«La Rai? Una pugnalata alle spalle»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-07-31

Lotti parla di «metodo vigliacco» per il voto sul canone alla tv pubblica. La Boschi: «Oggi il PD ha soccorso verdiniani e FI». Il governo pronto alle nomine con la Gasparri: Todini e Pilati verso la presidenza. Carlo Freccero nel CdA in quota 5 Stelle?

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Il voto di una parte del Pd oggi al Senato sulla riforma della Rai è stata “una pugnalata alle spalle”, usando un “metodo vigliacco”. Così il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti riferendosi al fatto che il governo è andato sotto sulla riforma Rai con i voti di una parte del Pd che ha votato insieme a FI, M5S e Lega.  “Quando un membro del Pd è in contrasto con il proprio gruppo e si fa sentire, discutendo, fa bene siamo un partito che si chiama Democratico e che discute. Ma – ha detto Lotti parlando alla Festa del Pd di Limite sull’Arno – non accetto che si pugnali alle spalle il partito che ti ha eletto. E’ un metodo vigliacco, sopratutto quando sei uno che dice ‘sei come Berlusconi’ e poi voti insieme a Fi”. “Quando qualcuno della mia squadra, che indossa la mia maglia, mi pugnala alle spalle non lo accetto”, ha ribadito Lotti, aggiungendo poi: “se la ‘ditta’ andava bene 3 anni fa quando ero in minoranza, allora deve andare bene anche adesso”.
 
«LA RAI? UNA PUGNALATA ALLE SPALLE»
Ieri il governo è andato sotto, con 19 senatori della minoranza Pd che hanno votato con le opposizioni contro la delega al governo sul canone. Sono: Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Federico Fornaro, Maria Grazia Gatti, Miguel Gotor, Maria Cecilia Guerra, Paolo Paleotti Guerrieri, Silvio Lai, Sergio Lo Giudice, Doris Lo Moro, Maurizio Migliavacca, Corradino Mineo, Massimo Mucchetti, Carlo Pegorer, Lucrezia Ricchiuti, Roberto Ruta, Walter Tocci. Claudio Martini non ha votato. L’incidente arriva all’indomani della decisione di andare al rinnovo del cda con legge Gasparri, che Palazzo Chigi ha tentato fino all’ultimo di scongiurare. La Commissione di Vigilanza ha deciso di votare già martedì per l’elezione di sette dei nove membri del cda di competenza della bicamerale con un’accelerazione che ha scatenato lo protesta di M5S. L’accusa è che ci sia un accordo tra Pd e Forza Italia non solo per arrivare alla spartizione dei consiglieri, ma anche per blindare la maggioranza dei due terzi necessaria per il presidente. Anche la minoranza Dem non nasconde le proprie perplessità sulle modalità con cui si è arrivati al rinnovo per il cda, ma nel Pd è soprattutto lo stop di oggi a Palazzo Madama a pesare. Se Lorenzo Guerini minimizza, sostenendo che “è fisiologico andare sotto su qualche emendamento” e che “se necessario si correggerà alla Camera”, dall’altra Matteo Orfini avverte che “se il dissenso diventa consuetudine” si finisce con “smontare il partito”. Per Forza Italia quello del Senato non è solo un incidente. “Verdiniani o non verdiniani la maggioranza non c’è più. Good morning Vietnam-Senato”, scrive su twitter Renato Brunetta. “La riforma della Rai di Renzi è carta straccia come lo è lo stesso presidente del Consiglio”, attacca il presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico (M5S). Parole arrivate a Palazzo Madama mentre crescevano i timori della maggioranza su un possibile ulteriore stop, questa volta sull’art.2 del ddl, quello centrale con le nuove regole sulla governance, poi scemati in serata dopo la decisione della minoranza Dem di non forzare la mano sul’introduzione del sistema duale. Dalla prossima settimana i giochi si sposteranno tra Palazzo San Macuto e Palazzo Chigi. Il premier dovrebbe indicare nei prossimi giorni il nome del dg e del presidente. Secondo i rumors riportato dall’ANSA, non è escluso un tandem tutto al femminile. Per la guida aziendale circolano i nomi di Marinella Soldi di Discovery e Tinni Andreatta, attuale direttore della fiction della tv pubblica, ma sarebbero in corsa anche uomini di prodotto come Andrea Scrosati di Sky o Andrea Castellari di Viacom. Per la presidenza si fa il nome di Luisa Todini, che potrebbe piacere a Forza Italia (anche se la loro prima scelta è Antonio Pilati), ma pare più probabile che si opti per un volto noto della Rai (probabilmente un ex, come ad esempio Giovanni Minoli) o un profilo istituzionale che possa svolgere un ruolo di garanzia. Quanto ai consiglieri, la maggioranza dovrebbe averne quattro, due il centrodestra. Circolano, tra gli altri, i nomi di Antonio Campo Dall’Orto, Ferruccio De Bortoli, Marcello Sorgi, Bianca Berlinguer. Anche M5S avrà un proprio rappresentante: la figura in pole position è quello di Carlo Freccero.

rai riforma
La riforma della Rai (Corriere della Sera, 31 luglio 2015)

COME L’HANNO PRESA I RENZIANI
I renziani non l’hanno presa bene. Il soccorso dei verdiniani al Pd? “Oggi parte del Pd ha soccorso i verdiniani e Fi”. Lo afferma il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi alla Festa dell’Unità Pd a Roma parlando del voto sulla riforma della Rai al Senato. Concetto ribadito poi anche dal presidente del Pd Matteo Orfini, secondo il quale “quelli che hanno spiegato come Verdini avrebbe salvato la maggioranza oggi hanno votato con Verdini mandando sotto il governo”. Maria Teresa Meli sul Corriere ci riporta invece la posizione di Renzi:

Il presidente del Consiglio aveva chiesto alla minoranza di non «far diventare terreno di scontro quel ddl» e di «non pensare al Pd solo come a un partito che si divide in correnti». Ma, come si è visto, l’appello di Renzi è stato respinto. E l’operazione «logoramento» prosegue.Eppure il premier tende a non ingigantire la vicenda di ieri: «Mancava metà NCD che aveva una Direzione, metà dei senatori delle Autonomie, cinque dei nostri e i verdiniani non ci hanno appoggiato, anzi, alcuni hanno votato contro. Non mi pare un dramma. Del resto, siamo andati sotto su moltissime altre volte, quando sono stati presentati emendamenti. Loro hanno già agito in questo modo su tutti i provvedimenti, non è una novità e non è nulla di grave. In fondo, si tratta solo di un emendamento». Poi, con i fedelissimi, gli scappa una battuta: «Vedo che alla legge Gasparri sono affezionati anche quelli della minoranza».

E Renzi torna a minacciare il voto:

D’altra parte, lo stesso premier, ogni tanto, confida: «Io non ho paura del voto perché sono sicuro che nelle urne non avrei problemi e batterei sia Salvini che Grillo, ma ho senso di responsabilità…». Perciò, si va avanti. Preparandosi alla trattativa con la minoranza sulla riforma costituzionale, con queste parole d’ordine: «Nessun tabù rispetto a modifiche da apportare al ddl, ma sia chiaro che non possiamo ricominciare sempre tutto daccapo, che io sono determinato a mandare in porto la legge e che comunque le riforme si fanno con chi ci sta».

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