’incarico di formare un nuovo governo. Dopo il top storico del 9 novembre, lo spread comincerà una lunga discesa tornando a toccare molti picchi anche nel 2012.

…come quella volta di Berlusconi

Il differenziale è oggi molto lontano dai vertici toccati in quegli anni. Eppure la situazione politica in cui si sviluppò quella tensione comincia a somigliare. In Grecia, il governo Tsipras è stretto nella morsa dei creditori, che chiedono l’approvazione della riforma delle pensioni, e della popolazione, che ha scioperato compatta contro i tagli.

L’agenda macroeconomica di giornata si concentra sulla produzione industriale in Spagna dove il dato indica una discesa dello 0,2% a dicembre sul mese precedente e una risalita del 3,7% su anno. Per l’intero 2015 il dato è stato di una crescita del 3,2%. La fiducia degli investitori nell’Eurozona è scesa a 6 punti a febbraio dal 9,6 di gennaio, secondo l’indice sentix. Le attese degli economisti erano per un livello di 7,6 punti. “In particolare pesa il clima in Germania e Stati Uniti”, osserva Sentix, aggiungendo che “l’economia globale è in uno stato di grande fragilità al momento”. Negli Usa si guarda all’indice della Fed sul mercato del lavoro.

In Italia intanto alle difficoltà delle banche per le sofferenze e l’accordo al ribasso sulla bad bank si aggiungono i desiderata del governo tedesco sui titoli del debito pubblico in mano alle banche e sul rischio del bail in anche per i paesi che chiedono il salvataggio. A questo si aggiungono tutti i fronti aperti tra Italia e Commissione Europea:

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I fronti aperti tra Italia e UE (Corriere della Sera, 19 dicembre 2015)

In attesa dell’Operazione PSE è bene che Renzi cominci a guardarsi alle spalle.

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