San Giacomo: la strana storia dell'ospedale fantasma nel centro di Roma

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-02-10

Dal 2008 i cittadini del Lazio pagano un canone di affitto annuale di due milioni di euro per l’ospedale San Giacomo. Una struttura nel pieno centro di Roma, ristrutturata suon di milioni che è stata inspiegabilmente chiusa ed è al centro di una vasta operazione di finanza creativa voluta da Storace.

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In centro a Roma, a poche centinaia di metri da Piazza del Popolo e dall’Ara Pacis, c’è un ospedale la cui fondazione risale al 1300. In realtà sarebbe meglio dire che l’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili c’era perché oggi è chiuso. Ed è chiuso dal 2008 ovvero da quando l’allora Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha deciso di chiuderlo. Fin qui niente di strano, perché – direte voi – gli ospedali si possono anche chiudere. Quello che è strano però è che i cittadini del Lazio stiano continuando a pagare per un ospedale che uno possono utilizzare.

L’ospedale San Giacomo, un ospedale fantasma in centro alla Capitale

Per capire come mai la Regione Lazio paga un ospedale che ha fatto chiudere bisogna fare un ulteriore passo indietro di altri cinque anni. Nel 2003, quando il Presidente della Regione Lazio era Francesco Storace, nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione fu deciso di creare una società, la San.Im Spa (di proprietà della Regione), alla quale l’ente vendette gli ospedali laziali (in tutto quasi una cinquantina di strutture) ad un prezzo pari a 1.949 milioni di Euro. San.Im. ha quindi ceduto ad una società veicolo (Cartesio) i crediti vantati verso le ASL e le Aziende Ospedaliere per il pagamento dei canoni di affitto. Cartesio ha emesso titoli sul mercato dei capitali, utilizzando i proventi dell’emissione per pagare a San.Im. i crediti ceduti. L’obiettivo era quello di risanare il debito della sanità regionale, però in cambio l’ente pubblico è tenuto a pagare, fino al marzo 2033, un canone d’affitto nei confronti delle aziende ospedaliere che hanno venduto alla San.Im gli immobili. L’ammontare complessivo del canone è di quasi 90 milioni l’anno. Per il San Giacomo la Regione quindi continua a pagare, e continuerà a farlo, quasi 2 milioni di euro all’anno. Alla fine dei trent’anni la Regione avrà pagato più di due miliardi di euro per riscattare le strutture (ovvero più di quanto ha incassato nel 2003).

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I canoni di affitto che la Regione Lazio deve pagare per l’operazione San.Im

Ma la storia del San Giacomo – che potrebbe essere un’utile struttura ospedaliera nel centro di Roma e che era un Dea di 1 livello e aveva un pronto soccorso – non finisce qui perché pochi mesi prima che Marrazzo decidesse di chiuderlo l’ospedale era appena stato ristrutturato con lavori da 20 milioni di euro. Naturalmente una buona parte del nuovo materiale che era stato acquistato è stata trasferita in altri ospedali ma alcuni interventi (come ad esempio quelli per approntare il reparto di rianimazione) sono strutturali e quindi non si possono “staccare” e portare in altri reparti. Il Corriere della Sera qualche tempo fa rivelava che nonostante la chiusura i lavori di ristrutturazione sono andati avanti fino al 2013. Da allora però l’ospedale è rimasto dimenticato (e abbandonato). Oltretutto sempre nel 2008 a pochi passi dall’ospedale venne aperto un presidio sanitario con degli ambulatori. Nel 2015 il gruppo consigliare del MoVimento 5 Stelle ha presentato un esposto alla Corte dei Conti avanzando l’ipotesi di danno erariale dal momento che i cittadini del Lazio pagano per un servizio che non esiste. Già nel 2009 la Corte dei Conti peraltro invitava «a riflettere se continuare a destinare denaro senza che vi sia, neppure in prospettiva, un beneficio effettivo per l’utenza». Nell’ottobre del 2016 l’assessore al Bilancio della Regione Lazio Alessandra Sartore rispondendo ad una interrogazione presentata dal consigliere Cinque Stelle Gianluca Perilli in merito all’ex ospedale San Giacomo spiegando che:

Da tempo gli uffici regionali preposti alla gestione del debito hanno attivato un percorso di analisi della complessa struttura contrattuale di Sanim. Si potrebbero effettuare due tipi di intervento: uno di natura complessiva, che prevede il riacquisto dei titoli obbligazioniari collocati da Cartesio e la contestuale chiusura dei contratti derivati stipulati nel 2003 e tuttora sussistenti, oppure un’operazione di natura parziale che preveda, attraverso l’individuazione di diverse forme di collateralizzazione, lo svincolo di alcuni immobili non più destinati a uso sanitario o suscettibili di politiche di valorizzazione pubblica, mantenendo al contempo intangibile l’operazione sotto il profilo finanziario e conseguentemente l’obbligo di corrispondere i canoni semestrali a Cartesio. Allo stato attualel’unico intervento sostenibile e’ quello della collateralizzazione, che faccia una sostituzione del bene a garanzia. Tale iniziativa consentirebbe di contemperare un’equa valorizzazione dei centri che attualmente si trovano cristallizzati.

Nel frattempo però l’ospedale rimane chiuso e soprattutto la Regione dovrà pagare tra poco meno di un mese la prima tranche annuale del canone d’affitto per una struttura di interesse pubblico, con 132 posti letto, che nessuno può utilizzare. Ci sarebbe anche da chiedersi sul motivo che ha spinto Marrazzo a chiudere il San Giacomo pur sapendo che avrebbe dovuto continuare a pagarlo. Qualcuno sospetta che dietro a questa decisione ci potesse essere una qualche forma di speculazione edilizia – vista la posizione centrale della struttura – mai andata in porto anche a causa del mutamento della situazione politica romana in quegli anni.

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