Come la Lega ha “dimenticato” di dare al Sud i soldi che gli doveva in base alla legge Calderoli

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-04

La legge sul federalismo fiscale del 2009 prevedeva che lo Stato colmasse integralmente – tramite un fondo perequativo – il gap tra la capacità fiscale e il fabbisogno degli enti locali. Però non è avvenuto. E quando nel 2015 Giorgetti chiese una simulazione della perequazione al 100% i dati poi non vennero resi pubblici, perché?

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«Se fosse stata applicata la legge Calderoli ai comuni del Sud sarebbero arrivati decine e decine di milioni in più, anche centinaia». Così ieri a In mezz’ora in più Sigfrido Ranucci ha anticipato i contenuti dell’inchiesta di Report sul federalismo fiscale che andrà in onda questa sera. Di cosa stiamo parlando? Dei trasferimenti dallo Stato centrale ai Comuni, secondo Report e OpenPolis il federalismo fiscale non è stato pienamente attuato e non funziona come dovrebbe.

Come dovrebbe funzionare il Federalismo Fiscale con la Legge Calderoli

Perché se la distribuzione di finanziamenti e risorse funzionasse come previsto dalla Costituzione e dalla stessa legge sul Federalismo Fiscale (legge 42/2009 detta “Legge Calderoli”) le cose andrebbero diversamente. Ad esempio la legge prevedeva di istituire il fondo perequativo: un fondo di solidarietà dei comuni (che nel 2015 ammontava a 747 milioni di euro) che avrebbe dovuto coprire integralmente la differenza tra la capacità fiscale di ogni comune (sostanzialmente i proventi di IMU e TASI) e il fabbisogno per i servizi ai cittadini. Report spiega che “i ricchi hanno chiesto e ottenuto uno sconto” per cui oggi il meccanismo «si applica per il 22,5% per il resto lo Stato versa ai comuni le risorse sulla base della spesa storica».

Il che rappresenta un problema, soprattutto al Sud. In un’audizione del 2015 alla Commissione bicamerale federalismo presieduta all’epoca dall’onorevole Giancarlo Giorgetti la Direttrice generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze Fabrizia Lapecorella spiegò che il criterio della ripartizione delle risorse basato sulla spesa storica «è una misura inadeguata della capacità fiscale e il motivo è che il differenziale tra l’ammontare di gettito raccolto dai governi regionali locali e la capacità fiscale è collegato al diverso grado di compliance dei contribuenti, a parità di sforzo impositivo. Dunque, il criterio della ripartizione basato sulle risorse storiche, quello che è stato utilizzato per l’80 per cento della ripartizione del fondo, anzitutto ha questo primo problema, ossia di scontare la differenza di compliance nei diversi comuni».

Quando Giorgetti chiedeva simulazioni sul fondo perequativo per i comuni

Ad un certo punto il Presidente Giorgetti chiede cosa succederebbe «se applicassimo non il 20 per cento, ma il 100 per cento della perequazione». Quale sarebbe l’effetto di una perequazione piena? L’onorevole leghista commenta che «i dati probabilmente sarebbero scioccanti, magari ce li fate avere in modo riservato o facciamo una seduta segreta, come avviene in Commissione antimafia».

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Quei dati – che la dottoressa Lapecorella aveva promesso di trasmettere alla Camera – secondo Report non sono mai stati resi pubblici e non sono stati messi agli atti della seduta della Commissione. Giorgetti dice di non ricordarsi se sono stati trasmessi, altri sostengono non siano mai arrivati. Eppure sarebbe molto interessante sapere quali dati avevano raccolto i tecnici del Ministero nelle loro simulazioni. «E perché Giorgetti non li voleva?» ha chiesto ieri Lucia Annunziata a Ranucci. Il conduttore di Report ha risposto «perché c’era da pagare tantissimo anche ai comuni del Sud».

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Chi ci perde con il federalismo (Il Mattino, 4 novembre 2019)

I problemi guarda caso sono iniziati a partire dal 2014-2015, ovvero con la fine del regime transitorio di cinque anni stabilito dalla legge 42 del 2009. I cittadini dei comuni del Sud sono quelli che risultano essere maggiormente penalizzati dal sistema di ripartizione dei finanziamenti attualmente in vigore. Inoltre, spiegava Lapecorella: «ciascun comune che ha una capacità fiscale inferiore ai fabbisogni standard non riceve il 100 per cento di questa differenza, ma soltanto il 45,8 per cento». In pratica i Comuni raccolgono meno soldi di quanto sarebbe necessario per coprire i fabbisogni ma lo Stato non ridistribuisce tutto quello che manca per arrivare a coprire il 100% del fabbisogno. Questo significa meno risorse per i cittadini, ed è evidente che il fondo di solidarietà così come è attuato non è in grado i colmare il gap (che è complessivamente di circa 8 miliardi). Eppure la Legge prevedeva che la perequazione coprisse la differenza tra il fabbisogno standard e il gettito dei tributi ad essi dedicati. Come è potuto succedere che nel passaggio dalla fase transitoria a quella a regime del Federalismo Fiscale sia sia deciso sostanzialmente di lasciare indietro molti comuni del Sud? Chi ha deciso di non finanziare il Fondo in maniera da garantire la ripartizione delle risorse a livello territoriale?

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