Come il voto su Minzolini può favorire Berlusconi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-03-17

L’avvocato Ghedini gongola: «La votazione del Senato ora cambia un orientamento palesemente sbagliato al quale aveva fatto riferimento un anno fa anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando». In questi giorni si decide alla CEDU su Berlusconi al termine dell’istruttoria iniziata il 10 settembre 2013 con il ricorso

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Ieri il salvataggio di Augusto Minzolini, oggi gli spiragli per Berlusconi nella sentenza di Strasburgo. Il no alla decadenza per il senatore di Forza Italia ha una conseguenza diretta: la delegittimazione della legge Severino che sancisce l’incandidabilità che segue a condanne passate in giudicato. E che però finora è stata applicata soltanto in due casi: quello di Galan e quello di Silvio.

Come il voto su Minzolini può favorire Berlusconi

La legge Severino riguarda candidati e membri del Parlamento italiano, del Parlamento europeo, del governo, delle istituzioni e degli enti locali. Prevede tre tipi di provvedimenti: sospensione, decadenza l’incandidabilità. Secondo la norma non possono essere candidati, o ricoprire la carica di deputato e senatore, i condannati in via definitiva a più di 2 anni di reclusione per delitti non colposi, per reati punibili con almeno 4 anni di carcere. Per i parlamentari eletti, se la causa di incandidabilità sopraggiunge durante il mandato, la Camera di appartenenza del condannato con sentenza definitiva deve votare la decadenza dalla carica di senatore o di deputato. Per questo l’avvocato Niccolò Ghedini spiega oggi al Corriere:

«La votazione del Senato ha un significato di natura politica generale ed uno di carattere particolare. Per la prima volta dopo molti anni di discussioni, il Parlamento ha preso atto dell’erroneità della legge Severino perché, come è accaduto esattamente per Berlusconi, anche nel caso di Minzolini si sarebbe trattato di applicare una legge più sfavorevole in modo retroattivo e in violazione dei principi tutelati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, dalla Costituzione e dalle norme penali».
Perché retroattiva?
«Perché la Severino è entrata in vigore dopo l’ipotetica consumazione dei reati contestati. La votazione del Senato ora cambia un orientamento palesemente sbagliato al quale aveva fatto riferimento un anno fa anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando».
Palazzo Madama con Berlusconi si comportò in modo opposto il 27 novembre 2013.
«Sono due vicende esattamente sovrapponibili con esito diverso: legge Severino applicata con retroattività, giunta per le immunità che vota per la decadenza, voto palese in Aula in violazione del regolamento».
Quanto è importante questa decisione per voi?
«Moltissimo, perché conferma un nostro argomento molto forte che abbiamo inserito nel ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (contro la decadenza del Cavaliere, ndr) facendo specifico riferimento al fatto che la decisione di decadenza è legata alla discrezionalità politica della camera di appartenenza contro la quale non c’è rimedio perché non è prevista la possibilità di rivolgersi ad un altro giudice, ad esempio alla Corte costituzionale, mentre l’autorità giudiziaria potrà sollevare conflitto di attribuzione».

minzolini berlusconi
E infatti proprio in questi giorni si decide alla CEDU su Berlusconi al termine dell’istruttoria iniziata il 10 settembre 2013 con il ricorso: la Corte avrà tre opzioni davanti a sé: la sezione in cui è iscritto il fascicolo 58438/13 decide in tempi brevi e pubblica la sentenza (prima dell’estate); la medesima sezione convoca in udienza con le parti e va a sentenza (dopo l’estate); viene convocata l’adunanza plenaria della Corte (una sorta di Sezioni unite) che comporta tempi decisamente più lunghi.

Le conseguenze del Minzosalvataggio

Anche su Repubblica oggi Carmelo Lopapa dipinge un Berlusconi allegrissimo: chiama e festeggia l’amico “Augusto” mentre i suoi a Roma invocano in coro il colpo di spugna sulla Severino anche per lui. Il Cavaliere sente «più vicina» una sentenza favorevole dalla Corte europea di giustizia che gli regali la candidabilità. Adesso che la politica tenta di alzare la testa, di tornare in cattedra. Ma nel suo retroscena si nega la possibilità di un Nazareno-bis:

Neanche 24 ore prima la bocciatura della mozione di sfiducia grillina che ha blindato il ministro Luca Lotti finito nell’inchiesta Consip. La neutralità garantista dei forzisti che hanno lasciato l’aula pur di non sfiduciare l’uomo più vicino a Matteo Renzi. E ora il voto convinto pro “Minzo” dei 19 senatori dem. «Ma quale voto di scambio», protesta contro Di Maio e Di Battista Rosaria Capacchione presa di mira proprio per il trascorso da giornalista antimafia. «Io non ho aiutato nessuno, le questioni di giustizia devono attenere solo alla coscienza e poi su Minzolini era tutto così vago, confuso…», come ha spiegato all’Huffington. Nessun Nazareno bis, allora, piuttosto una convergenza d’interessi su un caso che diventa paradigma del rapporto politica-giustizia di questi tempi.

niccolò ghedini

Nel gruppo dei 19 pd che votano contro la decadenza ci sono sì i renziani di stretta osservanza ma anche liberal come Pietro Ichino e Massimo Mucchetti. O di sinistra alla Luigi Manconi, senartore che lasciando Palazzo Madama racconta di aver avuto «grande stima nell’ex sottosegretario Sinisi: ma di fronte a un giudizio su un senatore di Fi avrebbe dovuto quanto meno astenersi. È il vero punto dolente, dolentissimo, un dilemma stringente questo sui transiti dai tribunali alla politica e viceversa, del quale anche Michele Emiliano, candidato alla segreteria, dovrebbe prendere atto». Già, l’ex pm barese in corsa per succedere a Renzi alla segreteria Pd e che – loquace su tutto – dalla vicenda si è tenuto alla larga. Salvo che per spazzare via qualsiasi allusione: «Non intendo dimettermi da magistrato, la Costituzione me lo consente».

Intanto Minzolini si gode lo scampato pericolo e annuncia che darà comunque le dimissioni da senatore, come aveva promesso ieri alla fine dell’intervento prima del voto. Un patto che Minzolini non farà fatica a rispettare, avendo ben presente che anche le dimissioni devono essere votate e che Giuseppe Vacciano, in rotta con il suo gruppo dei 5 Stelle, le ha presentate finora per quattro volte: sono state sempre respinte.

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