Cambiare i vitalizi per andare al voto subito?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-12-27

Un piano per salvare i contributi dei parlamentari, erroneamente chiamati “vitalizi”, che maturerebbero soltanto a settembre. Che però avrebbe molte controindicazioni. «Cinquantamila euro in regalo agli onorevoli per votare subito!», griderebbe l’opposizione urlando al ricatto. Mettendo nei guai chi lo propone in piena campagna elettorale

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C’è un piano per salvare i contributi dei parlamentari, erroneamente chiamati “vitalizi”, che maturerebbero soltanto a settembre. E per cambiare cosi le regole della contribuzione di deputati e senatori, aggirando così l’ostacolo temporale per andare al voto il prima possibile, ovvero entro giugno. Nei giorni scorsi abbiamo parlato della storia dei parlamentari che non vogliono votare perché “c’è il vitalizio da maturare a settembre”, che, come abbiamo visto, è una mezza bufala visto che i vitalizi propriamente detti sono stati già aboliti nella scorsa legislatura, che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo: oggi il diritto al trattamento pensionistico si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo. Pertanto, il parlamentare ha diritto al trattamento pensionistico dopo avere svolto il mandato parlamentare per almeno 4 anni e mezzo e una volta compiuti 65 anni di età. Per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo di 60 anni.

Cambiare i vitalizi per andare al voto subito?

È ovvio quindi che la presenza di questa regola scatena il dilemma dei prigionieri del vitalizio: obbedire, nel caso, ai leader del proprio partito che spingono per le elezioni avendo così la possibilità di essere ricandidati o disobbedire per cercare di maturare la rendita? A rigor di logica, il secondo comportamento funzionerebbe soltanto se fosse una decisione collettiva di tutti i parlamentari (“I parlamentari per il vitalizio“, potremmo chiamarli aprendo una pagina facebook apposita) che quindi dovrebbero unirsi e formare un fronte unico. Le condizioni di partenza sono invece diverse rispetto a questa: ad oggi non c’è nessuna associazione sul tema e, insieme, la gran parte dei parlamentari non è sicura della ricandidatura e un comportamento non affine agli ordini di scuderia potrebbe portarli a non essere ricandidati. Il dilemma non si porrebbe. In ogni caso, racconta oggi Carmelo Lopapa su Repubblica, c’è un provvedimento in rampa di lancio a Montecitorio che «può segnare una svolta, un punto in favore dei renziani: convincere peones e new entry parlamentari a chiudere anzitempo la legislatura con una contropartita niente male. Una “buonuscita” da 50 mila euro cash. Passa attraverso l’abrogazione di qualsiasi pensione in favore di deputati e senatori a partire dalla diciottesima legislatura, la prossima: i 950 euro netti mensili da incassare a 65 anni dopo una sola legislatura (1.500 a 60 anni dopo due)».

vitalizio 50mila euro per votare subito
La riforma del sistema dei contributi previdenziali (La Repubblica, 27 dicembre 2016)

“I PARLAMENTARI viene però permesso di versare da ora e per il futuro i contributi di Camera e Senato nelle rispettive casse professionali. Con una norma transitoria che nel frattempo consenta a tutti, anche alla gran parte costituita da coloro che oggi siedono a Montecitorio e Palazzo Madama per la prima volta (608 su 945), di ottenere solo nel 2017 la restituzione — finora preclusa — dei contributi versati dall’inizio della legislatura. Una cifra che a fine 2016 ammonta a 48.500 euro e che a inizio anno toccherà appunto quota 50 mila euro. Un’esca niente male che potrebbe convincere anche i più riottosi a staccare la spina a questa tormenta legislatura subito dopo l’approvazione della legge elettorale: prendere quei «pochi, maledetti e subito» e andare via. Senza dover attendere insomma la fatidica e ormai “disonorevole” scadenza del 15 settembre per maturare i diritti alla pensione “minima”. Ovvero dopo aver completato i 4 anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura, come prevede la normativa in vigore.

«Cinquantamila euro in regalo agli onorevoli per votare subito!»

Se la riforma verrà approvata dall’Ufficio di presidenza la clausola dubbia verrà cancellata, spiega Repubblica, e «i deputati sceglieranno che fare in futuro dei loro contributi e potranno solo nel 2017 ottenerne la restituzione. 50 mila euro: neanche pochi e maledetti, di questi tempi, e da incassare subito». Insomma, ricapitolando: all’epoca del governo Monti venne votata una norma iniqua e punitiva nei confronti dei parlamentari, per colpa dei fasti precedenti, che prevede lo “scippo” dei contributi in toto se non si raggiunge il limite dei quattro anni e mezzo di legislatura. Questa norma, anche se di fatto non impedisce lo scioglimento delle Camere, ne costituisce un disincentivo evidente anche se non c’è per ora nessuna organizzazione di parlamentari che ha deciso di mettersi di traverso al voto per far continuare la legislatura. L’idea è quella di restituire quindi 50mila euro di contributi versati ai parlamentari cambiando le regole e cancellando ogni forma di vitalizio. Il che costituirebbe un incentivo ad andare a votare subito dopo l’approvazione della legge elettorale. Cosa può andare storto in questo piano perfetto? Tutto.
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Perché è evidente che chi lo sta proponendo non si rende conto di come verrebbe raccontata questa vicenda se davvero si arrivasse a presentare un nuovo provvedimento: l’opposizione direbbe sin da subito che questo è un regalo da 50mila euro ai parlamentari («Cinquantamila euro agli onorevoli per farci votare subito, è una vergogna!») e così un provvedimento che avrebbe anche una sua logica finirebbe nel bel mezzo della polemica politica sulla casta in piena campagna elettorale. È evidente che ci guadagnerebbe chi lo critica e che ci perderebbe chi lo propone e lo difende.

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