Tutto quello che avreste voluto sapere sul TAP (e non avete mai osato chiedere)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-31

Sradichiamo alcuni dei pregiudizi su gasdotto pugliese. Che fine faranno gli ulivi espiantati da TAP? Chi ha autorizzato la realizzazione del gasdotto? Rispetta le norme di tutela ambientale del paesaggio? E soprattutto: ma alla fine questo TAP serve o no?

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Due anni fa il progetto del tracciato del metanodotto SNAM Trans Adriatic Pipeline (TAP) era al centro di fantasiose ipotesi di complotto secondo le quali la Xylella era stata diffusa con lo scopo di rendere più facili le operazioni di “sgombero” dei terreni che si trovano sul percorso del metanodotto in modo da fornire una scusa agli operatori per poter abbattere gli ulivi. A denunciare la strana coincidenza era proprio il Comitato NO Tap che aveva scoperto che il metanodotto avrebbe attraversato alcune delle aree dove erano stati registrati focolai di Xylella. Ma al di là delle ipotesi di complotto cosa sta succedendo davvero in Puglia e perché si è arrivati allo scontro tra manifestanti e forze dell’ordine in una delle aree dove la società sta provvedendo all’espianto (quindi non all’abbattimento) di duecento ulivi?
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Cos’è il TAP?

Il TAP è un metanodotto che fa parte del Corridoio Meridionale del Gasun concetto elaborato dalla Commissione Europea per identificare nuove rotte di approvvigionamento di gas – l’opera quindi è la parte finale di un progetto più ampio e che complessivamente è lungo quasi 4.000 chilometri. Il tracciato di TAP inizia al confine tra Grecia e Turchia dove il gasdotto si collega Trans Anatolian Pipeline (TANAP) che a sua volta dopo aver attraversato la Turchia si collega al South Caucasus Pipeline che attraversa Georgia e Azerbaijan e ha origine dai giacimenti di metano sulla costa azerbaigiana del Mar Caspio. TAP è lungo 878 km e attraversa Grecia, Albania, il Mar Adriatico per arrivare in Italia dove si connette alla rete nazionale di Snam. L’opera è realizzata completamente con contribuiti privati (all’azionariato di TAP – che è un consorzio – partecipano SOCAR, Snam, BP, Fluxys, Enagás ed Axpo). Lo scopo principale di TAP è quello di creare un nuovo corridoio per l’approvvigionamento (italiano ed europeo) di gas metano in modo da poter consentire una diversificazione degli approvvigionamenti energetici e garantirne la sicurezza e la continuità. Il tracciato italiano del TAP sulla terra ferma è lungo 8 chilometri per una larghezza massima della pista dei lavori di 26 metri. TAP parte da San Foca per arrivare a Melendugno dove è stata prevista la costruzione del Terminale di Ricezione.

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Quattro delle alternative di approdo previste (fonte)

A scegliere tra le 15 varianti d’approdo proposte da TAP è stato il Ministero dell’Ambiente che ha stabilito che il gasdotto avrebbe dovuto partire da San Foca, sulla costa adriatica, per arrivare a Melendugno. TAP pagherà al Comune di Melendugno 500 mila euro l’anno di tasse per tutta la durata della concessione in cambio del permesso a far passare il gasdotto sul suo territorio.
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Da Melendugno poi SNAM (e non TAP) dovrà realizzare l’allaccio fino dal Terminale di Ricezione alla rete nazionale di Snam a Mesagne. Il “progetto di interconnessione” però non è compito di TAP ma della sola Snam ed inizierà solo una volta terminata la posa del gasdotto di TAP, la lunghezza di questo secondo tracciato è di 56 km.
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Chi ha autorizzato la costruzione dell’opera?

Il progetto è stato presentato nel 2012 e fino al 2014 le istituzioni locali hanno avuto la possibilità – nel corso di circa 167 incontri svoltisi con i vari rappresentanti locali – di fare una proposta alternativa di approdo a TAP ma, fanno sapere da TAP, non è arrivata alcuna proposta formale né dalla Regione Puglia né dai comuni interessati. Nell’agosto del 2014 TAP ha ottenuto il via libera dalla Commissione Valutazione dell’Impatto Ambientale (VIA) e Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Il Ministero ha sottoposto a valutazione le varie soluzioni d’approdo proposte e ha stabilito che TAP dovesse arrivare da San Foca. Durante la fase conclusiva della Valutazione di Impatto Sociale e Ambientale (ESIA) è stato stabilito di limitare l’impatto ambientale nel punto di approdo a San Foca, tra il lido di San Basilio e lo stabilimento Chicalinda, tramite l’uso l’uso di un “micro tunnel” che partirà al largo (quindi TAP non arriverà sulla spiaggia ma ci passerà sotto), lungo circa 1.500 metri, che passerà sotto la spiaggia a una profondità di 10 metri, evitando qualsiasi interferenza sulle praterie di Posidonia oceanica e sul cordone dunale, così come eventuali impatti visivi o interferenze con la spiaggia e la ‘macchia Mediterranea’. Inoltre sono state stabiliti anche degli interventi mirati a ridurre l’impatto del Terminale di Ricezione di Melendugno sia dal punto di vista delle emissioni di CO2 sia per quanto riguarda l’impatto visivo delle costruzioni sul tipico paesaggio pugliese. Tra le varie opzioni è stato scelto Melendugno perché sul territorio del corridoio all’interno del quale passerà il TAP non ci sono vincoli dovuti alla presenza di Aree Protette naturali, Rischio idrogeologico (aree classificate PG3) o Posidonia oceanica (per la parte costiera) e i vincoli PUTT/p (Piano Urbanistico Territoriale Tematico “Paesaggio”) stabiliti dalla Regione Puglia nell’area sono considerati compatibili con “gli aspetti costruttivi e operativi programmati per il Progetto TAP”. A sancire la legittimità della realizzazione dell’opera e il rispetto delle normative vigenti c’è la sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto i ricorsi presentati dal Comune di Melendugno e della Regione Puglia contro la decisione della Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale.

Chi ha autorizzato l’espianto degli ulivi e che fine faranno?

Sul tracciato del TAP nel quale sono in corso i lavori attualmente sono stati individuati, nel corso delle indagini preliminari condotte in questi mesi 211 alberi di ulivo che per consentire la posa del metanodotto verranno espiantati (e non abbattuti), conservati in un luogo di stoccaggio temporaneo appositamente preparato e al riparo da eventuali contaminazioni da Xylella Fastidiosa e successivamente rimessi a dimora nell’esatto punto in cui si trovavano in precedenza e che è stato appositamente marcato e segnalato.

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Ed è solo una coincidenza che ci siano politici pugliesi che credono e dicono in giro che la Xylella è un complotto e che questi politici si oppongano alla realizzazione del TAP

Ad occuparsi dell’espianto e della messa a dimora provvisoria delle piante, così come della cura e delle operazioni di manutenzione è una ditta specializzata in operazioni agro-forestali il cui progetto ha ricevuto il via libera dagli uffici dell’osservatorio fitosanitario della Regione Puglia. TAP rende noto che si tratta di un’operazione che per le ditte specializzate è ormai di routine visto che nella sola provincia di Lecce ogni anno vengono espiantati e spostati 100 mila ulivi. Senza contare tutti quegli ulivi secolari che vengono espiantati e venduti e finiscono per diventare piante ornamentali nei giardini delle ville e delle case di cittadini di altre parti d’Italia (e per i quali in pochi si stracciano le vesti). Va anche sottolineato che la realizzazione dall’Acquedotto Pugliese – conclusasi un anno fa – si è svolta con le stesse modalità ha richiesto lo spostamento e ripristino di 2500 ulivi disposti lungo i 37 km del percorso della condotta dell’acquedotto. Sull’intero tracciato del Tap dovrebbero essere spiantati, e poi ripiantati a fine lavori, oltre 1.900 ulivi, su un totale in tutta la Regione di circa 60 milioni.

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Ma alla fine questo TAP serve o no?

Una volta capito che tutto si svolge secondo le regole resta da chiedersi se TAP è un’opera utile o meno. Secondo TAP il gasdotto renderà possibile il processo di decarbonizzazione della Puglia e una transizione della produzione di energia elettrica verso l’utilizzo di fonti meno inquinanti come appunto il gas. Secondo l’Unione Europea il Corridoio Meridionale è di importanza strategica per affrancare il continente dalla dipendenza dall’approvvigionamento  di gas che proviene da paesi geopoliticamente poco stabili. Per quanto riguarda il fabbisogno attuale del nostro Paese è pari a 70 miliardi di metri cubi di gas all’anno, di cui 65 arrivano dalle importazioni, in particolare da Algeria e Russia. TAP consentirà di aumentare di 9 miliardi di metri cubi la capacità massima di importazione (che è di 130 mld di metri cubi) delle attuali linee di rifornimento. C’è quindi da chiedersi a questo punto se questi nove miliardi di metri cubi in più siano davvero utili all’Italia. Guardando le stime del fabbisogno di gas verrebbe da dire di no, perché riusciamo ad importare tutto quello che ci serve. Questo però vale per oggi e non per il futuro e non è chiaro quanto potrebbe incidere sul fabbisogno l’abbandono dell’utilizzo del carbone nelle centrali elettriche. Secondo TAP il gasdotto potrebbe far fronte al surplus della domanda dovuta alla decarbonizzazione.

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