La storia dell'annullamento della delibera sullo Stadio della Roma a Tor di Valle

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-02-24

Un “nuovo” parere dell’Avvocatura Romana punterebbe sull’annullamento e non sulla revoca dell’atto prodotto dalla Giunta Marino. Ma le argomentazioni – giornalistiche o legali? – paiono a prima vista curiose. Intanto i proponenti preparano tre iniziative legali in caso di fallimento della trattativa

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Ieri abbiamo parlato, nelle more della bufala sul rischio idrogeologico, della possibilità di un indennizzo risarcitorio nei confronti dei proponenti dello Stadio della Roma a Tor di Valle in caso di ritiro della delibera di pubblica utilità firmata dalla Giunta Marino. Si parlava di un parere dell’Avvocatura capitolina che prefigurava “una causa da oltre un miliardo, visto che l’Avvocatura ha stimato il valore in 400 euro a cittadino, da moltiplicare per 2,8 milioni di romani. A cui aggiungere mancate entrate fiscali per 840 milioni e circa 200 milioni di opere pubbliche in fumo”.

L’annullamento della delibera sullo Stadio della Roma a Tor di Valle

Oggi sui giornali romani si parla invece di un nuovo parere dell’Avvocatura Capitolina che consiglierebbe non la revoca della delibera ma il suo annullamento, che così non comporterebbe rischi di risarcimenti milionari, del resto prefigurati da Virginia Raggi in un post sul blog di Beppe Grillo. L’annullamento per vizio di legittimità infatti a differenza della revoca in autotutela non prevede assunzioni di responsabilità e riconoscimenti di indennizzi. Nel dettaglio, il Messaggero, nell’articolo a firma di Simone Canettieri e Mauro Evangelisti, dice che i presunti punti di debolezza della delibera sarebbero sostanzialmente questi due:

Si dice di più, si dice che quella delibera ha seri problemi di legittimità e dunque il ritiro non è solo fattibile, ma obbligato. Due,tra gli altri, i punti più a rischio: il primo è quello che riguarda la quota di cubature non rappresentate dallo stadio. «La legge – ripetono nel Movimento 5 Stelle, incoraggiati dal parere dell’avvocatura prevede che le opere non sportive debbono essere quelle strettamente funzionali alla sostenibilità economica del progetto. Ma il rapporto in questo caso è molto sbilanciato, lo stadio rappresenta solo il15 per cento».
Altro tassello: le opere per mettere in sicurezza la zona giudicata a rischio idrogeologico, limitrofa a quella in cui deve sorgere lo stadio, devono essere realizzate prima che la conferenza dei servizi si pronunci sul progetto.

luigi di maio stadio roma tor di valle
Credits: TDVProject

Il Fatto Quotidiano invece riporta i ragionamenti dell’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo: “Per ora è stato dichiarato solo il pubblico interesse e loro hanno presentato un progetto di pre-fattibilità. Il titolo giuridico si deve ancora costituire perché è la conferenza decisoria che dà il via al vero investimento”: insomma, fino al via libera definitivo della Conferenza dei servizi (convocata per il 3 marzo) la Roma non ha in mano nulla di concreto. “Una causa ora – conclude Mazzillo – ha certamente le armi spuntate”.

Le tre cause che prepara la Roma

Andiamo con ordine. In primo luogo è necessario osservare e ricordare che l’Avvocatura Capitolina ha contribuito a scrivere la delibera e faceva parte del gruppo di lavoro istituito dal segretariato per esaminare il progetto e fare gli atti di competenza. È curioso che soltanto oggi l’avvocatura abbia individuato due criticità che portano all’annullamento di una delibera che ha contribuito a scrivere tre anni fa. Nel merito poi delle due questioni portate dal Messaggero, per quanto riguarda la prima il rapporto “sbilanciato” deriva da una curiosa interpretazione “giornalistica” tanto da far sembrare l’obiezione come non tanto legale quanto politica. È curioso poi che si sostenga che per il rischio idrogeologico si debba mettere in sicurezza una zona prima che i proponenti abbiano la certezza che su lì possono lavorare. Anche questa sembra un’obiezione più giornalistica o politica che legale. C’è poi da osservare quello che prevedono le Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Stralcio 5 (PS5) del PAI (Paino Assetto aidraulico) del Fiume Tevere, ovvero che pianificazione e progettazione esulano dalla ridefinizione delle aree e dalla declassificazione del rischio.


Da segnalare inoltre che Anna Maria Greco sul Giornale scrive che i pareri sull’annullamento della delibera non vengono dall’Avvocatura Capitolina e dal suo capo Carlo Sportelli, ma da Andrea Magnanelli, che dirigeva l’avvocatura ai tempi di Alemanno e ancora ne fa parte. Ma saranno davvero queste le motivazioni dell’Avvocatura? Il ragionamento di Mazzillo invece è molto più credibile delle due obiezioni presentate dal Messaggero come frutto del lavoro dell’Avvocatura Capitolina.

luigi di maio stadio roma tor di valle
Credits: TDVProject

Ma, posto che il ragionamento sia valido, il proponente può aggredire il profilo della buona fede e correttezza nello svolgimento del procedimento amministrativo, che non è meno importante, nonché quello del tempo trascorso che ha certamente generato un affidamento meritevole di tutela. Sulla quantificazione del danno risarcibile, si parla di almeno 200-300 milioni di euro. Quanto basta per mandare in default il ComuneFerdinando Magliaro sul Tempo invece parla di tre iniziative legali che i proponenti (A.S. Roma ed Eurnova) stanno preparando nei confronti del Comune di Roma. Si parla prima di tutto di una causa civile per risarcimento dei danni (al tribunale civile o al TAR che ha giurisdizione esclusiva), che andranno in ogni caso quantificati, ma anche una denuncia querela per abuso d’ufficio – che non sarebbe certo una novità per la sindaca – per l’annullamento del pubblico interesse che è arrivato a una settimana dalla chiusura della Conferenza dei Servizi.

La trattativa infinita 

In ultimo arriverebbe un’iniziativa al Tribunale Amministrativo Regionale – spesso annunciata in questi ultimi giorni – per annullare la delibera di annullamento (e non quella di revoca, come si prefigurava nei giorni scorsi). Penale, civile e amministrativo dunque. Con ulteriori rischi: anche se la causa civile dovesse protrarsi per anni, come è probabile, il Comune si troverebbe costretto ad accantonare per legge l’ammontare della richiesta di risarcimento danni. Infine, racconta sempre Il Tempo, la Corte dei Conti potrebbe muoversi per danno erariale nei confronti dell’amministrazione.

Il problema è però che qui si sta parlando soltanto di ipotesi. I fatti invece dicono che oggi in Campidoglio i due che dovrebbero essere litiganti in realtà si incontreranno per l’ultimo appuntamento prima del 3 marzo, ovvero la data in cui è tornata ad essere convocata la Conferenza dei Servizi, che si deve obbligatoriamente chiudere il 6. Repubblica Roma scrive che in realtà tutte queste date potrebbero saltare perché la Roma ed Eurnova – il proponente è l’unico che in questa fase può chiedere un rinvio – sarebbero costrette a ricorrere al TAR per il vincolo della soprintendenza sull’ex ippodromo di Tor di Valle. Ma dalle parti della società giallorossa per ora non filtra alcun tipo di ipotesi in questo senso, anzi. Fino a pochissimo tempo fa la società si preparava a presentare nel più breve tempo possibile le sue controdeduzioni all’iter del vincolo per dare la possibilità alla Soprintendenza di decidere prima dei 120 giorni che si è data per legge. Poi, eventualmente, si andrà al TAR. Ma prima finirebbe la conferenza dei servizi. E in caso di mancata decisione la Roma chiederà al governo di pronunciarsi. Prendendosi la responsabilità dell’ultima decisione. Ma intanto gli occhi sono tutti puntati sull’incontro di oggi. E su quello che diranno i protagonisti della trattativa alla fine.

Leggi sull’argomento: Quanto vale lo stadio della Roma a Tor di Valle?

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