La telefonata tra Di Maio e Zingaretti: «Non puoi umiliarmi così»

Nessuno può mettere Giggetto in un angolo. E il governo M5S-PD torna in bilico

Nessuno può mettere Giggetto in un angolo. Tommaso Labate sul Corriere della Sera racconta la telefonata che ha ricevuto ieri Nicola Zingaretti da un furioso Luigi Di Maio quando il Capo Politico M5S ha capito che sulla sua vicepresidenza e sul ministero dell’Interno i DEM mantenevano il loro veto:



«Non accetto di essere umiliato così e non accetto che lo sia il Movimento. Conte è un premier terzo, io sono il capo politico del M5S che deve entrare nell’esecutivo come vicepremier». Quando la corazzata del governo Conte 2 sembra a un passo dall’attracco nel porto sicuro — blindata persino da un tweet di Donald Trump — il telefono di Nicola Zingaretti squilla.

Ore 22.30, il segretario del Pd è sicuro di aver respinto, grazie all’asse con Conte, tutti gli assalti di Di Maio, ormai virtualmente destinato al ministero della Difesa. Dall’altra parte del telefono c’è proprio Di Maio. Chi pensava che avesse deposto l’ascia di guerra e che fosse pronto a trattare una resa senz a condizioni dopo che proprio Conte gli aveva sbarrato la strada verso il Viminale, ecco, si sbagliava.



Al telefono col segretario pd, il capo politico impone l’aut-aut. «O io vicepremier o salta. Vi ricordo che c’è anche la votazione su Rousseau». Zingaretti quasi pensa a uno scherzo; poi, man mano che passano i minuti, ingrana la quinta. «Senti, Luigi, parlane con Conte. Mi dici che salta tutto? Bene, io domani mattina ho la Direzione del partito, la gran parte dei membri è qua nei dintorni. Significa che me li chiamo subito e gli dico che tu non ci stai più». E il voto su Rousseau «è uno sgarbo istituzionale» al capo dello Stato.



Anche oggi sarà una luuuunga giornata.

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