Come sta finendo la storia degli abusi edilizi a Pomezia

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-01-31

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri ha rigettato la richiesta di archiviazione disponendo l’imputazione per il reato di truffa o tentata truffa nei confronti di tre membri del consiglio di amministrazione di una delle cooperative che ottennero permessi a costruire irregolari dal Comune di Pomezia. Una vecchia storia che torna d’attualità

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Torna d’attualità la vicenda degli abusi edilizi a Pomezia. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri Giuseppe Boccarrato ha infatti disposto l’imputazione coatta per truffa nei confronti di tre membri del consiglio d’amministrazione della Società Cooperativa Edilizia Antica Lavinium di Pomezia, accogliendo le richieste dei ricorrenti e disponendo la formulazione dell’accusa. Il GIP ha così rigettato la richiesta di archiviazione formulata dal PM Giuseppina Corinaldesi.

Cosa ha stabilito il GIP nei confronti di una delle cooperative titolari di permessi a costruire irregolari

La vicenda è quella degli abusi commessi da nove cooperative edilizie che hanno realizzato altrettante palazzine in via Almirante e via Romualdi, a ridosso del quartiere Nuova Lavinium. I permessi a costruire, rilasciati tra il 2006 e il 2007 dal Comune di Pomezia erano però irregolari perché consentivano la realizzazione di due piani in eccesso (sesto piano e sottotetto) alla normativa allora vigente che consentiva la costruzione di cinque piani. Alcuni dipendenti comunali vennero accusati di abuso d’ufficio e falso ideologico ma gli imputati vennero prosciolti perché intervenne la prescrizione del reato. Secondo quanto si legge nel provvedimento del GIP i querelanti, ammessi nella cooperativa tra il 2006 e il 2009, erano stati tenuti all’oscuro della situazione nella fattispecie “nell’aver dolosamente taciuto le ragioni dell’illegittimità dei permessi a costruire del Comune di Pomezia”.
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Secondo il GIP le pressioni esercitate dagli amministratori della Cooperativa nei confronti dei querelanti, affinché acquistassero “un immobile non in regola e ad un prezzo diverso da quello stabilito nella convenzione e nell’accordo sociale” può configurare il reato di truffa (o tentata truffa) di cui all’articolo 640 del codice penale. Inoltre si legge che in base agli atti presentati il fatto che l’amministrazione della cooperativa “non intende formulare domanda di regolarizzazione del settimo piano dell’edificio” contribuisce alla permanenza del reato di truffa o tentata truffa nei confronti dei querelanti.
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In base alla convenzione stipulata all’epoca tra Comune e le Coopeative è previsto infatti che i rogiti stipulati non siano leciti qualora siano presenti delle irregolarità o manchi manchi il certificato di abitabilità.

La posizione del Comune di Pomezia sugli abusi

Come riportato anche da Repubblica da parte sua l’attuale amministrazione comunale di Pomezia, guidata dal sindaco Fabio Fucci, intervenne a sanare gli abusi facendo approvare dal consiglio comunale la delibera di giunta n. 62 del settembre 2015 che consentiva l’aggiunta del sesto piano. Fucci però ha sempre respinto la lettura del provvedimento della sua Amministrazione come una “sanatoria”. In un comunicato stampa difendeva la decisione di modificare gli indici edilizi come “unica soluzione praticabile per risolvere la questione” ritenendo “impraticabile la demolizione di due piani di un immobile completamente costruito ed abitato”

Certo si potrebbe controbattere che “modificare gli indici edilizi” è stato fatto per sanare degli abusi. Senza contare che in questo modo chi li ha commessi (le Cooperative) non è stato tenuto a pagare alcunché per mettersi in regola. Secondo la Regione Lazio “il Comune non ha affatto rimosso il vizio dell’atto ma ha modificato il quadro normativo di riferimento al fine di legittimare ex post i titoli illegittimi che restano invariati”. Altrettanto interessante il passaggio nel quale il GIP rileva che “la natura dell’operazione edificatoria e la posizione assunta dai singoli soci vale a riverberare i pregiudizi conseguenti alle rilevate irregolarità anche nei confronti dei titolari delle diverse porzioni abitative”. Questo passaggio sembra essere in contrasto con la posizione del TAR che aveva respinto il ricorso presentato da alcune famiglie di proprietari di di appartamenti (ubicati nei piani non abusivi) che avevano impugnato la delibera Fucci. Si tratta di famiglie che appartengono alla Cooperativa Antiva Lavinium e altre che invece fanno parte della Cooperativa Marina. Nella sentenza del TAR si legge che “sussistono fondati dubbi circa la sussistenza dell’interesse dei ricorrenti a ottenere l’annullamento dell’impugnata delibera, il cui contenuto non risulta avere un contenuto direttamente e immediatamente lesivo delle posizioni giuridiche degli stessi”. Ma il permesso a costruire irregolare – rilevavano i ricorrenti – è unico e riguarda quindi tutto l’edificio in modo indivisibile, non i soli piani abusivi

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