Chi è Sergio Costa (ministro M5S): il generale che faceva sequestrare pozzi “avvelenati” che non lo erano

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-02-26

Il futuro Ministro dell’Ambiente per il MoVimento 5 Stelle ha accettato la proposta di Luigi Di Maio ma non aveva chiesto un’aspettativa al Corpo dei Carabinieri. Nel 2013 era salito agli onori delle cronache per il sequestro di 15 pozzi a Caivano perché le acque erano “contaminate” ma si è poi è scoperto che i valori erano nella norma. E ha una teoria del complotto anche per lo scioglimento del Corpo Forestale. Ma…

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Luigi Di Maio ha finalmente iniziato ad annunciare i nomi dell’eventuale governo a 5 Stelle che guiderà se il MoVimento vincerà le elezioni del 4 marzo. Il primo nome lo ha fatto ieri, durante la trasmissione di Lucia Annunziata in mezz’ora in più su RaiTre: è il generale di Brigata dell’Arma dei Carabinieri Sergio Costa. Il generale sarà il prossimo ministro dell’Ambiente, «un servitore dello Stato» che molto ha fatto nella lotta all’inquinamento nella Terra dei Fuochi. Fu proprio Costa, laureato in Scienze Agrarie con master in Diritto dell’Ambiente, a scoprire con la sua inchiesta l’esistenza della Terra dei Fuochi in Campania e la discarica dei rifiuti nel territorio del Parco Nazionale del Vesuvio.

Sergio Costa e la solita teoria del complotto sullo scioglimento del Corpo Forestale

Ieri Costa ha fatto sapere, dopo la dichiarazione del candidato premier grillino che «Da servitore dello Stato, qualora il premier incaricato ritenesse di indicarmi come possibile Ministro dell’Ambiente, mi renderò disponibile». Costa non è l’unico generale del Corpo Forestale ad essere entrato nell’orbita del MoVimento 5 Stelle. Maurizio Cattoi, candidato all’uninominale a Fano e Senigallia alla Camera, è un generale in pensione del reparto Forestale dei Carabinieri. Come Cattoi anche Costa viene dalla Forestale ed è molto critico nei confronti della riforma Madia che ha soppresso il Corpo.

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In un’intervista al Corriere del Mezzogiorno del marzo 2015 il futuro ministro sosteneva che la riforma Madia avrebbe finito per favorire gli ecomafiosi e che lo scioglimento del Corpo Forestale avrebbe finito per mettere a rischio il lavoro di indagine sulla Terra dei Fuochi.

Non è che accusa per difendere la sua carriera?
«Sono un generale, male che mi vada farei il questore. Anzi, mi si spalancherebbero le porte per una carriera da dirigente generale che nel Corpo forestale non esiste. La verità è che qui non ci guadagno io, ma i criminali dell’ambiente».

Questa è una sua ipotesi o ha prove certe?
«Certe proprio no, ma diciamo che è più di una ipotesi. Un nostro informatore ci aveva già avvertito».

E cosa vi aveva detto?
«Ci ha raccontato che, il giorno in cui è stato annunciato lo smantellamento del Corpo forestale, personaggi vicini alle ecomafie operanti tra Napoli e Caserta hanno acquistato dolci e spumante per festeggiare la notizia. Brindare non è un reato, per carità. Ma è un segnale, no?».

Addirittura Costa raccontò di aver saputo da “un informatore” che alcuni personaggi vicini alle ecomafie che operano in Campania avevano “acquistato dolci e spumante per festeggiare la notizia”. Costa però ammetteva di non avere “prove certe” sul fatto che dallo smantellamento del Corpo forestale ci avrebbero guadagnato i criminali dell’ambiente. E del resto i criminali possono festeggiare quanto vogliono, anche quando non capiscono cosa significa la riforma Madia. Del resto quale prova migliore per confutare la tesi “complottista” del generale del fatto che in questi tre anni Costa è rimasto al suo posto e ha continuato a fare il suo lavoro? La ragione per cui la Forestale è stata accorpata all’Arma dei Carabinieri (e ai Vigili del Fuoco) si chiama spending review. E non sembra che il Governo che ha fatto approvare la legge sugli ecoreati possa essere accusato al tempo stesso di favorire le ecomafie. Anche perché le capacità e le competenze degli ex-forestali sono state fuse con quelle dei Carabinieri dell’ex-NOE (Nucleo Operativo Ecologico) quindi non sembra credibile la preoccupazione di Costa riguardo la “perdita della specializzazione” del Corpo.

Il futuro ministro dell’Ambiente è ancora in servizio

A differenza del generale Cattoi, Costa è ancora in servizio. Ed è questo il primo problema. Il futuro ministro dell’Ambiente al momento dell’annuncio di Di Maio risulta ancora essere tra gli effettivi del Corpo. Una posizione che molti hanno definito “irrituale”. L’Arma dei Carabinieri infatti ha appreso della candidatura di Costa a Ministro dell’Ambiente direttamente dai giornali. Vittorio Sgarbi, candidato a Pomigliano D’Arco non ha perso tempo e ha detto che si tratta di “un fatto assai grave che un generale dei Carabinieri, istituzione a garanzia di tutti i cittadini, prima del voto, con una esplicita dichiarazione, per pura propaganda elettorale, contro ogni regola e galateo istituzionale”.

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Il Generale prima di accettare la candidatura avrebbe dovuto prendere un’aspettativa o quanto meno sospendersi dal servizio, in modo da non “contaminare” il suo ruolo istituzionale con quello politico. Il MoVimento 5 Stelle, sempre così attento a far rispettare agli altri le regole, però evidentemente non ha ritenuto importante consigliare a Costa di informare i vertici del Corpo. Tant’è che in serata il Comando generale dei Carabinieri ha diffuso una nota ufficiale nel quale sostanzialmente prende atto della discesa in campo di Costa: «Il Generale di Brigata Sergio Costa, comandante della Regione Carabinieri Forestale Campania  ha fornito la propria disponibilità ad assumere un incarico di governo, qualora chiamato a farlo. Nel contempo ha richiesto di essere posto in licenza per evitare che la sua personale decisione possa condizionare le attività di servizio. Il Comando Generale dell’Arma ha autorizzato la concessione della licenza a partire da oggi, alla luce della normativa vigente».

Quando Sergio Costa faceva sequestrare pozzi “contaminati” che non lo erano

Nel novembre del 2013 Sergio Costa, all’epoca comandante del Corpo Forestale dello Stato fece sequestrare 13 pozzi e 15 fondi agricoli a Caivano, nel cuore di quella zona che è nota come “Terra dei Fuochi”. Le analisi successive al sequestro di un primo terreno nel febbraio 2013, riferisce un’agenzia dell’epoca, avevano rilevato la presenza di sostanze considerate altamente tossiche e nocive per l’ambiente e la salute umana. Il provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza, su un’area di 43 ettari, venne eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria del Corpo Forestale del comando provinciale di Napoli.

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L’intervista a Sergio Costa sul sequestro degli ortaggi a Caivano [fonte]
Le acque delle falde e i terreni erano inquinati, spiegarono all’epoca dal Corpo Forestale. Pochi misero in dubbio l’operazione, visto che a condurla fu proprio Costa, il generale che sequestrava tonnellate di ortaggi contaminati e faceva chiudere i pozzi abusivi. Il sequestro dei pozzi e dei “cavolfiori gialli” diede la stura ad una serie di titoloni come “ortaggi al cloroformio”, “Cernobyl campana” e ovviamente “verdure avvelenate”. Il tutto era iniziato nel febbraio 2013 con un esposto di alcuni ambientalisti che avevano notato la presenza di cavolfiori con un’anomala colorazione delle foglie. Il Corpo Forestale seguì quella “traccia” per arrivare ai 15 pozzi inquinati (in totale ne vennero sequestrati ventuno).

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Come andò a finire quella storia? In pochi lo sanno perché dopo il clamore mediatico, dopo gli appelli a non consumare la verdura e gli ortaggi coltivati a Caivano quasi nessuno (tranne Il Napolista) si occupò di raccontare cosa successe dopo. Quei pozzi e quei terreni sono ancora sotto sequestro? La risposta è no. Un decreto del 2 novembre 2016, ha disposto in via definitiva il dissequestro dei suoli agricoli di Caivano. Questo perché le perizie e i tribunali sono giunti alla conclusione che gli elementi chimici presenti nei suoli agricoli e nelle acque dei pozzi irrigui sono parte del “fondo naturale“.

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Ovvero i cosiddetti “contaminanti” sono tipici degli ambienti vulcanici della piana campana, «ed anzi rappresentano un aspetto della particolare fertilità di questi ecosistemi agricoli». All’epoca del sequestro molti tecnici cercarono di spiegarlo, ma il clima era quello della caccia alle streghe – come ricorda un articolo di Repubblica – e non c’era spazio per sentire la voce della ragione. Il costo dell’operazione gestita da Costa e del clamore mediatico sulla “Cernobyl campana” si è abbattuto sugli agricoltori: nessuno voleva più comprare gli ortaggi provenienti da Caivano.

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Riferisce Repubblica che uno studio condotto dall’Istituto nazionale di economia agraria per conto del governo «ha evidenziato come il danno economico sia ricaduto, nell’area di crisi, soprattutto sulle piccole aziende, non in grado di autocertificare i propri prodotti, con un calo dei prezzi di vendita dal 25 fino al 75%». Ora quel Generale potrebbe essere il nuovo Ministro dell’Ambiente perché come ha detto Di Maio ieri: «Di Terra dei Fuochi ce n’è una in ogni Regione. Per questo riteniamo che il ministero dell’Ambiente sia centrale per il governo italiano».

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