Cosa succede alla Grecia e all'euro con Tsipras

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-26

320 miliardi di debito da rimborsare. Di cui 40 soltanto all’Italia. Un compromesso potrebbe essere la soluzione intermedia. La via è stretta. Ma è l’unica che la Grecia e l’Europa possono imboccare. Tutte le altre sono molto più buie

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Alla fine Alexis Tsipras ha vinto. 149 seggi al parlamento greco su 300 gli garantiscono la maggioranza, anche se per quella assoluta dovrà trovare un alleato oppure due deputati. E già da ieri si sono registrate le prime reazioni nervose in Germania, con la Bild che ha parlato di euro-shock e Weidmann che ha messo in guardia la Grecia dal non pagare il debito. Ora per il vincitore comincia la vera partita: ovvero quella di riuscire a mantenere le promesse che ha fatto al popolo greco in accordo con le istituzioni europee, e senza finire per uscire dall’euro come ha ripetutamente promesso sia ad Atene che in Europa. E sarà una partita difficile da vincere e persino da pareggiare, visto il muro tirato su dalla Germania e dalle altre istituzioni finanziarie nei confronti del suo paese.

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I numeri della vittoria di Tsipras alle elezioni in Grecia (Corriere della Sera, 26 gennaio 2015)

COSA SUCCEDE ALLA GRECIA E ALL’EURO CON TSIPRAS
Danilo Taino sul Corriere della Sera oggi spiega che in Germania il clima nei confronti della Grecia è ostile: il 68% degli intervistati in un sondaggio d’opinione ha detto di essere sfavorevole a un taglio del debito ad Atene. Ma tutto dipenderà dalle trattative che il nuovo governo greco terrà con i creditori internazionali, in particolare con la troika (Ue, Bce, Fmi) che in questi anni ha imposto alla Grecia regole in cambio di quattrini e della quale Tsipras si vuole liberare.

Certamente il vincitore delle elezioni di ieri vorrà rinegoziare i quasi 320 miliardi di debito. E sarà intenzionato a mettere«fine all’austerità», parola d’ordine centrale della campagna elettorale di Syriza. Si tratta di obiettivi che potrebbero, se finissero fuori controllo, spingere Atene sulla strada della «Grexit», l’uscita dall’euro. Queste, però, sono le posizioni di partenza. Difficilmente Tsipras vorrà gettare via l’occasione di essere il primo ministro della ripresa della Grecia. Negli anni scorsi, la drammatica crisi ha fatto crollare il Pil del paese del 27%, salire la disoccupazione a oltre il 25% e ha decurtato salari e pensioni.
Ora, però, la crescita economica sta tornando: l’Fmi prevede che quest’anno sarà superiore al 2,5%. La disoccupazione sta calando, seppur lentamente. E il bilancio pubblico ha un surplus primario (prima del pagamento degli interessi sul debito). La traiettoria economica della Grecia potrebbe cioè essere positiva e Tsipras sarà tentato di cavalcarla. Dall’altra parte, il governo di Berlino fa circolare ipotesi di uscita di Atene dall’euro ma alla fine non ha interesse ad affrontare un’altra grave crisi dell’euro sui mercati finanziari. Sarà un passaggio teso e difficile. Ma la Grexit non è scontata.

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La prima pagina del Manifesto festeggia la vittoria di Tsipras (26 gennaio 2015)

Un primo effetto per l’euro è quello però già intravisto ieri. La moneta unica si sta indebolendo nei confronti del dollaro, ieri è arrivata a toccare quota 1,11 e c’è chi adesso sogna legittimamente l’approdo alla parità entro sei mesi. Un risultato che non potrà che favorire le esportazioni dell’intero continenente e far rifiatare molti, compresa l’Italia. Il cui premier, ieri, NON è stato il primo a congratularsi con Tsipras per la vittoria ottenuta: Palazzo Chigi ha tenuto a smentire le indiscrezioni che parlavano di un contatto tra i due dopo la vittoria. E si capisce l’imbarazzo di un premier che l’altroieri mostrava alla Merkel lo splendore di Firenze. Anche perché, come sottolinea oggi Alessandro Barbera sulla Stampa, c’è un numero che lega indissolubilmente Italia e Grecia:

Quaranta miliardi di euro è il valore dei prestiti bilaterali concessi in vario modo dall’Italia alla Grecia. Siamo i terzi creditori di Atene dopo la Germania (60 miliardi) e la Francia (46), ci seguono la Spagna (26) e l’Olanda (altri 12 miliardi). Spesso dimentichiamo che pasti gratis non ne esistono per nessuno. Se la Grecia è ancora nella zona euro, lo deve all’enorme mole di prestiti che la comunità internazionale gli ha garantito. Sono in tutto 322 miliardi, secondo i dati del ministero delle Finanze greco aggiornati a settembre dell’anno scorso.

Cosa è cambiato rispetto al default rischiato dalla Grecia qualche anno fa? È cambiato che solo il 17% del totale del dovuto da parte di Atene oggi è in mano alle banche. Il 62% lo hanno messo i contribuenti di ciascun paese dell’area euro. Il Fondo Monetario Internazionale ha il 10%, la Banca Centrale europea l’8. Un totale di 195 miliardi di euro. Ora la domanda è: che accadrà a questi prestiti?

Tsipras ha detto chiaramente di volere una ristrutturazione del debito di Atene, questo significa che, se la sua richiesta venisse accolta, l’Italia dovrebbe rinunciare a parte di quei crediti. Il paradosso vuole che questo sia lo scenario più roseo, il minor male che noi tutti dobbiamo augurarci, perché dietro l’angolo ci può essere di molto peggio. Il primo – diciamo lo scenario di gravità media – è che Tsipras ingaggi una dura trattativa con l’Unione europea e la Bce.Finora la Grecia ha avuto i fondi grazie ad un accordo con la Troika (composta da Fondo monetario, Commissione europea e Bce) e al rispetto (più o meno) di un severo programma di riforme e di tagli alla spesa pubblica.
Ma cosa accadrebbe se Tsipras decidesse di buttare alle ortiche quell’accordo? La conseguenza più probabile sarebbe l’esplodere degli spread sui titoli sovrani, a partire da quelli dei Paesi più indebitati come l’Italia e il conseguente aumento della spesa per interessi. C’è uno scenario persino peggiore, ed è quello dell’uscita della Grecia dalla moneta unica. In questo caso le conseguenze sarebbero imprevedibili. Molti dicono che la situazione è diversa dal 2011, e che i rischi di contagio sono minori. Ma quali siano davvero le fattezze di quello spettro, nessuno lo sa.

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La prima pagina di Libération racconta la vittoria di Tsipras (26 gennaio 2015)

LA TRATTATIVA SUL DEBITO
Punto per punto, la trattativa con la Trojka che Tsipras immagina non sarà facile. Ettore Livini su Repubblica spiega: «Il leader di Syriza chiede un taglio — almeno del 50% secondo le indiscrezioni — dei 320 miliardi di esposizione della Grecia (240 sono in portafoglio alla Troika). E una ristrutturazione dell’esposizione legando rate e rimborsi alla crescita dell’economia di Atene. Tsipras chiede anche sei mesi ditempo per trovare un’intesa, cancellando l’ultimatum del 28 febbraio. La Troika è fermamente contraria a un taglio secco del debito. Perché un secondo dopo Spagna, Portogallo, Irlanda — forse persino l’Italia — pretenderebbero lo stesso trattamento. Mentre sembra pronta a concedere una proroga di sei mesi. Un compromesso potrebbe essere una soluzione intermedia. Nessuna sforbiciata al capitale ma condizioni molto più favorevoli su tassi e durata del prestito. E ok anche a trasformarne una parte in bond legati al Pil».
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Chi detiene il debito pubblico della Grecia (Corriere della Sera, 5 gennaio 2015)

Poi ci sono le tasse: «Il programma di Syriza prevede il taglio dell’odiata e pesantissima tassa sulla casa introdotta da Antonis Samaras su richiesta di Ue, Bce e Fmi. Verrebbe sostituita con una megapatrimoniale sugli immobili di lusso. Altro capitolo il rialzo da 5 a 12 mila euro della soglia esentasse sui redditi personali. Un punto fermo è (destinato forse a scattare da subito) è il congelamento dei pignoramenti delle case per i debitori insolventi più poveri assieme al progetto di rateizzazione delle tasse arretrate con lo Stato (oggi 77 miliardi). La Troika non sembra disposta a fare passi indietro sull’imposizione per il mattone mentre potrebbe mandare giù lo stop alle aste sulle case dei debitori morosi. La linea del Piave sembra però quella della rateizzazione degli arretrati. Su questo capitolo Bce, Ue e Fmi oppongono per ora un “no” secco». Infine, ci sono gli investimenti pubblici: «Tsipras chiede un piano straordinario della Bei e interventi con altri fondi della Ue per sostenere un piano per l’occupazione destinato a creare 300mila posti di lavoro modernizzando e digitalizzando le infrastrutture nazionali. Forse questo è il punto su cui sarà più facile trovare la quadra. Possibile che nel nome della solidarietà europea alla fine questi fondi siano concessi. Resta però il fatto che questo sarà uno degli ultimi dossier esaminati. E sarà a quel punto solouno zuccherino per rendere meno amari per i militanti e gli elettori di Syriza le concessioni che Tsipras con pragmatismo (“sappiamo che non potremo ottenere tutti quello che chiediamo)sarà costretto a fare». La via è stretta. Ma è l’unica che la Grecia e l’Europa possono imboccare. Tutte le altre sono molto più buie.
In copertina: foto da Flickr

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