Dietro lo scontro tra Renzi e Juncker

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-01-15

Il presidente della Commissione UE attacca e sfotte il premier italiano in risposta alle polemiche sollevate da Renzi nei mesi scorsi. Sul tavolo tante occasioni di contrasto. Ma in particolare ce n’è una

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Qualcosa si muove tra Europa e Italia? La polemica sollevata oggi da Jean Claude Juncker su Matteo Renzi – dopo gli attacchi del premier alla Commissione Europea – è qualcosa di inedito nei rapporti tra Italia ed Europa. «Rispetto molto il premier italiano Renzi, gli voglio bene ma ha torto nell’offendere la Commissione europea, non capisco perché lo faccia, da tempo ho lasciato il teatro della politica interna e non seguo in dettaglio i suoi movimenti, comunque non sono un ingenuo», ha esordito alludendo alla possibilità che Renzi attaccasse l’Europa per rivitalizzare il fronte interno della politica italiana. E poi: “Abbiamo dato grande flessibilità” sui conti pubblici, ha continuato Juncker, ma “sono rimasto molto sorpreso quando Renzi ha detto che era stato lui a introdurre la flessibilità”. In realtà “ero stato io”, ha puntualizzato.

Juncker contro Renzi: che significa

Juncker ha definito “sorprendenti le riserve dell’Italia” sul pacchetto di aiuti alla Turchia per sostenerla nella gestione dei rifugiati. “È una cosa che non riesco completamente a spiegarmi. Non sono soldi destinati alla Turchia, ma ai rifugiati siriani in Turchia, a una serie di progetti” dedicati ai siriani in fuga dalla guerra, prosegue. Si tratta, specifica Juncker, di un’iniziativa che contribuisce “alla credibilità dell’Unione”. L’Italia “è stata molto proattiva e collaborante, ma il signor Renzi si è sempre lamentato del fatto che io non sono mai andato in Italia in veste ufficiale da quando sono in carica. Ho avuto con lui un incontro bilaterale a Cipro: sono molto fiducioso che nei primi sei mesi di quest’anno arriveremo a un accordo finale sulla riunificazione dell’isola. Spero che riusciremo a risolvere finalmente il problema cipriota, ma, prima che questo succeda, devo pensare all’Italia”. Le frasi hanno ovviamente scatenato una polemica interna in Italia, tra chi – come Renato Brunetta – si è schierato con Juncker e chi ha accusato i due di essere come il gatto e la volpe (Salvini, Meloni), mentre il MoVimento 5 Stelle ha accusato il premier di essere lo zimbello d’Europa. L’unico a rispondere nel governo italiano è stato Pier Carlo Padoan, che ha escluso da parte dell’Italia la volontà di offendere l’Unione europea: “Sulla flessibilità è evidente che è stata la Commissione Ue a introdurla con la comunicazione sulla flessibilità, ma ricordo che si è arrivati là con il dibattito che è stato sviluppato durante il semestre di presidenza italiana”. Anche se a ben vedere una replica in codice è arrivata. Basta dare un’occhiata a questa dichiarazione rilasciata alle agenzie di stampa da Gianni Pittella:

“Al momento il sostegno del mio gruppo alla Commissione Juncker non e’ in discussione. Ma la fiducia non sara’ eterna se non vedremo un cambio di passo, una svolta soprattutto sul fronte economico e sociale. Anche sulla flessibilita’ di bilancio, noi non accettiamo che si faccia marcia indietro. Non dev’essere un favore, ma una opportunita’ che si attua se ci sono le condizioni, altrimenti no. E questo vale per tutti, non solo per l’Italia”. Lo dice il presidente del gruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo Gianni Pittella. Pittella stamane ha incontrato il premier Matteo Renzi a palazzo Chigi.

Ma è evidente che in questi ultimi mesi le occasioni di contrasto cercate e trovate da Renzi con l’Europa sono state tante: dalla crisi dei migranti, di cui si è già detto e scritto troppo, agli scontri su Nord e South Stream, fino ai fondi per i migranti di Istanbul.

La partita di Bruxelles

Molto più cogenti però sembrano essere le polemiche sul deficit eccessivo:

Senza correttivi, sembrano esserci le condizioni per aprire sull’Italia una procedura vincolante anche se il deficit resta sotto al 3% del reddito nazionale (Pil). Nel gergo europeo, si chiama procedura per «scostamenti significativi» dagli impegni. Riguarda il «braccio preventivo» del patto di Stabilità, non quello «correttivo» previsto quando il disavanzo è già oltre le soglie, e ha una caratteristica importante: può portare a vere e proprie multe, se dopo tre anni il Paese coinvolto non corregge la rotta. Qualunque sia la probabilità di una sanzione, questa è dunque una gabbia disegnata per diventare sempre più stringente. (Federico Fubini, Corriere della Sera, 15 gennaio 2015)

Non ci vuole un indovino per immaginare che non saranno certo le polemiche su Istanbul o Nord Stream a rilevare, e di certo non lo faranno tanto quanto i conti italiani. E quanto la possibilità che l’Italia finisca per tornare nella gabbia dei conti europei (non che si sia granché discostata in questi anni) già da quest’anno e in previsione di un 2017 che sarà anche l’anno precedente alle elezioni politiche, se tutto va come annunciato. In più c’è la questione della Bad Bank, che, dopo la figuraccia sul decreto Salvabanche, non sembra fare molti progressi. E allora ecco che si delinea molto meglio l’orizzonte dietro lo scontro tra Renzi e Juncker: è quello in cui il premier italiano dovrà davvero decidere che tipo di atteggiamento prendere nei confronti dell’Unione Europea, dopo le tante parole di critica e i pochi fatti. Il segnale che gli è arrivato oggi da Juncker è chiarissimo. Sta a lui adesso decidere cosa vuole fare da grande.

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