Windward è una piccola start-up israeliana che si occupa di analisi di dati marittimi, ovvero di tracciare i movimenti delle navi da cargo in particolare quelle provenienti dalla lista di paesi “a rischio” dove sono maggiormente attivi gruppi e cellule terroristiche. Piccola, si fa per dire visto che di recente l’ex-generale (ed ex-direttore della CIA) David Petraeus ha recentemente deciso di investire nella Windward che è riuscita anche a raccogliere dieci milioni di dollari di finanziamenti per il suo progetto di sorveglianza globale dei mari e degli oceani.
Perché l’analisi del traffico marittimo è così importante per tracciare i movimenti dei possibili terroristi? La risposta è semplice (farlo invece è più complicato): i movimenti di una nave da carico sono più difficili da controllare. Ad esempio un aereo spiega Ami Daniel, CEO di Windward, deve riuscire ad atterrare entro 18 ore dal decollo. Per una nave questo invece non è un problema, può rimanere al largo molto più a lungo e seguire rotte meno dirette senza compromettere la sicurezza del tragitto. Quello che sfugge alle agenzie di sicurezza è ciò che succede al largo. La situazione si complica ulteriormente perché in alcune delle aree più calde del Mediterraneo le rotte dei possibili trafficanti di armi si incrociano con quelle degli scafisti dei trafficanti di esseri umani che tentano di far arrivare i migranti sulle sponde europee. Il monitoraggio delle decine di migliaia di chilometri di coste (circa 70mila) del nostro continente diventa quindi – per l’azienda israeliana – uno strumento essenziale per prevenire ulteriori minacce terroristiche. Naturalmente quelli di Windward non sono gli unici a sorvegliare le rotte più pericolose e ad aver creato un algoritmo (MarInt) in grado di “prevedere” gli spostamenti delle navi che potrebbero trasportare materiale di contrabbando utile ai terroristi, un’azienda francese (la CLS) e la US Navy hanno dei progetti che operano in un modo simile. L’algoritmo messo a punto da Windward ha lo scopo di individuare tutte quelle imbarcazioni che seguono una rotta “antieconomica”, che spengono i loro dispositivi di tracciamento (AIS) e che entrano nei porti dei paesi dell’Europa meridionale (tra i quali c’è ovviamente anche l’Italia). Ad esempio secondo Daniel solo a novembre del 2015 delle 10.000 navi da trasporto che sono arrivate in Europa 650 sono partite oppure hanno attraversato le acque territoriali di paesi come Libia, Siria e Libano. Di queste 650 imbarcazioni 34 non avevano dichiarato la loro reale identità. Ma ci sono anche casi più eclatanti ad esempio quello di una nave che un anno dopo la sua presunta demolizione è “riapparsa” su una rotta sospetta che ha toccato indisturbata porti in India, Iran, Somalia e Oman; porti che secondo Windward erano troppo piccoli per una nave di quella stazza. Uno dei punti deboli di questo sistema di controllo è proprio l’AIS che di fatto riferisce solamente le informazioni (ad esempio l’identificazione del tipo di unità, la relativa posizione, la rotta e la velocità) fornite dalle stesse imbarcazioni che si vorrebbero monitorare. Senza contare che spegnere, mascherare o truccare i dati trasmessi dall’AIS è relativamente semplice quindi affidarsi solo a quello strumento di controllo potrebbe essere rischioso
Ciononostante dal momento che siamo in un’epoca in cui l’analisi dei Big Data non solo è di moda ma è anche uno strumento fondamentale per fare giornalismo il Financial Times riportava ieri alcuni esempi delle navi “sospette” identificate da Windward una delle quali è arrivata in Italia nel porto di Pozzallo. Benvenuti nell’era del Maritime Big Data.