Cosa c’è dietro la guerra del riso cambogiano di Salvini

Categorie: Economia, Fact checking

Al grido di "prima gli italiani" il ministro dell'Interno continua ad occuparsi di cose che esulano le sue competenze. Dopo la chiusura dei porti alle navi delle Ong (decisione che spettava a Toninelli) ora vorrebbe chiudere i porti alle navi cariche di riso cambogiano. Ma il commercio con l'estero sarebbe materia esclusiva del Ministero dello Sviluppo Economico di Di Maio. E c'è dell'altro che Salvini non racconta

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini continua con la sua strategia di propaganda per monopolizzare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Dopo la battaglia navale a colpi di tweet contro le Ong che operano al largo delle coste della Libia all’interno della zona SAR di competenza italiana il Segretario della Lega continua ad occuparsi di porti. La nuova lotta del ministro contro l’invasione (c’è sempre un’invasione da combattere) non è contro persone inermi ma contro merci d’importazione. Salvini infatti ha annunciato di voler chiudere i porti al riso proveniente dalla Cambogia. «Abbiamo finito di fare gli zerbini – ha detto al Corriere della Sera –  Dopo le navi delle Ong, potremmo fermare anche quelle che arrivano nei nostri porti cariche di riso cambogiano».



Perché il riso cambogiano viene importato senza dazi?

Non è chiaro come mai Salvini si occupi di dazi e commercio con l’estero. Così come per la chiusura dei porti alle navi delle Ong, che viene decisa dal Ministero dei Trasporti, anche l’imposizione di di blocchi doganali alle merci d’importazione esula dalle competenze del Viminale (in teoria è materia per il Ministero dello Sviluppo Economico). Al limite la questione del riso straniero potrebbe coinvolgere il ministro per gli Affari Europei visto che la vicenda del riso che viene da Cambogia e Birmania/Myammar rientra nella casistica del regolamento europeo denominato Everything but Arms (EBA) che prevede l’abolizione di dazi e quote per i prodotti (esclusi gli armamenti) provenienti dai paesi meno sviluppati. In totale circa una cinquantina di stati hanno ottenuto l’accesso al mercato europeo grazie ad EBA.



L’obiettivo del programma è quello di aiutare i paesi in via di sviluppo a migliorare le proprie condizioni economiche garantendo loro un accesso al mercato europeo. L’idea in poche parole è quella di “aiutarli a casa loro” in modo da creare le condizioni per un miglioramento delle condizioni di vita (e quindi evitare l’emigrazione verso i paesi più ricchi). Una volta che uno stato esce dalla lista dell’ONU dei paesi in via di sviluppo perde la possibilità (dopo tre anni) di beneficiare dell’accordo EBA con l’Unione Europea. Va da sé quindi che il riso cambogiano (e birmano) temuto da Salvini non arrivi solo in Italia ma in tutti i paesi dell’Unione Europea.

Quanto riso arriva da da Cambogia e Myanmar?

Il problema però è che il nostro Paese – con il 50% della produzione totale – è il principale produttore di riso della UE. L’importazione senza dazi del riso proveniente da Cambogia e Myanmar ha quindi contribuito a far scendere il prezzo del riso italiano. Secondo Coldiretti ogni anno dal sud-est asiatico arrivano 35 milioni di chili di riso e le importazioni hanno fatto crollare i prezzi conferiti agli agricoltori italiani del 58% per l’Arborio, del 57% per il Carnaroli e del 37% per il Vialone Nano. Nel frattempo negli ultimi cinque anni (ma l’EBA agreement è in vigore dal 2006) le importazioni di riso birmano e cambogiano entrate nella Ue sono salite rispettivamente dal 13% al 21% e dallo 0% al 5 per cento. Il che però non significa che tutto il riso importato in Italia provenga proprio dai quei due paesi, che in questi giorni vengono additati come “nemici” dell’Italia



Il valore degli scambi commerciali tra Italia e Cambogia [Fonte: MISE]

Ed è per questo motivo che l’Italia ha chiesto all’Unione di aprire un’inchiesta per valutare le ripercussioni dell’apertura delle frontiere al riso asiatico sul mercato europeo (e italiano). Già a marzo 2018 il MISE (all’epoca c’era Calenda) aveva espresso «grande soddisfazione per l’avvio dell’inchiesta. L’auspicio è che porti in tempi brevi al ripristino dei normali dazi doganali sulle importazioni di riso Indica dalla Cambogia e dal Myanmar». Insomma Salvini non starebbe facendo nulla di nuovo, anche se è noto che un anno fa il ministro aveva incontrato alcuni dei risicoltori che hanno fondato il movimento di tutela del riso italiano il “Dazio è tratto” che chiedevano appunto il ripristino dei dazi. Dazi che avrebbero l’obiettivo di far salire i prezzi in modo da tutelare gli agricoltori ma che avrebbero come conseguenza quella di “impoverire” i consumatori italiani.

Il valore degli scambi commerciali tra Italia e Myamnar [Fonte: MISE]

Sarà necessario quindi cercare una mediazione, soprattutto a livello europeo perché agendo unilateralmente l’Italia non riuscirebbe certo a risolvere la situazione (il riso arriverebbe in Europa da altri porti, e da lì in Italia). La battaglia del riso contro la Cambogia inoltre non tiene conto del fatto che il riso non è nemmeno tra i primi tre prodotti della Cambogia importati dall’Italia; rappresenta appena il 3% dell’import totale da quel paese. Per la Birmania/Myanmar il riso non rientra nemmeno nella lista dei primi sei prodotti importati. Quindi anche ammesso che Salvini riuscisse a chiudere i porti italiani al riso cambogiano i nostri coltivatori si troverebbero lo stesso a dover combattere con i risicoltori del sud est asiatico sul mercato europeo. E a questo punto rimane un interrogativo, da dove viene il riso importato in Italia? Se non provenisse dai paesi che beneficiano dell’accordo EBA significherebbe che i dazi ci sono già. E allora il problema non sarebbe “fuori” ma “dentro”, ovvero riguarderebbe la capacità dell’agricoltura italiana di essere competitiva.

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