La sfida di Renzi al Fiscal Compact?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-09-14

Su Repubblica il piano del governo: La legge di Stabilità non rispetterà la regole del pareggio di bilancio strutturale. Obiettivi: il taglio dell’Irap, gli investimenti in ricerca e sviluppo e l’estensione degli 80 euro. Ma la Germania non ci sta

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Matteo Renzi sfida il Fiscal Compact? L’interrogativo è d’obbligo, visto che oggi Repubblica, in un articolo a firma di Federico Fubini che segue quello di ieri sulla deflazione che conviene ai tedeschi, dice che il governo ha in animo di sfidare Bruxelles (e la Germania) lì dove fa più male. Secondo il quotidiano, infatti, la legge di Stabilità del governo non rispetterà la regola del pareggio di bilancio strutturale e non presenterà una manovra per ridurre deficit e debito.

Il governo Renzi e gli interpreti più ortodossi del Fiscal Compact nella Commissione Ue, nella Banca centrale europea, a Berlino, Helsinki o Vienna sono in disaccordo come prima. Ma ora si capisce meglio ciò che su questa base sta per accedere,e le potenziali conseguenze:senza chiedere prima il permesso, l’Italia tra quattro settimane presenterà una Legge di stabilità fuori linea rispetto alle prescrizioni del Fiscal Compact europeo. L’impianto della manovra finanziaria non mirerà a rispettare il cosiddetto obiettivo europeo “di medio periodo”,il pareggio di bilancio calcolato al netto delle fluttuazioni dell’economia. In altri termini,l’intervento sui conti delloStato del 2015 non ridurrà sostanzialmente il deficit e non cercherà di far scendere il debito. A margine dell’Ecofin ieri aMilano, è emerso che Renzi intende prendersi lo spazio di “flessibilità” che ha sempre chiesto, senza prima vederlo riconosciuto

MATTEO RENZI E IL FISCAL COMPACT
Un obiettivo che metterà il governo Renzi nell’occhio del ciclone. Secondo Fubini il governo intende così portare a casa risorse da impiegare per rendere stabile il bonus di 80 euro ed estenderlo alle classi meno abbienti, ma ha anche altri due obiettivi: una riduzione sostanziosa dell’Imposta regionale sulle attività produttive, quell’Irap che è odiatissima dalle imprese, e un investimento monstre in ricerca e sviluppo. I numeri:

La Legge di stabilità punta dunque a un deficit del 2015 quasi invariato rispetto a quest’anno, cioè al 2,8 per cento o 2,9 per cento del Pil. Appena sotto al tetto del 3 per cento, ma di pochissimo, sulla base di una previsione di crescita che per l’anno prossimo il governo dovrebbe fissare intorno allo 0,5p er cento. Una scelta del genere ha tutta l’aria di essere una sfida aperta a Berlino e alla nuova Commissione Ue di Jean-Claude Juncker. Ne ha l’aria perché crea un fatto compiuto senzachiedere il permesso. In privato il premier Renzi ha fatto uncommento che lascia capire come,peraltro, questa possa essere una strategia duratura: «La battaglia per la flessibilità ci permette di stare tre anni alle nostre condizioni».


All’Italia il Fiscal Compact fa paura perché chiede che dall’anno prossimo venga ridotta di un ventesimo la parte del rapporto debito pubblico/Pil che supera il 60%. Il che si traduce (a parametri di debito, Pil e inflazione invariati) in manovre da oltre 50 miliardi di euro l’anno. Keynesblog ha calcolato qualche tempo fa l’ammontare del fiscal compact negli anni a venire secondo quanto ci siamo impegnati a fare. «Su questa base, piuttosto ottimista, abbiamo calcolato a quanto dovrebbe ammontare l’avanzo primario nei conti pubblici per poter arrivare, nel 2035, all’obiettivo di rapporto debito / Pil pari al 60%. Come si vede dalla tabella che segue, l’ammontare assoluto del debito continuerebbe a crescere fino al 2021 per calare soltanto in seguito. Ma, soprattutto, per portare nell’arco del periodo esaminato l’incidenza del debito pubblico al 60% del Pil, occorrerebbe realizzare (e mantenere per quasi vent’anni) un avanzo primario non inferiore al 4,5% del prodotto (comunque supposto in crescita in termini monetari). E tale risultato dovrebbe essere ottenuto mediante un maggior prelievo fiscale ed una minore spesa pubblica con ricadute devastanti sulla dinamica del Pil, che ben difficilmente potrebbe mantenersi sul ritmo di crescita ipotizzato dell’1,6%.».
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LA GUERRA DI RENZI A BRUXELLES
Sui giornali di oggi la polemica era concentrata ancora sul piano da 300 miliardi, che avrebbe prodotto uno scollamento dagli obiettivi di deficit ma era spinto dal governo italiano. Una posizione che, spiega il Corriere, non tarderà a cozzare con gli intendimenti della Germania.

Se questi sono i termini della questione vista da Berlino, è facile intuire perché la Germania non solo fa resistenza a ulteriori allenamenti della politica monetaria della Bce, ma respinge qualsiasi ipotesi di scollamento dai vincoli del Patto di stabilità e di crescita, che minerebbe la credibilità nell’eurozona. Il messaggio tedesco non cambia: «Le regole di bilancio vanno rispettate. Noi lo facciamo,è un fattore fondamentale per la fiducia degli investitori», dice Schäuble dimenticando quando fu proprio la Germania (con la Francia )a sforare il tetto del deficit. E insiste:«Dobbiamo concentrarci sulle riformestrutturali».Anche sugli Abs spazza via ogni dubbio: «La Germania non darà nessuna garanzia statale», come ha suggerito invece il presidente della Bce Mario Draghi per allargare il nuovo programma di acquisto titoli cartolarizzati che aprirà a ottobre anche alle tranche più rischiose (mezzanine).

E secondo Martin Wolf, capoeditorialista del Financial Times, l’Italia non avrà alcuna possibilità di trattativa:

«Tutte queste concessioni non leho viste. Al contrario, l’Italia non ha ancora ben chiaro che aderendo all’euro è entrata in un club di dogmatic hard money dove le regole le dettano i tedeschi. E la Germania ha voluto regole così rigide proprio perché non si fida dei partner. Prendere o lasciare. Certo, si possono modificare i trattati, ma prende molto tempo, che non c’è, e richiede l’unanimità: escludo il voto favorevole non solo dei tedeschi, ma di finlandesi, austriaci,olandesi».

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