Elena Cattaneo contro Vandana Shiva sugli Ogm

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2014-10-04

La senatrice contro l’attivista e ambientalista indiana: si potrà mai discutere razionalmente di organismi geneticamente modificati?

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Oggi Elena Cattaneo su la Repubblica risponde a Vandana Shiva sulla questione degli OGM aperta a fine agosto dal New Yorker con l’attacco all’attivista e ambientalista indiana. Cattaneo riporta la discussione sugli organismi geneticamente modificati su un piano di razionalità. «Mi chiedo come si possano ignorare quindici anni di prove e pubblicazioni scientifiche sulla sicurezza di piante come il mais o il cotone Bt, o la soia Ogm. Le critiche sono le solite. “Non sono sicuri”. “Non sappiamo cosa possano fare nel lungo periodo”. Ma questi sono giudizi vaghi. Opinioni o premonizioni. Intanto negli Stati Uniti (come in Spagna) li coltivano e, come noi, li consumano da oltre vent’anni. L’Agenzia che certifica la sicurezza ambientale e umana (Efsa di Parma), la Commissione Europea, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e una moltitudine di scienziati abituati al confronto internazionale hanno controllato e concluso che, ad esempio, il mais Bt è sicuro. O meglio, che è più sicuro per l’ambiente e la salute umana del mais tradizionale irrorato da insetticidi o del mais biologico che presenta talvolta preoccupanti livelli di micotossine cancerogene. Possibile che tutti questi enti pubblici autorizzino cose pericolose? Se qualcuno ha dati diversi, e auspicabilmente non manipolati o artefatti, li deve mettere a disposizione affinché siano controllati».
 


Cattaneo ricorda che il divieto di OGM, in Italia, significa usare di due volte e mezzo più pesticidi degli USA (ove si coltivano anche OGM). Non si possono studiare, non si può sperimentare. Però siamo OGM-free (solo in apparenza, ma pare che basti ai crociati antiOGM). Che conquista! Non va meglio sul fronte della innovazione e sul «silenzio di un governo di sinistra». Lo scorso luglio Cattaneo aveva inviato alcune domande al ministro Maurizio Martina sugli OGM (Sedici domande al ministro Martina, Il Sole 24 Ore, 19 luglio 2014).

A giugno Cattaneo aveva scritto I pregiudizi sulle colture rallentano l’innovazione (Il Corriere della Sera). Vale la pena rileggere per intero quel testo perché tanto siamo sempre fermi lì.

Caro direttore,
da mesi studio la vicenda italiana degli Ogm. Non è il mio campo specifico, ma uso altre specie transgeniche (pesci, topi o tessuti di animali di grossa taglia) per ricerche che mirano a possibili terapie per una malattia devastante come la Corea di Huntington. Sugli Ogm consulto la letteratura specialistica e colleghi tra i massimi esperti, per capire basi scientifiche, metodi di lavoro e dinamiche economico-industriali del settore. Non trovo prove che gli Ogm siano più dannosi o rischiosi per l’ambiente delle coltivazioni tradizionali o di quelle biologiche. Di certo, hanno già molto ridotto l’uso di insetticidi e l’impatto ambientale dell’agricoltura globale e, come ricordavano anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola e l’Accademia Pontificia, sono una risposta concreta all’esigenza di sfamare la popolazione mondiale. Penso che, in Italia, la discussione si sia impantanata, in quanto condizionata da pregiudizi ideologici e interessi di nicchia rispetto ai quali anche la più corretta informazione non riesce a incidere. Mi si dice che ci sono lobby e multinazionali interessate a spingere gli Ogm. Però a chiedermi di far sentire la loro voce favorevole sono colleghi scienziati. Vorrebbero studiarli (in campo aperto), anche per capirne meglio il potenziale e i limiti. Mi si dice che gli agricoltori italiani non li vogliono. Eppure ho ricevuto una lettera di oltre 700 di loro (firme a mano) che chiedono di seminare con piante ogm circa 30 mila ettari di terreni (più di 50 mila campi da calcio) che sono di loro proprietà. A guidarli Franco Nulli e Deborah Piovan. Espongono, con modi civili, argomenti che trovo ineccepibili sia sul piano dei fatti che su quello dei diritti. Mi spiegano poi che il 62% di tutto il mais italiano – rigorosamente non ogm – dello scorso anno è vietato al consumo umano per i livelli delle tossine fumonisine (che agli animali comunque non fanno bene). E che molti dei nostri migliori prodotti tipici sono quindi fatti usando mangimi ogm importati.
Mi chiedo se non vi siano lobby e interessi commerciali «anche» tra coloro che non vogliono gli Ogm. Se qualcosa cambierà (in tempi utili perché una sfida come Expo 2015 – centrato sulla nutrizione – possa giovare al Paese) sarà attraverso un’azione che parta direttamente dall’imprenditoria agricola. La scienza ha fatto la sua parte. Una pubblicazione del 2013, firmata anche da Fabio Veronesi che è presidente della Società italiana di genetica agraria, aggiorna le prove sperimentali ottenute in laboratori pubblici, giungendo alle stesse conclusioni di un eccellente documento sottoscritto già dieci anni fa dalle principali accademie scientifiche italiane. In sintesi: gli Ogm sono sicuri e vantaggiosi per la salute e l’ambiente. Si rimane in attesa di prove che mostrino l’eventuale dannosità. Ovviamente, devono essere pubblicate su riviste peer review (sottoposte a un processo di revisione paritaria, ndr). Giudico poco interessanti le opinioni personali. Viceversa, la competizione tra scienziati e tra riviste garantisce un’incontestabile trasparenza. Dati edulcorati o falsati non sopravvivono alla prova della valutazione mondiale. Dimostrazione ne è il caso del ricercatore francese che aveva diffuso dati falsi sulla pericolosità degli Ogm e che ha dovuto poi ritirare quel lavoro. Ecco perché non trovo razionale invocare il «principio di precauzione» per vietare la coltivazione di Ogm. Non innovare, quando farlo significa miglior sicurezza, qualità e raccolto (con prove verificabili) significa paralizzare ogni attività di ricerca in qualsiasi campo. Come senatrice, ma come cittadina ancora di più, vorrei vedere coinvolte le istituzioni in un’ampia discussione «sui fatti» che possono giustificare il divieto o meno di fare ricerca e coltivare Ogm. Al di là di brevetti e multinazionali. Nella loro lettera gli agricoltori chiedono «solo» di concorrere, con l’aiuto degli scienziati italiani, a rilanciare il proprio settore e di conseguenza l’economia e l’occupazione di un comparto che rappresenta il futuro della ricerca mondiale. Spero che in primis il ministro delle Politiche agricole, ma anche tutto il governo li ascoltino.

Quanto alla intervista esclusiva di Federico Rampini a Vandana Shiva avevo detto ieri… Ma magari Shiva ripete sempre le stesse cose come un disco rotto, come una cantilena di un ragazzino che non ha bisogno di trovare prove e dimostrazioni per le proprie pretese.

Leggi sull’argomento: Quelle strane somiglianze tra l’intervista di Rampini e il blog di Vandana Shiva

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