Stadio della Roma a Tor di Valle, il vincolo è in mano a Franceschini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-02-20

Mentre la Roma prepara il ricorso al TAR si “scopre” che toccherà dunque al ministro dei Beni Culturali assumersi la responsabilità della scelta di proteggere o meno la palude abitata da ratti e piena di monnezza che la Soprintendenza ha improvvisamente scoperto di voler salvaguardare. La surreale intervista di Margherita Eichberg al Tempo è la ciliegina sulla torta

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Mentre la Roma si prepara a fare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, sulla storia del vincolo per l’ippodromo che dovrebbe fermare il progetto dello Stadio della Roma a Tor di Valle oggi è il giorno dei ripensamenti. E così tutto quello che non torna nel vincolo della soprintendenza comincia a conquistare spazio anche in luoghi insospettabili: ieri ad esempio si ricordava che il nuovo decreto di riforma dei Beni culturali ha di fatto soppresso la Soprintendenza di Margherita Eichberg, per accorparla con la Soprintendenza per l’area centrale di Roma guidata da Francesco Prosperetti. Con ogni probabilità sarà quindi un altro a decidere sull’apposizione finale del vincolo, sempre che ci si arrivi davvero.

Chi decide sullo Stadio della Roma a Tor di Valle?

La ministra della Pubblica Amministrazione Marianna Madia, infatti, parlando con Repubblica Roma (che solo un paio di giorni fa definiva l’iniziativa della Soprintendenza “un colpo al cuore del progetto” e ospitava un editoriale di Tomaso Montanari in cui si esultava per l’iter sul vincolo), spiega e chiarisce molti dei termini della questione. Il più importante è quello sul ruolo della Conferenza dei Servizi, che ha semplificato le procedure autorizzative delle opere visto che adesso al tavolo siedono solo quattro soggetti: la Regione, il Comune, la Città Metropolitana e lo Stato. Il quale, come avevamo spiegato l’altroieri, parla con una voce sola e può bypassare il veto della soprintendenza senza aspettare che la procedura di apposizione del vincolo sull’ippodromo arrivi a conclusione:

Spiega infatti Madia: «Con la riforma della conferenza dei servizi, le regole sono chiare e i tempi certi: lo Stato ha una voce unica per rappresentare la propria posizione. E se alla fine la soprintendenza rimanesse in disaccordo con la decisione presa in conferenza dei servizi, allora sarà il vertice politico, ossia il ministro della Cultura, a poter chiedere, se lo ritiene opportuno, ulteriori approfondimenti, sino a un eventuale Consiglio dei ministri, cui spetterà di esprimere la parola finale sull’argomento».

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In soldoni significa che l’iter avviato dalla dirigente del Mibact non costituisce affatto la lapide sul progetto della Roma perché la riforma del 2015 con la quale sono state depotenziate le varie articolazioni ministeriali — a costo, allora, di una feroce rivolta dei burocrati — ha stabilito la supremazia decisoria dell’organo politico. Toccherà dunque al ministro Franceschini assumersi la responsabilità di una scelta. Che non è detto sia quella della soprintendenza. Anzi. Alla luce del percorso tutt’altro che lineare con cui il veto è stato dichiarato, l’inquilino del Collegio romano potrebbe arrivare a una conclusione diversa. Oppure prendere altro tempo, chiedendo un rinvio della conferenza dei servizi, a patto però che i quattro attori seduti al tavolo siano tutti d’accordo. Anche per far luce sulle reali esigenze di tutela dell’ippodromo. Che certo non risalgono al 2014, come invece sostenuto da Margherita Echberg.

A conclusione della conferenza dei servizi preliminare avvenuta il 25 luglio di quell’anno, come ha scritto l’A.S. Roma nel suo comunicato di sabato, fu presentato un solo parere negativo: quello di Roma Natura. E per una presunta incompatibilità tra la riserva naturale Tenuta dei Massimi con lo svincolo della Roma-Fiumicino. Mentre le soprintendenze (statali e capitolina) rilasciarono allora un parere unificato “di massima favorevole”, sebbene con alcune avvertenze, nessuna delle quali però relative alla tribuna dell’ippodromo, alle coperture e alla pista del trotto.

La surreale intervista di Margherita Eichberg

Il Tempo invece sente la viva voce di Margherita Eichberg, la soprintendente che ha messo il vincolo, e a differenza dell’intervista del Messaggero, Ferdinando Magliaro non “dimentica” di fare le domande più ovvie e giuste. Ovvero di chiederle come mai il vincolo è stato apposto a febbraio 2017. Le risposte sono sconcertanti:

Quindi avete deciso il 23 gennaio 2017 di apporre un vincolo che negli ultimi tre anni non avevate mai deciso?
Nel 2014 è arrivato in soprintendenza uno studio di fattibilità. C’era in linea di massima descritto quello che doveva essere fatto; l’ippodromo era descritto in maniera molto, molto sommaria quindi non ci siamo accorti di quello che si trattava.
Veramente era scritto chiaramente che l’ippodromo doveva essere demolito: non ve ne siete mai accorti?
Non era chiarita, non tanto la demolizione dell’ippodromo quanto il suo valore. In questo i proponenti sono stati superficiali perché non volevano attirare l’attenzione su un’opera di architettura contemporanea.
La soprintendenza ha bisogno che siano i proponenti a dire “vogliamo abbattere un’opera che però è bellissima” e di cui voi avete tutta questa grande bibliografia?
Così dicono le norme. Ne abbiamo presa coscienza solo a fine settembre. Da allora ad oggi abbiamo lavorato su questa iniziativa così sgradita ma condivisa con i comitati e il direttore generale.

 
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Non serve nemmeno commentare. Il Fatto Quotidiano invece ospita un commento di Bruno Tinti che segnala tutta una serie di evidenze che non sembravano poi così evidenti nei tanti pezzi dei giorni precedenti che parlavano della questione. L’ex magistrato infatti si mette lì a spiegare un po’ di cose piuttosto interessanti ai grillini:

Ai nuovi arrivati in Campidoglio non gli sta bene. Perché? I palazzinari si comprano Roma. Beh, da un secolo la proprietà non è più un furto, almeno nel mondo occidentale; e chi spende miliardi di euro obiettivamente a vantaggio della collettività si aspetta giustamente di guadagnarci. Inoltre i grattacieli rovinano la skyline di Roma. A parte che Roma, esclusa la zona archeologica e centrale, è una delle città più brutte e deturpate del mondo, qualcuno di questi improvvisati architetti urbani ha mai fatto un giro a Canary Wharf a Londra o alla Défense a Parigi? La zona presenta problemi geologici. Anche il Giappone, tutto, ma là costruiscono lo stesso; sorvegliate che a Tor di Valle si adottino gli stessi criteri. E infine chissà di quanta corruzione sarà causa questo progetto. Questo è davvero il massimo: lo sapete tutti che siamo corrotti, non metteteci in tentazione.

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E poi spiega:

IL PROBLEMA dei grillini è sempre lo stesso. Per questo hanno tanto consenso: dire male degli altri (che, per carità, se lo meritano) è la parte semplice del lavoro; poi bisogna darsi da fare. Ma qui ci va competenza, indipendenza e onestà; e – a dire tanto –loro, al massimo e non tutti, sono onesti. Inoltre il problema dell’indipendenza e della competenza è che ti fa perdere il consenso che hai guadagnato con l’onestà: perché fare (bene) significa scontentare molti. A me di calcio nulla me ne cale. Ma “Famo Sto Stadio” (inteso come complesso urbano) non è solo una genialità comunicazionale. È proprio una cosa buona per i cittadini.

Amen.

Leggi sull’argomento: Tutto quello che dovreste sapere sullo Stadio della Roma a Tor di Valle

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