Nel M5S c'è uno che è contrario alla politica dei selfie

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-10-21

Paolo Putti annuncia che non si candiderà a sindaco di Genova. Perché non si sente all’altezza della difficoltà del compito. Perché non ha paura di capi e capetti. Ma soprattutto perché «Se scelgo il MoVimento è perché mi piace, non perché mi piace il potere. A me non interessa sostituire un potere di qualcuno con un potere inconsapevole di molti»

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Paolo Putti, consigliere comunale a Genova ed ex candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle del capoluogo ligure, ha annunciato ieri che non tenterà di candidarsi di nuovo sindaco alle prossime elezioni. «Non ho paura di capi e capetti, ma ho deciso di non candidarmi a sindaco di Genova», ha detto ieri in un luogo inusuale per certi pentastellati, ovvero in un’assemblea del MoVimento a Genova, spiegando di avere tre motivi per non farlo.

Paolo Putti: nel M5S c’è uno contrario alla politica dei selfie

Il primo è che Putti non sente di avere le competenze necessarie per tutto quello che serve alla sua città. Il secondo motivo è quello della mancata paura di capi e capetti, e il riferimento è chiaro come l’acqua: Putti ce l’ha con Alice Salvatore, considerata l’astro nascente dopo la candidatura alle Regionali – Putti voleva qualcun altro – e al netto di enormi figure non proprio edificanti. «Ero entrato qui perché mi avevano detto che non importava quanti voti prendevamo, ma dovevamo rendere la gente consapevole. Se domani un venditore più bravo di me gli vende una roba che non mi piace, cosa faccio? E io non voglio allevare consumatori di voti, non mi interessa. Questa è la grave difficoltà che io ho avuto col MoVimento», ha detto Putti in assemblea. «Io ho degli amici, una famiglia, un lavoro: posso permettermi di scegliere. Se scelgo il MoVimento è perché mi piace, non perché mi piace il potere. A me non interessa sostituire un potere di qualcuno con un potere inconsapevole di molti», ha aggiunto. E la fine del suo intervento è stata accolta da applausi per un minuto buono da parte degli 85 presenti nella sala del Cap di via Albertazzi. Con il suo no, chiaro e netto nelle motivazioni, il MoVimento perde uno dei leader trainanti della prima ora e più rappresentativi in città, che alle elezioni del 2012 era riuscito ad ottenere quasi il 14% dei voti, superando la lista di centrodestra. Ora sarà l’assemblea del Movimento a decidere, insieme ai meet up sul web, chi presentare alle elezioni amministrative della primavera 2017.

E sarebbe incompleto raccontare la storia di una rinuncia effettuata con parole così nobili senza parlare della sua ultima polemica in ordine di tempo. Non tanto per capire lui, quanto per comprendere appieno le motivazioni della sua rinuncia. Qualche giorno fa quel gran genio della Salvatore in un’interrogazione alla Giunta chiedeva se, in virtù dell’alto contributo all’inquinamento atmosferico del porto dato dalle Riparazioni Cantieri Navali di Genova non fosse il caso di trasferire quell’attività lontano dalla zona. Un’«ideona» che ha scatenato la protesta del lavoratori navali, che hanno ovviamente scioperato e si sono presentati in Consiglio Regionale per contestare, fischiare e interrompere l’intervento della Salvatore. La contestazione ha provocato due velocissimi dietrofront in seno ai 5 Stelle: quello della Salvatore, che ha detto che “L’M5S da sempre si schiera a fianco lavoratori da parte nostra non c’è stata nessuna richiesta formale di spostare i cantieri a 5 km, solo un’interrogazione per chiedere alla giunta Toti se si sta muovendo per trovare una soluzione all’inquinamento atmosferico evitando la contrapposizione tra lavoro e salute dei cittadini e dei lavoratori stessi”. E poi quello del collega Francesco Battistini, che ha osato addirittura dire che : “Io sono della Spezia e non conosco bene la situazione delle riparazioni navali genovesi, ma evidentemente abbiamo sbagliato interrogazione – ha detto Battistini – perché non esiste salute senza lavoro. Sono qui per chiedere scusa a tutti voi, uno per uno”. Storie di ordinario M5S, insomma, come quella volta della Parmalat, quando la stessa Salvatore fu costretta a dichiarare:

«Siamo molto sconcertati – scrive Salvatore – per le notizie svianti che sono circolate in merito al cosiddetto scandalo del latte in Liguria. Non è esatto dire, come purtroppo noi stessi siamo stati indotti a dichiarare, che il latte fresco del colosso Lactalis non è di provenienza italiano. Il latte fresco dei prodotti Parmalat e Oro risulta essere al 100% di origine italiana».
«C’è di più: al contrario di altre multinazionali del latte, Parmalat ha promosso negli ultimi tempi una politica aziendale volta al mantenimento delle lavorazioni sul suolo italiano. Pare che in molti siamo finiti in un tourbillon di notizie fabbricate ad arte per screditare questa produzione»

Sì, avete letto bene: nel giro di parole della prima frase la Salvatore sta davvero dichiarandosi sconcertata da qualcosa che in seguito ammette di aver detto lei. Cosa aveva fatto? Nell’ambito della guerra del latte scoppiata in Liguria Parmalat aveva deciso di non rinnovare il contratto di approvvigionamento con la Cooperativa Val Polcevera lasciando a piedi un centinaio di allevatori. La Salvatore ed altri dichiararono che la Parmalat usava latte non di provenienza italiana. Da qui il bailamme e le scuse.

Alice Salvatore, capi e capetti

Ma torniamo ai cantieri navali da spostare. Subito dopo la contestazione dei lavoratori Putti era andato giù durissimo: “Quando si rincorre troppo la visibilità e l’annuncio a discapito dell’informazione, dell’acquisizione di dati e della proposta di azioni concrete che analizzino il bisogno in tutte le sue componenti complesse questi sono i rischi in cui si incorre”, aveva detto il capogruppo in consiglio comunale. “Andrebbero ascoltate tutte le parti: i comitati del centro storico, la storia che si portano dietro i cantieri navali, i lavoratori, i sindacati, l’autorità portuale e le imprese che lì lavorano perché magari si scopre che potrebbero essere disponibili a determinati percorsi in cambio però magari di un’attenzione rispetto ad esigenze che potrebbero facilitare in altri campi il loro lavoro. E’ chiaro che questo tipo di percorso non contempla selfie o tweet di effetto immediato ma consente di affrontare il problema e vedere se si riesce a trovare una soluzione. Essere sempre alla ricerca della visibilità e dell’annuncio shock porta a questi risultati che poco giovano alla popolazione e poco anche al movimento”. Mentre talebani e istituzionali si fanno la guerra per finta a Roma, discutendo dei centomila euro di spese di Di Maio senza domandarsi se sia credibile come candidato premier o no, da Genova i segnali sono molto diversi. E la Salvatore? Ieri all’assemblea si dovevano raccogliere le candidature per la corsa a sindaco. L’assemblea plenaria di ieri sera era stata decisa senza l’assenso della Salvatore. Lei non era presente perché impegnata in un dibattito contro un candidato PD per il referendum. Ma, scrive Italia Oggi, non è un mistero che lei, con l’ok di Grillo e Casaleggio, vorrebbe candidare sindaco l’attivista Luca Pirondini, attivista e artista, maestro di musica al Carlo Felice.

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