Fertility Day: la campagna della Lorenzin che ti farà passare la voglia di avere figli

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-08-31

Nell’ottica di produrre un rinnovamento culturale in tema di procreazione il Ministero della Salute ha “saggiamente” deciso di spiegare alle donne che i loro ovociti sono un bene comune e che lo Stato ha bisogno dei loro figli per sopravvivere. Che la denatalità sia un problema non c’è dubbio, ma il messaggio dei “figli per la patria” non è un grande rinnovamento culturale

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Al Family Day non si tromba abbastanza perché sono tutti sposati? Niente paura, se vuoi davvero difendere la famiglia naturale e la procreazione allora la nuova frontiera è il Fertility Day, la nuova iniziativa lanciata nientemeno che dal Ministero della Salute per rilanciare la natalità in Italia. Il giorno della fertilità (ma non avrebbe più senso un mese, giusto per aumentare le possibilità di concepimento?) sarà il 22 settembre, e si preannuncia come un evento dove uomini e donne daranno il loro meglio per il bene del Paese.

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Tic toc tac la senti la fine della tua fertilità?

È questo il rinnovamento culturale in tema di procreazione di cui abbiamo bisogno?

L’iniziativa fa parte del Piano nazionale per la fertilità il cui scopo  è “collocare la Fertilità al centro delle politiche sanitarie ed educative del nostro Paese“, la parola d’ordine dell’evento dovrà essere, come per direttive emanate dal Ministero guidato da Beatrice Lorenzin: “il prestigio della Maternità”. Il motivo è presto detto, gli italiani non fanno abbastanza figli e quindi occorre “operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la Fertilità come bisogno essenziale non solo della coppia ma dell’intera società, promuovendo un rinnovamento culturale in tema di procreazione“. Insomma in poche parole si tratta di un invito a fare più figli, perché la patria ne ha bisogno e soprattutto ne ha bisogno il nostro welfare, che fra qualche decina d’anni non sarà in grado di sostenere il peso di una popolazione in gran parte composta da anziani.

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Non sprecatene nemmeno una goccia!

Un’iniziativa non nuova, quella italiana: in Danimarca un’agenzia di viaggi aveva lanciato una campagna per vacanze “a fini procreativi” in località romantiche dedicate alle giovani coppie, sostenendo che durante un viaggio si faceva di più l’amore e quindi c’erano maggiori probabilità di concepire un figlio per il Regno di Danimarca. Tutto, nel Piano, deve essere teso alla salvaguardia della Fertilità:

Fin dall’adolescenza la funzione riproduttiva va difesa evitando stili di vita scorretti ed cattive abitudini (come ad esempio il fumo di sigaretta e l’alcool), particolarmente dannose per gli spermatozoi e per gli ovociti. E’ essenziale inoltre evitare, fin dall’ infanzia, l’obesità e la magrezza eccessiva e la sedentarietà, oltre a fornire strumenti educativi ed informativi agli adolescenti per evitare abitudini che mettono a rischio di infezioni sessualmente trasmesse o gravidanze indesiderate.

È sottinteso che l’educazione sessuale deve avere come scopo l’insegnamento delle tecniche procreative e non di come trarre piacere dal proprio corpo, attività di per sé piuttosto sterile. Le donne sono l’obiettivo primario da “educare”, ricordando loro l’incessante ticchettio dell’orologio biologico con frasi come:

L’età femminile governa la fertilità. Le giovani donne devono sapere che la “finestra fertile” femminile è limitata e vulnerabile e che la qualità degli ovociti si riduce al crescere dell’ età particolarmente dopo i 35 anni

Le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita invece non rappresentano la soluzione ideale per la grande battaglia del concepimento: rappresentano un’opzione per il trattamento della sterilità, ma non sono sempre in grado di dare un bambino, spiegano dal Ministero. Nessun ovulo, nessuno spermatozoo deve andare perduto. Se non fosse che ovunque si legge l’intestazione del Ministero della Salute sembrerebbe quasi di stare in questo sketch dei Monty Python.
 

Ci sono naturalmente i comportamenti scorretti, quelli da non tenere per evitare di ridurre al lumicino le speranze di un incontro amoroso tra ovociti e spermatozoi: niente alcool, sigarette, comportamenti a rischio e “sballo”. Lo si impara anche grazie al Fertility Game, un giochino nel quale bisogna guidare uno spermatozoo (o posizionare un ovulo) lungo il canale vaginale evitando gli ostacoli lungo il percorso. Davvero istruttivo, non c’è che dire. Soprattutto quando bisogna schivare gli spaventosi virus verde fosforescente che si annidano nel canale vaginale (e solo in quello). Siamo macchine riproduttive e nulla più? Non proprio, ma ancora una volta il cinema ci viene in soccorso:

La fertilità, insomma, come spiegano anche le cartoline illustrative, è un bene comune e ne consegue che non ne possiamo disporre a nostro piacimento. Anche perché “la fertilità della donna risulta massima a un età tra i 20 e i 30 anni poi decresce, in modo repentino dopo i 35 anni, fino ad essere prossima allo zero già diversi anni prima della menopausa“. Strano, perché la Ministro Lorenzin ha avuto i suoi due gemelli il 7 giugno 2015; la ministro è nata nel 1971 quindi è riuscita nell’impossibile impresa di avere due figli (gemelli!) a 43 anni. Miracolo? Ed è per questo che il modo migliore per combattere la battaglia della  fecondazione è necessario agire subito, senza pensare di poter rimandare. La “colpa” ovviamente è della donna, unita alla necessità di inseguire la realizzazione personale:

i ruoli di responsabilità, in particolare femminili, e gli effetti che la crisi economica globale, il ritardo nell’uscita dalla famiglia di origine, l’accresciuto livello di istruzione, la lunghezza del corso di studi hanno prodotto sulla decisione di rinviare la prima gravidanza. Si assiste, infatti, ad una pericolosa tendenza a rinviare questo momento, in attesa proprio di una realizzazione/affermazione personale che si pensa possa essere ostacolata dal lavoro di cura dei figli.

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Arrivano già le prime risposte alle cartoline del Ministero (fonte: ACT!)

Ma questa visione della maternità come ostacolo alla carriera è sbagliata. E non perché la società ha imposto alle donne ritmi di lavoro e di vita spesso incompatibili con la maternità, ma perché le donne non hanno saputo cogliere l’opportunità della maternità che, scrivono

sviluppa l’intelligenza creativa e rappresenta una straordinaria opportunità di crescita. L’organizzazione ingegnosa che serve a far quadrare il ritmo delle giornate di una mamma, la flessibilità necessaria a gestire gli imprevisti, la responsabilità e le scelte implicite nel lavoro di cura, le energie che quotidianamente mette in campo una madre sono competenze e potenziali ancora da esplorare e capire come incentivare e utilizzare al rientro al lavoro.

Insomma, care le mie donne fertili: vedete la maternità come uno stage non retribuito e provate a metterlo nel curriculum, troverete qualcuno disposto a riconoscere la vostra creatività quando affrontate gli ostacoli che la società (ovvero quella entità per cui avete procreato) vi mette davanti per spronarvi a essere più ingegnose.

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