Renzi si rimangia la riforma del Senato?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-04-17

In un’intervista a Repubblica il premier immagina di mantenere Palazzo Madama senza il bicameralismo paritario. Ma così i percorsi delle leggi tornerebbero ad essere lenti. E i risparmi dove finiscono?

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“Cambiare la riforma costituzionale? Tornare al Senato elettivo? Per me si può fare. L’importante è che si abbandoni il bicameralismo paritario”. Così il premier Matteo Renzi in un colloquio con Claudio Tito su Repubblica in cui evidenzia un “elemento di novità: la minoranza la guida Bersani, e Pierluigi ieri ha aperto la trattativa”. Come potrebbe tornare il Senato elettivo? A rispondere è lo stesso Tito nell’articolo:

Il problema in questo caso può essere regolamentare. I testi costituzionali votati “conformemente” dalle due Camere, nell’ultima lettura non possono essere modificati. Questo sarebbe il caso dell’articolo 2. Ma l’ostacolo può essere aggirato. I “tecnici” di Palazzo Chigi hanno già individuato una piccola ma determinante falla nella “conformità” delle copie approvate prima dal Senato e poi dalla Camera. Nell’ultima lettura è stata cambiata una preposizione nella formulazione dell’artico- lo. “La durata del mandato dei senatori – recitava il testo licenziato da Palazzo Madama – coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali “nei” quali sono stati eletti”. A Montecitorio la preposizione “nei” è stata modificata in “dai”. Un ritocco che può consentire di rimettere completamente mano alla riforma costituzionale, rispolverando così il Senato elettivo. A quel punto, semmai, si dovrà aprire il capitolo dei “costi della politica”: uno degli elementi che hanno accompagnato l'”abolizione” del Senato si basava sulla cancellazione dello stipendio dei senatori. Ma se i componenti di Palazzo Madama saranno eletti, potranno non ricevere un’indennità?

Ma ci sono due ostacoli piuttosto grossi per questa soluzione.

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Come funziona l’Italicum (Corriere della Sera)

RENZI SI RIMANGIA LA RIFORMA DEL SENATO?
Il primo è che il premier però precisa che non può tornare il bicameralismo paritario. Il bicameralismo perfetto è il meccanismo per il quale una legge, per essere promulgata, deve essere approvata nella stessa forma da camera e senato. Con la cancellazione del Senato ogni lettura di legge diventava unica: quindi una volta che la Camera la approvava, l’iter di una legge era finito. Oggi invece una legge ha bisogno di un doppio passaggio nella sua identica forma, il che significa che se una norma approvata alla Camera viene modificata al Senato, poi deve tornare in lettura alla Camera per la definitiva approvazione. Come intende superare Renzi il bicameralismo paritario? L’ipotesi più semplice è che una legge venga promulgata dopo doppia lettura di Camera e Senato, ma facendo cadere il principio del testo identico. E quindi una legge può essere modificata alla Camera, ulteriormente modificata al Senato (magari in senso contrario) e quindi essere promulgata (oppure il contrario partendo dal Senato). Un meccanismo in cui verrebbe meno il principio dell’approvazione identica, e che quindi renderebbe di volta in volta una delle due camere “inutile”. Anche se il meccanismo sarebbe più veloce di com’è adesso, verrebbe a cadere la motivazione della semplificazione alla base della rottura del bicameralismo perfetto e della cancellazione dell’istituzione. E poi: i risparmi programmati dall’abolizione del Senato andrebbero in fumo, visto che a questo punto gli eletti di Palazzo Madama sarebbero uguali agli eletti di Montecitorio, e quindi avrebbero trattamenti economici identici (anche perché fare in modo che non lo siano porterebbe a ricorsi e a una debolezza generale della legge). Insomma, sarebbe un vero rimangiarsi il sistema che aveva presentato come funzionale, da parte del presidente del Consiglio. Insieme ai risparmi. Davvero è l’unica strada per un accordo?
EDIT: Da Palazzo Chigi arriva una precisazione sull’intervista:

Fonti di Palazzo Chigi ribadiscono che la posizione del Presidente del Consiglio sulle riforme e’ quella chiaramente espressa nel discorso al gruppo del Pd e ribadita con nettezza ieri a Georgetown: e cioe’ che non si torna indietro, che la legge elettorale va approvata come e’ uscita dal Senato e che nessuno puo’ bloccare le riforme. Il Pd – spiegano – ha votato la propria linea sulla legge elettorale alle primarie, in direzione piu’ volte e in assemblea di gruppo con maggioranze schiaccianti o addirittura all’unanimita’. Quindi ribadiscono che sulla riforma costituzionale si va avanti, con un confronto parlamentare di merito, ma senza nessuno scambio o concessione. Parlare di “offerta ai ribelli” sulla carta costituzionale e’ fuori dalla realta’, sottolineano le fonti, precisando che Renzi ha invece ribadito la propria disponibilita’ a un confronto nel merito, nel corso del suo intervento al gruppo del Pd dell’altra sera.

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