Sabino Cassese e l'evidente incapacità amministrativa dei grillini

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-09-01

Il professore suggerisce di prestare alla città una ventina di amministratori pubblici per aiutare i grillini che hanno un’evidente incapacità amministrativa

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Il professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, oggi sul Corriere della Sera fa tre proposte per Roma “per evitare che la Capitale soccomba”

Il primo è affidare le funzioni di rappresentanza a una persona diversa dal sindaco. Occorre riconoscere che oggi i sindaci di Roma, di una città dove risiedono due capitali (quella dello Stato e quella di una potenza mondiale, la Chiesa cattolica), sono caricati di una funzione da ciambellani, debbono ricevere capi di Stato, visitare pontefici, accompagnare personalità straniere in visita. Questo assorbe energie e «vizia», abituando chi dovrebbe gestire e amministrare a stare sotto la luce dei riflettori, accanto ai grandi nomi della vita internazionale.
Il secondo è dare alla Capitale un ordinamento speciale, come molte delle capitali del mondo (la Costituzione dispone espressamente che «la legge dello Stato disciplina il suo ordinamento»). Un ordinamento speciale che riconosca una realtà ineludibile: la duplicità di funzioni del potere locale romano,che è chiamato anche ad agire come capitale, quindi nell’interesse della intera nazione.

sabino cassese
In particolare, la terza è la più provocatoria: Cassese suggerisce di prestare alla città una ventina di amministratori pubblici per aiutare i grillini che hanno un’evidente incapacità amministrativa:

Ciò significa che,accanto al rappresentante scelto dal popolo, vi sia un gestore che goda dei poteri necessari a intervenire sullo svolgimento delle attività di interesse generale: per esempio, un organismo politico, un ministro senza portafoglio che faccia sentire nella città gli interessi del Paese e un organismo tecnico che dia attuazione alla cura di questi interessi. Questo era inizialmente chiaro ai «padri fondatori»: Quintino Sella, tra gli altri, pensò che la «città amministrativa» non dovesse essere lontana dalla stazione ferroviaria, perché non doveva servire i romani soltanto, ma anche tutti i cittadini italiani.
Il terzo punto è abbandonare il ragionamento cinico: lasciamo che i Cinque Stelle dimostrino quel che (non) sanno fare, in modo da far capire che una dirigenza politica e amministrativa non si improvvisa. Occorre invece riconoscere che l’evidente incapacità amministrativa di quel movimento politico danneggia romani e italiani, e che, quindi, vanno aiutati. Aiutarli vuol dire prestare alla città una ventina di sperimentati amministratori pubblici, capaci di costituire, con l’esempio, focolai di buona gestione, riconoscendo che per fare il buon amministratore non basta essere un politico onesto.

In realtà però Roma ha già avuto un esecutivo fatto di amministratori pubblici: quando il commissario era Tronca. E non si è notato l’oro scorrere per le vie della città nell’occasione.

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