A cosa serve insultare Manuel Poletti?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-23

Il caso di Manuel Poletti può essere affrontato in due modi: far notare a suo padre, il Ministro del Lavoro, l’ipocrisia di certe dichiarazioni rispetto alla carriera del figlio oppure correre con la bava alla bocca sulla pagina Facebook di Manuel Poletti a vomitare insulti. La seconda è il modo migliore per passare dalla parte del torto

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Manuel Poletti è il figlio del ministro del lavoro Giuliano Poletti e ultimamente non se la sta passando bene. Da un lato ci sono i giornali che dopo le dichiarazioni del ministro sugli italiani all’estero “che non ci mancheranno” hanno iniziato a scavare nel passato di Poletti Jr. Dall’altra parte c’è la ggente che da giorni sembra non avere niente di meglio da fare che andare su profilo Facebook di Manuel Poletti a insultarlo. Lui da parte sua ha deciso di passare all’azione annunciando di aver presentato denuncia ai Carabinieri per le minacce e gli insulti ricevuti via mail e tramite i social network e rilasciando un’intervista alla Stampa dove tenta di chiarire la questione dei fondi pubblici percepiti dal suo settimanale “Settesere Qui” – edito dalla Cooperativa giornalisti “Media Romagna” di Imola della quale Manuel Poletti è presidente – nell’ambito dei contributi statali all’editoria.

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I contributi pubblici al giornale di Manuel Poletti nel 2015

Quanto serve avere un padre presidente di Lega Coop?

L’Huffington Post aveva infatti pubblicato, dopo l’infelice uscita del ministro del lavoro, un articolo nel quale veniva quantificata la mole dei finanziamenti pubblici erogati alla testata di Manuel Poletti: 500 mila euro in tre anni dal 2013 al 2015: 190mila euro nel 2015, 197mila nel 2014, e 133mila nel 2013. Naturalmente è tutto perfettamente legale e quello di Poletti non è l’unico giornale che riceve finanziamenti pubblici e non è nemmeno quello che riceve i contribuiti più elevati ma non è questo il punto, perché ovviamente dà fastidio che il figlio di un ministro “si faccia aiutare” dal padre. Tanto più che il figlio di quel ministro che qualche tempo fa ci spiegava che era inutile laurearsi con 110 e Lode a 28 anni sarebbe, alla giovane età di 42 anni, ad un passo dalla laurea. Nell’intervista pubblicata dalla Stampa Poletti Jr. spiega come mai il suo giornale riceve contributi pubblici nel 2013 “Settesere” (nato nel 2009 dalla fusione con Sabato Sera Bassa Romagna di proprieta della editrice Bacchilega, cooperativa associata a Lega Coop e del quale Manuel Poletti era direttore) si è fuso con “Qui magazine” che già riceveva i contributi pubblici all’editoria. Poletti Jr. ci tiene anche a precisare che quando è nato “Settesere Qui” suo padre “neppure pensava di fare politica”. Questo però non è vero perché Giuliano Poletti politica la fa da sempre: è stato assessore all’Agricoltura e alle Attività Produttive di Imola dal 1976 al 1979 per il PCI, è stato segretario del PCI di Imola dal 1982 al 1989 e successivamente consigliere provinciale per il PDS (partito nel quale ha militato fino al 1998) alla Provincia di Bologna. Senza contare che nel 2002 Poletti è diventato presidente di Lega Coop e nel 2013 di Alleanza delle Cooperative Italiane il coordinamento che riunisce le tre principali sigle che assieme rappresentano oltre il 90% delle cooperative italiane con oltre 12 milioni di soci e un fatturato complessivo di 140 miliardi di euro. Qualcuno potrebbe arrivare a dire che il presidente di Lega Coop e di Alleanza delle Cooperative è più importante del ministro del lavoro, e non avrebbe torto. Tanto più che l’Huffington Post definisce Manuel Poletti il “direttore dei settimanali delle Coop” dal momento che prima di lanciare il suo progetto editoriale ha lavorato o diretto settimanali locali di proprietà di cooperative associate proprio a Lega Coop. E ricordando come Poletti Jr. abbia fatto la gavetta presso il quotidiano del fu PCI. Nel 2004 infatti era in forze alla redazione bolognese dell’Unità come corrispondente da Imola. Sempre dall’HP fanno notare come durante la sua attività di giornalista Manuel Poletti abbia anche in diversi casi copiato interi articoli di giornale o pezzi di articoli senza citare la fonte, tanto che l’HP dice di essere in possesso di una lettera inviata dal giornalista di un giornale locale al caporedattore di Poletti quando lavorava all’Unità dove viene fatto notare come Poletti avesse più volte copiato articolo di giornale di altri.
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L’odio in Rete contro Manuel Poletti

Tutto questo però non giustifica assolutamente quello che sta accadendo ora sul profilo Facebook di Manuel Poletti. Su Nextquotidiano abbiamo sempre stigmatizzato l’insensatezza e la pericolosità di certi pogrom e quindi lo faremo anche quando ad essere attaccato è il figlio del ministro del lavoro. Come tutti i giornali hanno scritto non c’è nulla di illegale nel fatto che il settimanale di Poletti riceva contributi pubblici e pure il fatto che Poletti possa occupare il posto che occupa in virtù del ruolo che ha avuto il padre dal 2002 ad oggi non costituisce un reato. Certo la consapevolezza della situazione lavorativa del figlio avrebbe potuto spingere Giuliano Poletti ad una maggiore cautela nel fare certe dichiarazioni sui giovani laureati che non trovano lavoro o su quelli che se ne vanno all’estero e che nessuno rimpiange. Perché non tutti hanno la fortuna di avere un padre presidente di Lega Coop.
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Tutti hanno il diritto di esercitare il proprio diritto di critica nei confronti di questa situazione quantomeno imbarazzante. Ma quelle che leggiamo sul profilo Facebook di Poletti Jr. non sono critiche, sono insulti, minacce di persone che vomitano odio. Potremmo analizzare le ragioni di quell’odio, riferirle al fatto che molte persone sono senza lavoro o percepiscono stipendi da fame (per la cronaca Manuel Poletti dichiara di guadagnare 1.800 euro al mese, non proprio uno stipendio d’oro). Ma leggendo sulla bacheca di Manuel Poletti ci sono quelli – disoccupati o precari – che scrivono lunghe “lettere aperte” per portare alla luce la propria situazione o quella della propria categoria. Lettere amare senza dubbio, ma senza insulti. Poi ci sono quelli che si limitano a urlare “parassita comunista” o cose come queste
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Oppure come questa
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O questa
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O queste
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Che tutto sono tranne che le giuste recriminazioni di chi vive in una condizione precaria o disperata. Che tutto sono tranne che critiche nel merito. E così Manuel Poletti diventa solo un pretesto per prendersela con il “Governo ladro” e con il ministro del lavoro in un clima da referendum continuo di “loro” (intesi come la ka$ta) contro di “noi” (laggente). Forse gli insulti a Poletti fanno meno rumore di quelli nei confronti di altri – come quelli rivolti alla Presidente della Camera Laura Boldrini – ma sono la manifestazione dello stesso odio.

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