Nelle more dell’ennesima emergenza inventata da Matteo Salvini su Seefuchs e Lifeline c’è da registrare il ruolo spettacolare del concentratissimo Danilo Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di recente riciclatosi come braccio leghista del governo, sabato sera su Twitter ha imperiosamente ordinato all’Olanda di riprendersi le sue Organizzazioni Non Governative.
«Le navi #ong olandesi Lifeline e Seefuchs stazionano da ore in acque libiche. In violazione del codice di condotta perché non hanno mezzi e personale adatti a salvare un gran numero di persone. E potrebbero mettere in pericolo equipaggi e naufraghi. L’Olanda le faccia rientrare», ha scritto Toninelli su Twitter dimostrando di aver compreso appieno il concetto di diplomazia ai tempi dei social network.
Qualche tempo dopo è arrivata la risposta di una delle ONG coinvolte: “Abbiamo mezzi e personale per svolgere missioni di ricerca e soccorso e provvedere alla prima assistenza alle persone in pericolo”, hanno fatto sapere da Lifeline replicando al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che aveva sottolineato come le navi Lifeline e Seefuchs non hanno “mezzi e personale adatti per salvare un gran numero di persone”. “La nostra missione – aggiunge la ong – è di salvare e assicurare che la gente che cerca protezione non è riportata in Libia ed offrirgli l’opportunità di raggiungere un porto sicuro”. Ma subito dopo è arrivata anche una risposta più cogente, quella della rappresentanza olandese all’Unione Europea: “Non si tratta di Ong olandesi, né sono imbarcazioni registrate in Olanda. Anche il governo dei Paesi Bassi è preoccupato per l’attività delle Ong nell’area di ricerca e salvataggio (Sar) libica, in violazione del codice di condotta. Facendo così sono strumentalizzate dal cinico modello dei trafficanti di esseri umani libici e lo sostengono”.
Nei giorni scorsi, mentre su Twitter Salvini ormai imperversava da ore con una sequela di post contro i migranti e le Ong che si concludevano invariabilmente con #chiudiamoiporti Toninelli su Facebook esprimeva gli stessi concetti. Con un particolare: in teoria avrebbe dovuto essere il ministro del M5S a decidere se chiudere o meno i porti e non Salvini. Segno forse che nella coalizione gialloverde il MoVimento 5 Stelle si è trovato a giocare il ruolo di subalterno. E così ecco il Toninelli furioso: «Malta deve essere messa di fronte alle sue responsabilità», tuonava. Il ministro delle Infrastrutture di un governo che voleva sigillare i porti italiani chiedeva ad un altro governo di fare il contrario: aprire i porti.
La cosa interessante è che tra le righe Toninelli ammetteva che è la Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana ad avere la responsabilità dell’operazione. E non potrebbe essere altrimenti visto che la Libia (nonostante gli sforzi profusi dal precedente governo) non è ancora riuscita a stabilire una sua area SAR.
Toninelli concludeva dicendo che “noi continueremo a salvare vite umane” ma non si può certo immaginare che la chiusura dei porti – al di là della disponibilità o meno di una piccola isola come Malta – possa sortire questo effetto.
Nel 2015 Toninelli attaccava “l’inerzia del governo” di fronte all’ennesima strage di migranti e accusava di disumanità l’UE che “pensa solo alle banche”. È evidente che a tre anni di distanza chiudere i porti per dare vita ad una crisi umanitaria (le navi delle Ong hanno un’autonomia limitata) a bordo delle imbarcazioni di soccorso è una scelta accettabile per Toninelli. Occorre ricordare un drammatico precedente dove le vittime dello scontro tra Roma e La Valletta furono quasi 300 profughi siriani, lasciati colare a picco dalla Guardia Costiera italiana.