Il referendum sulle riforme spostato al 6 novembre?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-07-08

L’ipotesi rinvio rispetto all’ultima domenica di ottobre. Anche lo spacchettamento in più quesiti sul tavolo

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Il referendum sulle riforme slitta al 6 novembre? La notizia la racconta la Stampa, che fa sapere che il premier era orientato a votare l’ultima domenica di ottobre. Ma poi, consultando il calendario, qualcuno si è accorto che c’è il ponte dei Santi, una tentazione irresistibile per gli astensionisti. «Per cui l’orientamento ora è quello di votare la nuova Costituzione il 6 novembre prossimo. I Radicali insistono per uno spacchettamento dei quesiti e Renzi, interpellato in proposito dal Presidente, per la prima volta non ha eretto barricate: «Io preferisco un sì o un no all’intera legge», ha risposto, «ma se ne può discutere». Purché serva a riportare il dibattito sui contenuti veri della riforma».

referendum renzi novembre
I numeri al Senato (La Repubblica, 8 luglio 2016)

Anche Carmelo Lopapa parla di ipotesi spostamento al 6 novembre, ma la questione sul banco è quella della tenuta della maggioranza di Renzi dopo i guai di Alfano dentro e fuori il suo partito.

Ma giù dal Colle, al Senato soprattutto le fibrillazioni di questi giorni, le minacce dei centristi delusi, dei nostalgici berlusconiani e dei verdiniani insoddisfatti, perfino l’inchiesta Labirinto che ha scosso Angelino Alfano e il suo Ncd hanno lasciato il segno. Non avranno tuttavia contraccolpi parlamentari, è la tesi dello stesso Alfano, dopo un chiarimento schietto coi suoi, Renato Schifani in testa, in vista della riunione di gruppo della prossima settimana. Otto gli “indiziati”, tentati dal sostegno esterno se non da un abbandono per tornare al centrodestra. «È tutto rientrato, ho avuto precise garanzie di lealtà – ha spiegato a fine giornata il ministro dell’Interno al ritorno da Fermo – non ci saranno sgambetti dei miei ed è un rientro strutturale, non temporaneo». Anche Schifani ha smentito imminenti “imboscate”: «Non ce ne saranno sul dl enti locali». Chi aggiorna di ora in ora il pallottoliere aggiunge ai 165 voti certi di maggioranza almeno 11 “leali” senatori di Verdini (Ala) su 18 e un drappello di 4 dei 18 parlamentari del variegato gruppo Gal presieduto da Mario Ferrara (ovvero Paolo Naccarato, Riccardo Villari, Michele Davico e Angela D’Onghia). A conti fatti 180 voti a favore della maggioranza a fronte dei 161 necessari (è una legge di bilancio). Un margine di sicurezza, per ora. Ma le frizioni e le voglie di fuga, soprattutto nei gruppi centristi, non mancano, al più sono sopite, a Palazzo Madama. Intanto, se il voto sul provvedimento sulla tortura (ieri il verdiniano Falanga ne ha chiesto il rinvio), occuperà l’aula per un paio di giorni, il dl enti locali previsto per mercoledì potrebbe anche slittare alla settimana successiva. Quando le acque potrebbero essere meno agitate per la maggioranza. Anche perché le incognite restano. Tra i 18 verdiniani di Ala si contano sette in ambasce. Uomini di Cosentino e non solo. Falanga, Langella, D’Anna, Auricchio e poi Ruvolo Schiavone, Compagnone. «Non vedo quale sia il problema, non siamo organici alla maggioranza, non capisco le pressioni del Pd, noi votiamo solo quel che ci convince», taglia corto Ciro Falanga». Per non dire del catino in fermento dei 28 del gruppo misto. Nove in teoria con Renzi (tra loro Bondi e Repetti), ma 19 sul piede di guerra, nella calda estate pre referendum.

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