Grexit: quattordici giorni per salvare l'euro

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-07-06

Il 20 luglio scade il prestito della BCE. Per quella data Atene rischia di trovarsi fuori dalla moneta unica. A meno che Hollande e Obama non riescano a convincere la Merkel. Altrimenti si aprirà la strada della Grexit

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La data da segnare sul calendario è il 20 luglio. Quel giorno La Grecia deve restituire 3,5 miliardi di prestiti alla Banca Centrale Europea, e non è attualmente in grado di farlo. Se anche il creditore Banca Centrale dovesse dichiarare l’arretrato nei pagamenti, dopo il Fondo Monetario Internazionale, niente vieterà l’EFSF a quel punto di mettere in mora la Grecia e rendere l’uscita del paese dall’euro una circostanza irreversibile. Quattordici giorni da oggi serviranno ad evitare la Grexit e conservare l’integrità della zona euro. Nel caso in cui vincessero i falchi di entrambi gli schieramenti invece si dovrà registrare che il club della moneta unica ha le porte girevoli all’ingresso. Con tutto ciò che ne consegue in termini di stabilità finanziaria.
 

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Le scadenze di Atene (Il Messaggero, 6 luglio 2015)

GREXIT O NO: QUATTORDICI GIORNI PER SALVARE L’EURO

«Penso che domani o al massimo al summit di martedì dovremmo discutere un piano di aiuti umanitari per la Grecia: pensionati, bambini, gente comune, non dovrebbero pagare il prezzo della situazione drammatica in cui si trova il Paese e in cui l’ha portato il governo di quel Paese ora», ha detto ieri il presidente dell’Europarlamento, il socialdemocratico Martin Schultz, di cui ieri era stata diffusa un’intervista in cui parlava esplicitamente di una nuova moneta da adottare per Atene. I socialdemocratici tedeschi d’altro canto sembrano essere in questa fase politica completamente saldati all’area dura del partito della Merkel nel puntare a una Grexit. Lo fanno per ragioni elettorali: vorrebbero che la cancelliera scoprisse le sue carte definitivamente sulla questione per usare un suo eventuale no alla Grexit in campagna elettorale. «In Germania Schauble è più popolare della Merkel», scrivevano i giornali italiani nei giorni scorsi: di sicuro rischia di diventarlo a breve se questo scontro andrà a parare sui soldi dei contribuenti tedeschi. In effetti, dopo il voto di ieri, la prima reazione di Bruxelles e Berlino è stata chiarissima: potete andare, grazie.
 
IL FRONTE DEGLI AMICI DI ATENE
Ma Atene non ha solo nemici. In Europa François Hollande sembra fermamente deciso a riallacciare i nodi della trattativa dopo il voto. Pubblicati i primi sondaggi sugli esiti della consultazione popolare ellenica, la Bundeskanzlerin ha annunciato di volare domani a Parigi per incontrare il presidente Francois Hollande. Il segnale è chiarissimo: la bilaterale franco-tedesca, nel momento più delicato della storia dell’eurozona, non avviene a Berlino. Dove si tenne invece un vertice-blitz sulla crisi greca che tante sensibilità ha irritato, appena qualche settimana fa, proprio per la centralità, anche logistica, imposta dai tedeschi. Il Presidente francese ha riunito ieri all’Eliseo il premier francese Valls, il ministro delle Finanze Sapin, il ministro per gli Affari europei Desir e altri componenti dell’esecutivo per valutare le conseguenze del referendum greco. Lo stesso Hollande ha avuto colloqui telefonici Juncker, Tusk, Schulz, Merkel e Tsipras. Ma riuscire a convincere la Merkel è qualcosa di molto simile a un miracolo. Non sfugge invece il silenzio degli Stati Uniti sul risultato di ieri e l’allegria della Russia. I secondi in questa fase resteranno a guardare, i primi invece proveranno ancora una volta a convincere Grecia ed Europa a trovare un accordo. Che si può firmare domattina, dicevano ieri da Atene. Certo, ad averne voglia.

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