Il bluff di Chiara Appendino sul TAV

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-01

Da una parte sulla ex-Westinghouse la sindaca sembra fare come Virginia Raggi a Roma e dare corso a decisioni che negli anni il M5S ha sempre criticato. Dall’altra sul Tav la Sindaca sembra aver preso atto dell’impossibilità di mantenere alcune promesse e quindi cerca di ottenere il massimo risultato possibile per sé stessa e per la sua maggioranza

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A Torino il MoVimento 5 Stelle sembra seriamente intenzionato a voler dimostrare che il nuovo corso a Cinque Stelle è quello di seguire il doppio standard inaugurato qualche giorno fa dalla Sindaca di Roma Virginia Raggi: quando si è all’opposizione si contesta, quando si è al governo si fanno le stesse cose che prima venivano considerate sbagliate o inaccettabili. Qualche indizio ce l’avevamo già, ad esempio sulle decisioni di Chiara Appendino per le nomine alla guida di Trm, la società che gestisce l’inceneritore di Gerbido. Ma Appendino ha saputo fare di meglio e in questi giorni ha autorizzato la costruzione del centro commerciale sull’area ex- Westinghouse.
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Quando il MoVimento era contro la volontà di fare cassa costruendo centri commerciali

La Sindaca Appendino ha giustificato la decisione spiegando che il Comune potrà così incassare 19,6 milioni di euro che potranno essere così messi a bilancio e utilizzati per sostenere il capitolo cultura e altre iniziative del Comune. Chi non è di Torino però forse non sa che sull’area dove verrà edificato il cento commerciale il M5S ha condotto per anni una battaglia durissima. Se lo ricorda ad esempio Vittorio Bertola (ex consigliere comunale M5S) che su Facebook ha ribadito com la battaglia contro l’ipermercato che verrà aperto sul giardino davanti al Tribunale è stata una delle più forti tra quelle condotte dai Cinque Stelle durante la precendente amministrazione a guida PD. Bertola scrive chiaramente che all’epoca erano noti – e Appendino dovrebbe saperlo più di tutti visto che sedeva in Commissione Bilancio – sia lo stato delle finanze cittadine che il costo della rinuncia e di quel “no” alla nuova lottizzazione commerciale. Questo è quello che scrivevano Bertola ed altri consiglieri pentastellati il 12 dicembre 2014, in un comunicato dove promettevano che “avrebbero vigilato sull’operazione” e invitavano l’Amministrazione ad un confronto con la cittadinanza in modo da garantire “una più ampia partecipazione dei cittadini al processo decisionale”. Uno degli ultimi atti di una battaglia che il MoVimento torinese stava combattendo da anni, visto che sull’area dove sorgerà il nuovo centro commerciale doveva inizialmente ospitare una biblioteca, anzi, la biblioteca principale della città. Progetto che poi è stato abbandonato a favore di un nuovo tipo di insediamento, non senza le lamentele del MoVimento 5 Stelle che ora si trova ad avallare quella stessa decisione che per anni ha osteggiato duramente. Tanto che all’epoca Davide Bono su Facebook scriveva: “Ma secondo voi servono altri 10 ipermercati a Torino? Per “chi comanda a Torino” ancora edilizia e centri commerciali, intanto in centro chiudono tutti i negozi. grazie Piero Fassino, grazie #pd. il MoVimento Cinque Stelle Torino si farà sentire!!“. E si è fatto sentire.
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Ma era il 2014, all’epoca l’allora assessore all’Urbanistica Stefano Lo Russo in un’intervista su Repubblica aveva giustificato così la decisione della giunta Fassino

Il Comune non ha i soldi per le tante opere necessarie. Ad esempio per il nuovo centro congressi nell’area ex Westinghouse, 5.000 posti per un’infrastruttura di livello europeo. Ma servono fondi privati e per questo è stato aperto un bando per valorizzare tutta la zona. La proposta che ci è arrivata è quella di realizzare un centro commerciale.

Nel 2016 Chiara Appendino ha giustificato la retromarcia con la necessità di far quadrare i conti, che in fondo era la stessa spiegazione data all’epoca da Fassino. Chissà se qualcuno solleverà la questione davanti a Beppe Grillo quando arriverà a Torino sabato due dicembre in occasione della chiusura della campagna elettorale per il referendum del 4 dicembre.
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Torino dice No alla Tav, ma  non serve a nulla

Per un investimento considerato necessario dalla Appendino ce n’è un altro che il M5S continua a considerare non necessario: il Tav. Il MoVimento – come già annunciato durante la campagna elettorale – ha presentato una mozione per far uscire il Comune di Torino dall’Osservatorio sulla Torino-Lione. La Appendino ha motivato così la decisione della sua amministrazione:

La mozione ci aiuta a spiegare perché siamo fortemente contrari alla Tav, un investimento che anche alla luce dei benefici previsti non riteniamo necessario o prioritario e pensiamo che quelle risorse andrebbero investite meglio.

Ora, che la nuova sindaca di Torino fosse contraria al Tav si sapeva, ma è anche noto alla prima cittadina torinese che un sindaco non può fermare il Tav. Lo aveva detto lei stessa in un’intervista all’ANSA subito dopo la sua elezione: «Un sindaco non può bloccare la Tav, quello che farò è portare al tavolo le ragioni del ‘no’, dialogherò con tutti e ascolterò le ragioni di tutti e se non ci sarà dialogo possibile lasceremo l’Osservatorio». Su questa che potrebbe essere l’ultima mossa di Chiara Appendino sulla questione del Tav (una volta che Torino uscirà dall’Osservatorio non pare che la Appendino abbia altre carte da giocare) è intervenuto il senatore PD Stefano Esposto che ha duramente criticato la scelta della maggioranza in Consiglio Comunale. Esposito infatti ha ricordato come “solo tre giorni fa” la Sindaca abbia organizzato insieme al Presidente Chiamparino “una conferenza stampa per annunciare di aver inviato al Governo la richiesta per sottoscrivere il patto per il Piemonte. All’interno di questo patto sono contenute molte opere figlie della realizzazione della linea ad Alta Velocita’ Torino-Lione. Quindi la signora Appendino vuole i soldi derivanti dal Tav per realizzare gli interventi, utili e necessari, ma contrasta la realizzazione della Torino-Lione?“. Si tratta di un patto da sei miliardi di euro nel quale Appendino e Chiamparino chiedono a Matteo Renzi lo stanziamento di fondi (per un totale di 3.2 miliardi di euro) per la realizzazione di interventi importanti sulle infrastrutture la Stampa riferisce che nel patto tra Regione e Comune sono compresi interventi sul sistema ferroviario torinese:

C’è l’ammodernamento del sistema ferroviario metropolitano di Torino (più le fermate Dora e Zappata, interamente da finanziare con 75 milioni) e di molte linee ferroviarie: Torino-Modane, Torino-Pinerolo, Torino-Trofarello, Torino-Pont, Torino-Genova. C’è il miliardo e 200 milioni per costruire la linea 2 del metrò, su cui al momento ci sono appena 10 milioni. E ancora, il prolungamento della linea 1 verso Rivoli per cui mancano 180 dei 340 milioni necessari.

Ma ci sono per la verità anche progetti sulla coesione sociale, sullo sviluppo culturale e sulla mobilità sostenibile, più in linea con il programma del MoVimento. Per il momento a siglare l’intesa sono stati solo Comune e Regione ma il Patto per Torino è a tre, e prevede quindi che anche Matteo Renzi dia l’assenso. Non è chiaro se dopo la presa di posizione della Appendino sul Tav il Governo – ma sarà da valutare dal 5 dicembre in poi – deciderà di mettersi d’accordo con i due enti locali. Tanto più che il Senato ha già approvato (la settimana scorsa) il tracciato della Torino-Lione e che iol 20 la Camera sarà chiamata a sua volta ad esprimersi. Più che una mossa per fermare il Tav – che ormai sembra inevitabile – quella della Appendino sembra solo un’operazione per non scontentare quella parte del suo elettorato vicina ai No Tav (o dichiaratamente No Tav). Quando la Torino Lione si farà Appendino potrà dire di aver fatto tutto quello che poteva per “impedirlo” e intanto potrà prendere i finanziamenti per sistemare le infrastrutture cittadine. Se dal punto di vista dell’immagine da “duri e puri” che l’ala più intransigente del MoVimento vorrebbe i propri portavoce tenessero in ogni circostanza la cosa suona come una sconfitta è possibile che la decisione di Appendino – qualora i fondi richiesti venissero veramente erogati – possa fare del bene alla città di Torino. Da questo punto di vista la decisione della Appendino denota parecchio pragmatismo e una presa di coscienza delle necessità della Realpolitik. Il problema sarà farlo capire ai No Tav.
 
 

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