Sergio Staino, l'Unità e D'Angelis il soldatino

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-06-25

Il nuovo direttore parla del giornale di ieri e di quello che vuole fare lui…

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Sergio Staino è in predicato di diventare nuovo direttore de L’Unità dopo il rifiuto di Riccardo Luna che ha rallentato il cambio di guida (doveva avvenire agli inizi di giugno) e l’addio di Erasmo D’Angelis, quello del giornalismo 2.0 che ha infilato il quotidiano in una marea di polemiche inutili e infortuni ridicoli. Oggi, intervistato da Annalisa Cuzzocrea su Repubblica, il creatore di Bobo ci racconta qualche retroscena sulla direzione e ci spiega anche il ruolo di D’Angelis all’interno del giornale:

«Sono costretto ad accettare per il bene che voglio a questo giornale e a questo partito. È la mia storia».
Come può chi ha dedicato la sua vita alla satira fare un giornale di governo?
«Ma io non farò un giornale di governo. Se dovessi usare un riferimento evangelico, che suona strano per il presidente onorario degli atei italiani, direi “non vengo a cambiare, vengo a compiere”».
Compiere cosa?
«Quello che era il progetto iniziale di Renzi e che non so perché aveva abbandonato. Quando L’Unità doveva rinascere gli mandai un sms chiedendogli a chi pensasse come direttore e lui mi chiamò. Disse “Vedi Sergio, questo è il casino in cui mi trovo. Tutti intorno a me vogliono che metta uno dei miei, ma penso che se lo facessi il giornale nascerebbe morto”».

erasmo d'angelis unità riccardo luna

E lei?
«Ero entusiasta. Dissi “è bellissimo, mi sorprendi”. Mi spiegò che voleva un giornale di cultura, di dibattito, di lotta ma unitario, per questo chiese a Gianni Cuperlo di dirigerlo. Lui rifiutò e le cose sono cambiate completamente». L’idea iniziale si perse? «A quel punto mise Erasmo che è un suo soldatino. Lo dico con tutta la stima e l’affetto per un compagno che conosco
da 40 anni. Lui si è comportato bene, ha retto la redazione con tutti i casini che c’erano all’inizio, ma se chiama me voglio tornare alla prima idea».
Che Unità vuole fare?
«Non voglio un giornale sdraiato sul governo, ne voglio uno che parli a tutta la sinistra, da Giorgio Napolitano a Stefano Fassina. Voglio parlare ai compagni non considerati, a quelli che oggi si trovano ovunque, in Sel, tra i grillini o dispersi nell’astensionismo. Ne parlavo giovedì a Bologna con Romano Prodi».

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