Il Corriere della Sera intervista Rutilio Sermonti, accusato di essere l’ideologo di Avanguardia Ordinovista nell’inchiesta Aquila Nera di cui abbiamo diffusamente parlato qui. Dal colloquio con l’arzillo 93enne con “figlio universitario a carico” (cit.) emerge una verità sui fatti dell’inchiesta che nessuno si sarebbe aspettato: questi ordinovisti erano neofascisti tutti da ridere, che non pagavano i conti e non rispettavano le promesse, ma ogni tanto si concedevano con Sermonti, fratello di Vittorio e Giuseppe, rispettivamente scienziato e dantista. Un estratto della meravigliosa intervista a firma di Fabrizio Caccia:
«Avanguardia ordinovista? Mai sentita nominare. La verità è che io sono l’ideologo di tanti che non conosco, che leggono i miei libri e poi chissà cosa gli viene in mente. E chi sarebbero i miei adepti? L’ex carabiniere Stefano Manni e sua moglie Marina? Sì, ora ricordo, son venuti più volte qui a casa mia…». La signora Clarissa rammenta che venivano «quasi in adorazione», il signor Manni, la moglie e altri che i coniugi Sermonti chiamavano «il gruppo di Pescara». «Vennero da noi tre o quattro volte, erano simpatici ,amichevoli, poi mettevano su Facebook le mie foto e i miei testi». E passavano le ore a farsi raccontare da Rutilio i tempi della guerra o di quando giurò davanti al Duce allo Stadio dei Marmi il 28 ottobre 1938. E qualche volta cantavano anche, tutti insieme, le canzoni fasciste («Diventiamo tutti eroi con la morte a tu per tu») oppure delle SS («Waffen Waffen Waffen»), ma senza mai accennare a propositi bellicosi, come quello di uccidere i politici e gli extracomunitari e addirittura replicare la strage dell’Italicus e «carbonizzare» il capo dello Stato.
La canzoncina delle SS:
«Chi è Stefano Manni? Solo un millantatore — s’indigna Rutilio Sermonti sulla sua sedia a rotelle —. Un chiacchierone che riempiva i discorsi di fregnacce e bla-bla-bla. Uno a cui piaceva sentirsi qualcuno. Ma per essere qualcuno bisogna fare qualcosa e lui non ha mai fatto niente. Manni il deus ex machina dell’organizzazione? Ma scherziamo, al massimo della macchina del caffè…». Il vecchio pittore e scrittore,autore con Pino Rauti di «Una storia del fascismo», confessa di sentirsi preso in giro: «Manni l’ultima volta mi promise mille euro per dare alle stampe il mio ultimo libro “Non omnis moriar”, ma il suo bonifico ancora l’aspetto e due mesi fa gli scrissi al computer un elenco di insulti che i carabinieri potranno riscontrare. Da quel giorno chiusi con lui».