Reversibilità, ISEE e pensioni: ci sono tagli?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-02-15

In sintesi, per le attuali no (le vedove stiano tranquille). Le future il governo pensa di legarle all’ISEE nel disegno di legge delega sulla povertà appena arrivato in parlamento. Ma non si terrà conto della componente patrimoniale dell’Isee, bensì di quella reddituale

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Forse un pizzico di allarmismo e meno vedove a cui prospettare tagli alla reversibilità sarebbe stato necessario per il sindacato nello spiegare il Ddl del governo che prevede di legare la reversibilità delle pensioni all’ISEE – l’indicatore di situazione economica equivalente – inevitabilmente per ragioni di cassa (anche se i renziani negano). Andiamo con ordine. Alla Camera, in commissione Lavoro, è arrivato il disegno di legge delega sulla povertà. Prevede il riordino di diverse prestazioni legate al reddito, tra le quali la pensione di reversibilità.

Reversibilità, ISEE e pensioni: ci sono tagli?

Il testo prevede di riformare i criteri (di reddito e/o patrimonio) che permettono l’accesso a misure come integrazione al minimo e reversibilità. Un’ipotesi è quella di legare la reversibilità alla parte dell’Isee che valuta il reddito (eventualmente inserendo anche soglie patrimoniali elevate). Le pensioni già in essere non sono materia di intervento. Ma i criteri comunque cambieranno e chi aveva il diritto potrebbe perderlo o vederlo ridimensionato. Spiega oggi il Corriere della Sera:

Resta il fatto che — come segnalato anche da Libero di ieri — i criteri per l’assegnazione della reversibilità in futuro cambieranno. Chi aveva il diritto potrebbe perderlo o vederlo ridimensionato. Chi non lo aveva potrebbe acquisirlo. A spezzare una lancia in favore di una razionalizzazione attenta è l’esperto di previdenza Alberto Brambilla: «I casi soprattutto di donne che sposano uomini molto più anziani sono più frequenti. Alcune restano vedove giovani, magari senza figli.
È giusto pagare loro la reversibilità da subito? O andrebbe valutata la possibilità di versare l’assegno, come in molti Paesi, quando si raggiunge l’età pensionabile?». Da notare: a oggi il 67% di pensionati di reversibilità gode già di un’altra pensione. Una certezza c’è: la questione continuerà a far discutere.

Oggi la pensione di reversibilità, dovuta ai vedovi con o senza figli) è pari al 60% della pensione del familiare deceduto se c’è solo il coniuge, pari all’80% se c’è anche un figlio e pari al 100% se ci sono due o più figli. La pensione è tagliata del 25% se è superiore a 1500 euro mensili. Secondo le intenzioni del governo la pensione di reversibilità sarà legata all’ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) che tiene conto del patrimonio di tutta la famiglia. Il possesso di una casa, ad esempio, potrebbe far superare la soglia e comportare un calcolo secondo i sindacati e il centrodestra in allarme. È possibile invece che il patrimonio sia escluso dal calcolo.

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Reversibilità della pensione e ISEE: l’infografica di Repubblica (15 febbraio 2015)

Dal reddito individuale al reddito familiare

Oggi la pensione di reversibilità  è tagliata del 25% se è superiore a 1.500 euro mensili (tre volte la pensione minima), del 40% se supera 2000 euro (4 volte), e del 50% se supera i 2.500. Ma con il ddl approvato dal Consiglio dei ministri alla fine di gennaio cambia tutto: infatti si prevede una «razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi». Spiega Repubblica:

Dunque a giustificare l’erogazione delle pensioni di reversibilità non saranno più i contributi versati durante tutta la vita lavorativa da parte del lavoratore che avrebbe avuto diritto all’assegno se non fosse morto prematuramente, ma lo stato di bisogno dei familiari. Due settimane fa tuttavia nel commentare il provvedimento Stefano Sacchi, commissario straordinario Isfol ed ex consulente del ministero del Lavoro, ha affermato che «non si terrà conto della componente patrimoniale dell’Isee», ma solo di quella reddituale.

Il ddl delega sulla povertà appena arrivato in Commissione lavoro alla Camera prevede il riordino di diverse prestazioni sociali tra le quali l’Asdi, il sostegno all’inclusione attiva (Sia), l’assegno sociale (la pensione sociale) e la pensione di reversibilità e in generale le prestazioni “anche di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi”. In pratica quindi si punta a riordinare le prestazioni legate al reddito. Le nuove regole – secondo quanto precisa il ddl – varranno per il futuro e le prestazioni in essere non saranno toccate. Ma per le pensioni di reversibilità il flusso annuo è consistente proprio perché sono legate alla morte del pensionato o del lavoratore che ha i requisiti per lasciare la pensione agli eredi. Nel 2015 le nuove pensioni di reversibilità erogate sono state 183.085 (189.291 nel 2014), circa un terzo dei nuovi trattamenti complessivi (523.536 nel 2015). L’importo medio è basso (650 euro) perché è legato alla presenza del coniuge (60 per cento della pensione del dante causa) o dei figli minori di 26 anni se universitari (100 per cento della pensione se oltre al coniuge ce ne sono almeno due). È già prevista una decurtazione a fronte di redditi oltre certi livelli (25 per cento in meno se l’erede ha un reddito superiore a tre volte la pensione minima, 50 per cento in meno con redditi oltre cinque volte il minimo) ma il ddl potrebbe intervenire proprio su queste decurtazioni amplificandole. La razionalizzazione dovrà superare le ”differenze categoriali” introducendo in via generale ”principi di universalismo selettivo nell’accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), eventualmente adeguati alla specifica natura di talune prestazioni”.

I numeri dell’ISEE

La riforma dell’Isee ha introdotto il meccanismo dei controlli incrociati sul reddito e un peso maggiore al patrimonio delle famiglie, inclusi gli immobili. Le nuove regole sono in vigore dall’inizio dell’anno, e hanno già portato a un risultato considerevole: prima chi compilava l’ISEE non dichiarava in quattro casi su cinque il proprio conto in banca. Adesso la percentuale è scesa al 19%. Raccontava qualche tempo fa Lorenzo Salvia sul Corriere:

Le nuove regole sono in vigore dall’inizio dell’anno: oltre ai controlli incrociati danno un peso maggiore al patrimonio delle famiglie, immobili compresi. Il primo risultato — dice il rapporto pubblicato nei giorni scorsi dal ministero del Lavoro — è la diminuzione generale del numero delle domande. Nei primi sei mesi di quest’anno sono state 2,2 milioni. Nello stesso periodo del 2014 eravamo arrivati a 2,9 milioni. Il calo sfiora il 25%. Ed molto forte nelle regioni meridionali, soprattutto in Campania, dove arriva quasi al 50%. Ma per il nuovo «riccometro», come viene chiamato, c’è ancora da sciogliere il nodo sui disabili. I sussidi alle famiglie vengono considerati come una fonte di reddito, e quindi conteggiati nel calcolo. Una misura bocciata nei mesi scorsi dal Tar del Lazio sulla quale il 3 dicembre arriverà il giudizio finale da parte del Consiglio di Stato. Se il verdetto venisse confermato, una parte delle norme andrebbe riscritta da capo. Cambiano gli strumenti per misurare la ricchezza, dunque. Ma il peso della povertà resta sempre lo stesso.
L’Istat ha fissato al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2014. Più di un italiano su quattro. Un valore stabile rispetto all’anno precedente, che vede mutare solo il suo mix interno. Scende leggermente la quota delle persone «gravemente deprivate», cioè che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni o affrontare una spesa improvvisa da 800 euro. Ma sale, altrettanto leggermente, la fetta di chi vive in famiglie a «bassa intensità lavorativa», cioè dove lo stipendio entra in casa solo due o tre mesi l’anno. La metà delle famiglie italiane ha un reddito che non supera i 2 mila euro netti al mese. E, da qualsiasi punto di vista si guardi alla povertà, la situazione peggiora quando si scende verso il Mezzogiorno. Il governo studia minicorrettivi al piano contro la povertà inserito nel disegno di legge di Stabilità, che comincia adesso il suo percorso alla Camera. Dovrebbero essere solo ritocchi sul contributo per le famiglie con minori che vivono sotto la soglia di povertà assoluta. Potrebbe saltare la precedenza, nelle graduatorie per avere il contributo, assegnata alle famiglie con minori in condizioni di particolare disagio e quindi inseriti nel circuito giudiziario. E anche la norma che rende il contributo non più standard ma proporzionale al grado di povertà.

ISEE NUMERI
I numeri dell’ISEE (Corriere della Sera, 24 novembre 2015)

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