Il primo partito d'Italia ha stravinto le elezioni

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-11-24

Il partito dell’astensione trionfa in Emilia Romagna e Calabria. Niente effetto Renzi nelle regioni al voto. Forza Italia battuta male dalla Lega, mentre i 5 Stelle sembrano sempre più in crisi

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Il partito dell’astensione ha vinto. Mentre il Partito Democratico si porta a casa Emilia Romagna e Calabria, il dato che colpisce di più è quello dell’astensionismo, che tocca livelli record nella regione rossa per eccellenza e fa squillare così un campanello d’allarme per Matteo Renzi. L’affluenza definitiva delle elezioni Regionali 2014 in Emilia Romagna si è fermata al 37,67% dei votanti; in Calabria, invece, è andato a votare per il nuovo governatore e per il consiglio regionale il 44,07% degli aventi diritto.

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L’affluenza in Emilia Romagna e Calabria (La Repubblica, 24 novembre 2014)

IL PRIMO PARTITO D’ITALIA HA VINTO
Il risultato ha tutta l’aria di un segnale al governo, nelle settimane segnate dai dati economici negativi e dalle piazze in fermento. Bisogna anche considerare le condizioni di partenza nelle due regioni, dove i governatori uscenti sono stati spazzati via da inchieste e processi. In Emilia-Romagna si è tornati al voto dopo le dimissioni, a luglio, di Vasco Errani. Da 15 anni alla guida della Regione, Errani ha lasciato dopo la condanna in Appello a unanno, per falso ideologico, nel processo Terremerse, dove era stato assolto in primo grado. In Calabria le Regionali sono state indette dopo le dimissioni, ad aprile, di Giuseppe Scopelliti. L’ex governatore ha lasciato dopo la condanna a 6 anni (l’accusa ne avevi chiesti 5) per abuso d’ufficio inflitta in primo grado. Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera riepiloga motivi e scelte dell’elettore deluso:

Alla vigilia delle Regionali l’aumento dell’astensione era dato per scontato per diversi motivi: la mancanza di un «traino» elettorale nazionale,il clima sociale caratterizzato da sfiducia e preoccupazione e il voto in un’unica giornata rispetto alle precedenti consultazioni, quando si votò anche il lunedì. Ma un’astensione di questo livello era inimmaginabile, come pure la differente partecipazione al voto nelle due regioni: in Calabria(44,1%) l’affluenza è risultata superiore rispetto a quella dell’Emilia-Romagna (37,7%). Certo, si tratta di consultazioni locali, ma il loro valore simbolico non è irrilevante e può travalicare il livello territoriale. In Emilia l’astensionismo record (circa 30% in meno rispetto alle precedenti Regionali) è un importante segnale di disagio dei cittadini che può essere ricondotto a una pluralità di aspetti, a partire da quelli giudiziari:la sentenza che ha portato alle dimissioni di Errani, gli avvisi di garanzia nei confronti dei candidati alle primarie del Pd, le inchieste sui rimborsi elettorali che hanno fatto svanire l’illusione che l’Emilia fosse al riparo dagli scandali che avevano riguardato Lazio, Lombardia e Piemonte. Inoltre è probabile che sia un segnale di disaffezione rispetto ad un «modello» che ha progressivamente perso il proprio smalto.

primo partito d'italia
Mentre su Repubblica Francesco Bei tasta il polso ai renziani:

Quanto alle percentuali di affluenza negativa, per il premier sarebbe sbagliato caricarne la responsabilità tutta sulle spalle dell’esecutivo. Perché si votava per il rinnovo delle regioni, istituzioni in fondo alla classifica di fiducia dei cittadini. Enti screditati dal malgoverno, dalle inchieste sulla corruzione, dai giganteschi buchi di bilancio. «Solo in Emilia su 50 consiglieri regionali – fanno notare nel Pd – 41 sono indagati. In Calabria non ne parliamo». Che gli elettori abbiano voluto “punire”, restandosene a casa, degli enti percepiti come corrotti e distanti è una tesi che si fa strada ai piani alti del Nazareno. «Poi è chiaro che andare a votare solo per le regionali, senza il traino nazionale, non aiuta». Insomma, in Emilia-Romagna come in Calabria non c’è stato l’effetto Renzi delle Europee. Non c’era il premier direttamente in campo, si votava per i candidati governatori. Oltretutto gli uomini del centrosinistra erano dati per vincenti, la qual cosa potrebbe aver spinto molti a considerare scontata la vittoria e quindi non necessaria la fatica dimettersi in fila ai seggi. «Dovunque andassi– racconta nella notte Bonaccini – mi chiamavano da giorni “presidente”. Di certo non ha aiutato».

PARTITI E ANDATI
Difficile quindi fare considerazioni sui risultati in presenza di dati così incompleti. Di certo il Partito Democratico può esultare per la vittoria, ma la campana a morto dei risultati in Emilia dovrebbe preoccuparlo comunque. Il MoVimento 5 Stelle perde male sia in Emilia che in Calabria, prendendo più voti nella regione del Nord dove però partiva da risultati lusinghieri e da un radicamento sul territorio che stava mettendo in difficoltà PD e SEL prima che le divisioni interne lo fiaccassero. La Lega doppia Forza Italia in Emilia, e Salvini è l’unico che può legittimamente esultare per i risultati. Elisabetta Gualmini sulla Stampa riepiloga le motivazioni del non-voto:

Sono andati a votare gli abitudinari incalliti o gli incalliti credenti nella liturgia democratica dell eelezioni. Con tutta probabilità, in Emilia-Romagna, questa componente dell’elettorato continua ad essere più consistente che in Calabria. D’altro canto, l’unica competizione che sembrava effettiva, che poteva scaldare gli animi, era quella sulle preferenze, per ottenere un posto al sole nei consigli regionali. E si sa, che quel genere di competizione è sempre stata straordinariamente più accesa, ha sempre coinvolto molti più votanti in Calabria (circa l’85%) che in Emilia-Romagna (circa il 25%). Per di più, questa volta, la lotta per le preferenze in Calabria era acuita dalla drastica riduzione (da 50 a 30) dei seggi consiliari da distribuire. Mentre in Emilia la voglia di votare per i consiglieri regionali non era proprio alle stelle. A ben vedere, quindi, l’inversione della forchetta, non rende più clamoroso il flop, ma in parte lo spiega. Gli elettori italiani sono sempre meno identificati con i partiti. Sempre meno vanno a votare per confermare la loro lealtà. Ci vanno se serve,  mossi più dalla Tv che dagli apparati, anche nell’Emilia Rossa. E’ un’enorme transizione in corso. Votano per scegliere chi deve governare o per dimostrare dissenso. Stavolta le alternative non c’erano e il dissenso dell’antipolitica era spento.

Foto copertina da qui

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