L'ultimo discorso di Alexis Tsipras prima del referendum

di Faber Fabbris

Pubblicato il 2015-07-05

Il video con i sottotitoli e il commento dell’ultimo discorso elettorale del premier greco prima dell’apertura delle urne di oggi

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La breve e intensissima campagna elettorale per il referendum del 5 luglio si è chiusa venerdì sera ad Atene. La manifestazione per il ‘NO’ ha riempito letteralmente la piazza della Costituzione (‘Syntagma’) di persone, fino a debordare sulle grandi arterie adiacenti, il Viale Regina Amalia, il Viale Regina Elena, la Via dell’Università. Un concerto per ‘festeggiare e vincere la paura’ come ha detto Alexis Tsipras nel breve saluto rivolto alla folla, che non è esagerato definire entusiasta. I numeri in questi casi sono spesso variabili, ma una cosa è certa: il fronte del ‘NO’ ha surclassato, in termini di partecipazione, quello del ‘SI’, riunito nel più confidenziale stadio antico ai piedi dell’Ardetto (il ‘Kalimarmaro’ per gli ateniesi).
La mobilitazione per il ‘NO’ ad Atene è stata molto forte, anche perché i danni di cinque anni di memorandum si sono sentiti e visti più in città che nelle campagne. Bisogna però tenere conto che la capitale greca raccoglie quasi la metà della popolazione greca totale. Ci sarà quindi -probabilmente- un ‘effetto Atene’ nel referendum di domenica, anche se ogni pronostico è azzardato.
Tsipras si è rivolto ai cittadini con un discorso tutto legato alle due ambizioni del suo governo: rivendicare il carattere democratico e sovrano del referendum e ribadire che proprio il referendum rilancia la politica in Europa, e la innalza di livello, rispetto alle paludi del ‘liberismo applicato’, alla catena dell’obbedienza alla ‘ragione unica’.
Parlare di democrazia ad Atene prende uno slancio tutto particolare: un discorso che si apre con “Cittadini di Atene!” sembra quasi una pagina di Platone, sotto i nostri vivi occhi. Ma non si tratta di retorica estetizzante: è invece tutta la verità e l’urgenza della democrazia nel suo senso primario che Tsipras invoca. E i ‘cittadini di Atene’ capiscono bene che non si tratta di un discorso d’Accademia (che è d’altra parte poco lontana dalla piazza del comizio), ma che le parole di Tsipras parlano ai loro problemi di tutti i giorni, dal conto della spesa alla dignità di un popolo.

L’ultimo discorso di Alexis Tsipras in piazza… di next-quotidiano
Il primo ministro disfa la rappresentazione (grossolana e in definitiva insostenibile) del “Europa Si o Europa No”, insistendo sul fatto che questo referendum è esattamente un servizio reso all’Europa: è il modo migliore per la Grecia di ricordare all’Europa su cosa essa è fondata, il modo più chiaro per ribadire che la scelta popolare costituisce una conquista storica, non un dettaglio procedurale.
Tsipras tocca corde care ai suoi concittadini, ricordando che “il popolo greco ha già molte volte dimostrato, nella sua storia, di saper respingere gli ultimatum”. Il pensiero dei greci corre al ‘giorno del NO’ (η Όχι μέρα) : il 28 ottobre 1940 Iànnis Metaxàs, presidente/dittatore di una Grecia autoritaria respinse l’ultimatum di Mussolini. La leggenda vuole che Metaxàs, svegliato in piena notte dall’Ambasciatore italiano che gli consegnava il documento, abbia risposto soltanto ‘NO’. La sorte della piccola Ellade sembrava segnata, ma l’esercito italiano -che doveva “spezzare le reni alla Grecia”, secondo la retorica gretta di Mussolini- fu non solo fermato, ma ricacciato fino quasi a Tirana.
Un simbolo in ogni caso super partes, e caro a tutti i greci.
Più vicine al sentimento della sinistra le due magnifiche evocazioni poetiche del discorso di Tsipras:
“la Libertà richiede Virtù e audacia ” (Αρετήν και τόλμην θέλει η Ελευθερία), verso del poeta ‘nazionale’ Andra Calvo (1792-1869) che fu sodale e segretario di Ugo Foscolo. Queste parole sono iscritte sul monumento, in pieno centro di Atene, alle vittime della ‘Strage del Politecnico’: nel 1973 gli studenti che protestavano contro la dittatura ‘dei Colonnelli’ furono massacrati dai carri armati.
E ancora di un poeta è la formula ‘Piccolo popolo, che lotta senza spade né proiettili’: si tratta di un verso di Ghiànnis Rìtsos (1909-1990 – “Dieci poemetti per la patria amara”, 1973), fra i più grandi letterati greci del novecento, militante comunista esplicitamente impegnato nelle lotte operaie, più volte arrestato e torturato per le sue idee politiche. Un riferimento che unisce e chiama tutte le forze di sinistra in Grecia, anche quelle dell’ormai imbalsamato Partito Comunista Greco (KKE) che non ha trovato di meglio che invitare all’astensione i suoi elettori (che sono comunque mediamente più intelligenti dei suoi leaders).
Dinnanzi alla narrazione della ‘responsabilità’ che si oppone al populismo, dinnanzi al lessico ammiccante e ‘confidenziale’ di Renzi e congeneri, un discorso politico e poetico come questo, che si abiti ad Atene o a Roma, è una ventata salutare di aria fresca.

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