«Un'offesa il perdono al macchinista ATAC»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-12-06

Il Messaggero critica il reintegro in servizio dal macchinista che guidava il convoglio che ha trascinato una donna a Termini

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Ieri ATAC ha annunciato di aver reintegrato in servizio il macchinista della metro B che aveva involontariamente trascinato una donna rimasta attaccata alle porte dell’ultimo vagone. Mario Ajello sul Messaggero oggi va all’attacco dell’azienda per la decisione:

Un atto così, su cui è ancora aperta l’indagine della magistratura, andrebbe punito con la massima severità. E invece, dopo cinque mesi di sospensione, ora il macchinista è stato reintegrato dall’Atac. A riprova che il «nulla resterà impunito», vecchio slogan pseudo rivoluzionario che non si può sentire, s’è capovolto nel suo contrario. E chi sbaglia paga è una legge che oggi non vale nella Capitale.
Ma è questa l’Atac che aveva promesso discontinuità nella sua gestione non solo finanziaria (è sotto concordato preventivo per il debito accumulato di 1,3 miliardi) ma anche nei comportamenti dei suoi dipendenti? Reintegrare il macchinista che ha compiuto un errore così grave significa lanciare un messaggio sbagliato. Sia verso gli altri lavoratori – come a dire loro: lassismo e perdonismo qui sono di casa – sia ai cittadini che oltre a nutrire disamore e sfiducia nei confronti dell’azienda di trasporti si sentiranno anche più insicuri.

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Le corse saltate di ATAC (Il Messaggero, 19 novembre 2017)

Secondo un dossier dell’ATAC finito sui giornali qualche tempo fa alcuni macchinisti in questi mesi hanno sabotato il passaggio delle metro denunciando problemi esagerate alle macchine. Tra le motivazioni del comportamento dei macchinisti c’era anche una ritorsione per la sospensione del macchinista protagonista dell’incidente.

Come segno di cambiamento reale, e non retorico, l’Atac poteva scegliere il pugno duro contro il suo dipendente. Non lo ha fatto, preferendo continuare a rovinare la propria immagine e quella della Capitale. Bisognava agire in maniera opposta. Facendo valere la certezza del rigore contro l’indulgenza demagogica. La stessa che ha prodotto, per i 784 vigili assenteisti del famoso Capodanno dei finti malati nel 2014, appena qualche buffetto e nessuna vera sanzione. Non è bello scoprire una Roma sempre uguale.
Identica a quella che faceva dire a Leo Longanesi: «E’ meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità». Irresponsabilmente si fa diventare l’immeritevole, e in questo caso anche pericoloso, un intoccabile. Così vengono rassicurati i sindacati, a riprova che l’interesse corporativo prevale sull’interesse pubblico, e si garantisce un’artificiosa pace aziendale che non serve a nessuno e penalizza gli utenti.
Di fronte all’episodio della metro, alle conseguenze che ha prodotto sulla vittima e sui romani, alle immagini che hanno fatto il giro del mondo (in cui si vede la signora Natalya trascinata con un braccio dentro e il corpo fuori dal convoglio che parte in velocità senza fermarsi fino alla successiva stazione), bastava dunque da parte dell’Atac mostrare un briciolo di coscienza e di buonsenso. Trasformare invece l’inefficienza colposa in un atteggiamento tollerabile è davvero intollerabile.

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