Perché il processo di Grillo alla Fucksia è stalinista

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-12-28

A prescindere da come finirà la votazione, il processo intentato da Beppe Grillo alla senatrice Serenella Fucksia per non aver restituito una parte dello stipendio e rendicontato come gli altri parlamentari a 5 Stelle è un perfetto esempio di metodo stalinista. Il merito della questione però in questa valutazione conta poco: da quello che si …

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A prescindere da come finirà la votazione, il processo intentato da Beppe Grillo alla senatrice Serenella Fucksia per non aver restituito una parte dello stipendio e rendicontato come gli altri parlamentari a 5 Stelle è un perfetto esempio di metodo stalinista. Il merito della questione però in questa valutazione conta poco: da quello che si è capito, la Fucksia ha spiegato che non ha rendicontato in tempo per alcuni problemi di salute nel frattempo intercorsi e per l’assenza di un suo collaboratore. Ad occhio – e senza ulteriori valutazioni puntuali  – le sue sembrano più che altro scuse: mancano infatti i rendiconti da aprile, e se la giustificazione può essere valida per gli ultimi mesi di certo non lo è per quelli precedenti. E le regole sono regole, quindi dal punto di vista del merito il discorso si potrebbe anche chiudere qui. E invece no, perché in democrazia la forma è sostanza. E quella di Grillo è chiarissima fin dall’inizio: nel post di una decina di righe il blog accusa la senatrice di non aver rendicontato e afferma che la Fucksia non ha risposto ai solleciti, quindi chiede: le tagliamo la testa?

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Il post che annuncia la votazione di Serenella Fucksia

È evidente che chiunque legga quelle poche righe e basta non abbia altra scelta che votare sì. Ed è proprio per questo che la storia non funziona. Prima di chiamare a votare gli iscritti sull’espulsione di un iscritto, infatti, si dovrebbe per lo meno avvertire l’iscritto che la procedura sta per partire (la Fucksia dice che non ne sapeva nulla), dare all’iscritto la possibilità di difendersi con gli stessi metodi dell’accusa (quindi, scrivendo un messaggio e corredandolo con i documenti che riterrà opportuni) e poi circostanziare l’accusa con prove e documenti chiedendo quindi al corpo elettorale di pronunciarsi. Questo cambierebbe il destino della Fucksia? Ad occhio sembrerebbe proprio di no visto che la senatrice non sembra avere – o ancora non ha prodotto – una giustificazione credibile per tutti quei mesi di ritardo nel rispetto di una regola che conosceva benissimo da prima di essere eletta nel M5S. E in più le dichiarazioni della stessa sulle ipotesi di complotto («C’è una lotta di potere in corso e si è trovata questa scusa per parlare di altro, per non affrontare il problema. Ma questo modo di comportarsi non fa onore al Movimento, è un altro autogol») senza prove sono ancora più irritanti. Ma se ci fate caso, i “processi” ai grillini sul blog funzionano esattamente così: la parola all’accusa e subito dopo a voi la sentenza. Il principio dell’ascolto della difesa, semplicemente, non esiste.
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Il post di risposta della Fucksia sulla sua espulsione

E non molto differente è la procedura di sospensione ed espulsione così come è stata descritta nel discorso delle Tavole della Legge della fine dell’anno scorso. Chi decide di avviare il provvedimento di espulsione? Il Capo Politico del Movimento:

il capo politico del MoVimento 5 Stelle, su segnalazione comunque ricevuta:
i) dispone la sospensione dell’iscritto, dandone comunicazione al gestore del sito, il quale provvede alla disabilitazione dell’utenza di accesso;
ii) contesta all’interessato la violazione con comunicazione a mezzo e-mail, assegnandogli un termine di dieci giorni per la presentazione di eventuali controdeduzioni.

Ancora una volta ci si affida alle comunicazioni via mail, come già avvenuto in passato con le diffide inviate dagli avvocati di Grillo agli attivisti del Movimento. Il ruolo che Beppe si è ritagliato è sia quello di Pubblico Ministero che quello di Giudice. Naturalmente il Regolamento è molto garantista e consente all’eretico di poter ricorrere contro il provvedimento di espulsione:

Decorso tale termine, il capo politico del MoVimento 5 Stelle, se non sono pervenute controdeduzioni ovvero ritiene non accoglibili le controdeduzioni presentate, dispone l’espulsione dell’iscritto, dandone comunicazione all’interessato con comunicazione a mezzo e-mail.
Entro i dieci giorni successivi, l’interessato può proporre ricorso contro l’espulsione, a mezzo e-mail da inviare al link www.beppegrillo.it/movimento/regolamento/9.html. Il ricorso viene esaminato dal comitato d’appello entro il mese successivo.

C’è quindi un comitato dei garanti che, volendo, ha la possibilità di difendere l’iscritto colpito da scomunica e ad andare contro lo stesso volere del Sovrano. Ma chi sono i componenti del comitato d’appello? Ce lo dice il Regolamento poco sotto:

Il comitato d’appello è composto di tre membri, due nominati dall’assemblea mediante votazione in rete tra una rosa di cinque nominativi proposti dal consiglio direttivo dell’associazione MoVimento 5 Stelle ed uno dal consiglio direttivo dell’associazione medesima.
I componenti del comitato d’appello sono nominati tra iscritti.
Il comitato d’appello dura in carica cinque anni.

A far parte del comitato d’appello non sono quindi i cinque fedelissimi nominati da Grillo nel Direttorio ma altri tre due dei quali scelti tra cinque decisi dal consiglio direttivo dell’associazione, quindi da Grillo stesso. E uno scelto direttamente dal consiglio direttivo dell’associazione, quindi da Grillo stesso. In sostanza l’organo di garanzia che secondo il Regolamento dovrebbe garantire gli iscritti colpiti da provvedimento di espulsione da parte di Grillo è nominato da Grillo. C’era una volta la democrazia.
Edit: il popolo ha deciso, la senatrice Fucksia deve essere espulsa:
fucksia espulsa

Leggi sull’argomento: Beppe Grillo dona le tavole della legge ai grillini

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