Un terremoto al Senato mette a rischio il governo?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-04-05

Salvatore Torrisi eletto presidente della Commissione Affari Costituzionali con il voto di pezzi della maggioranza. Scatta la caccia al colpevole. Anche perché quella commissione è fondamentale per la legge elettorale. E allora spirano venti di crisi

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Può verificarsi un terremoto nella maggioranza per l’elezione di un presidente di Commissione? Sì, se l’elezione di Salvatore Torrisi di Alleanza Popolare arriva con l’accordo di tutta l’opposizione e di qualche pezzo della maggioranza che sostiene il governo Gentiloni. Anche perché Torrisi ha riscosso 16 preferenze, contro le 11 dell’avversario Pier Giorgio Pagliari. Una scheda è stata consegnata bianca. Conti alla mano, ad affondare Pagliari ci sarebbe stato anche un franco tiratore in casa dem.

Un terremoto al Senato mette a rischio il governo?

L’elezione di Torrisi ha scatenato una guerra interna alla maggioranza, con il Partito Democratico che ha chiesto un incontro con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e con il presidente Sergio Mattarella. Una mossa che di solito prelude l’inizio di una crisi politica. D’altro canto i renziani non hanno scelta perché per la Commissione Affari Costituzionali del Senato dovrà passare l’eventuale nuova legge elettorale. Sempre che alla fine se ne faccia una, visto che il senatore Andrea Marcucci parla di nascita delle larghe intese in Senato «per non fare la legge elettorale. Mdp, Forza Italia, M5S ed i centristi hanno eletto il loro presidente nella commissione affari costituzionali, con l’obiettivo di consegnare l’Italia al proporzionale». “Lo stesso Renzi è convinto che serva un chiarimento politico – afferma un senatore vicino all’ex segretario -. Oggi c’è stato questo ‘incidente’ ma tutti i giorni c’è una guerriglia, con MDP che coglie ogni occasione per mandarci sotto in commissione. O c’è una maggioranza stabile di governo o non ha più senso andare avanti”.
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Secondo fonti parlamentari riportate dall’agenzia di stampa AGI, oltre a due senatori di Ala che non hanno partecipato al voto e ad una scheda bianca, sarebbero stati due senatori dem a votare contro l’indicazione del partito.  A tirare direttamente in ballo gli scissionisti di Mdp è la senatrice dem Francesca Puglisi: “Erano talmente contrari al Patto del Nazareno che al Senato hanno votato il candidato di Alfano, a braccetto con Berlusconi e Grillo”. C’è di più. Secondo quanto apprende l’Adnkronos da fonti di palazzo Madama starebbe circolando un documento aperto alla firma dei senatori azzurri e volto a raccomandare al capogruppo Paolo Romani di mantenere ben ferma la barra sulla proposta proporzionalista di Forza Italia, quale formalizzata alla Camera. Al momento sarebbero una trentina i senatori di Forza Italia firmatari del documento, preoccupati dalla possibilità che il gruppo a palazzo Madama rischi di sbilanciarsi sulla proposta Pd di ritorno al sistema elettorale del Mattarellum.

I conti della serva

I conti sono difficili da fare, ma parlano di franchi tiratori della maggioranza: da 3 a 1. L’agenzia TMNews spiega che a votare per Torrisi ci sono stati senz’altro i voti di Forza Italia (4), quelli del M5S (3), della Lega Nord (1), 2 voti del Misto (Si e Bruni ex Cor). Si aggiungono quelli Mdp (2), di Gal (2). Fanno 14. Poi si entra nel campo delle ipotesi: i restanti due voti che mancano all’appello possono essere quelli dello stesso Torrisi e l’altro di un esponente del gruppo Misto incerto fino all’ultimo momento. Ma anche di qualche franco tiratore del Pd, si vocifera in Transatlantico. Ma si tratta di voci così forti da costringere lo stesso Zanda a scendere in campo a denunciare “manovre politiche sempre più volgari e ipocrite” a cui “si sono aggiunti, lo dicono i numeri, pezzi della maggioranza, ma certamente non del Pd”. Sul fronte della maggioranza a sostenere sulla carta la candidatura di Pagliari ci dovevano essere 8 voti del Pd, 2 di Ap (compreso quello dello stesso Torrisi), 2 di Autonomie, il voto di Manuela Repetti del Misto e quello di un altro esponente del Misto (lo stesso che computa anche l’altro schieramento). In totale 14 voti. Ad arrivare agli 11 realmente ottenuti da Pagliari ne mancano 3. Ecco che le indiscrezioni parlano di un voto, se non addirittura due voti in meno nel gruppo delle Autonomie.

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Salvatore Torrisi, presidente eletto della Commissione Affari Costituzionali

Soluzioni? Una è quella di cui si parla in queste ore: dimissioni di Torrisi e nuovo voto. “Ci ragioneremo. È una questione che si può risolvere”, dice la presidente dei senatori di AP Laura Bianconi. Questo risolverebbe il problema della presidenza della commissione. Non quello della maggioranza in frantumi. E così il Mattarellum voluto da Renzi per massimizzare il risultato del 40% al referendum potrebbe saltare. Prima ancora dell’inizio della trattativa.

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