Il Fatto e il referendum del PD sull’alleanza con il M5S

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Il giornale di Travaglio torna sull'ipotesi di una consultazione tra gli iscritti PD per il via libera a un governo M5S. Ma...

Il Fatto Quotidiano oggi registra una presunta “convergenza” nel Partito Democratico sull’ipotesi di fare un referendum tra gli iscritti per l’appoggio a un teorico governo del MoVimento 5 Stelle. L’ultimo a dichiararsi favorevole, sostiene il quotidiano, è Gianni Cuperlo: “L’idea di coinvolgere gli iscritti del Pd su qualunque decisione dovesse essere assunta la considero assolutamente giusta e molto convincente per tante ragioni”, ha detto il parlamentare triestino a margine di un convegno della sinistra dem. Cuperlo ha aggiunto di non vedere “in questo momento le condizioni per un accordo tra Pd e 5Stelle”, ma ha anche negato che il suo partito debba “ritirarsi sull’Aventino”, rifiutando a priori qualsiasi forma di collaborazione nella ricerca di una via di uscita dall’attuale stallo politico. La formula, che è la stessa pronunciata dal segretario reggente Maurizio Martina, si presta a una certa ambiguità: restiamo all’opposizione, ma “se ci fosse un appello del capo dello Stato…”.



È il secondo giorno consecutivo che il Fatto apre con l’ipotesi di referendum, mostrando di tenere evidentemente più a una non-costruita alleanza tra PD e M5S rispetto all’evidente spauracchio del governo M5S-Lega, che invece sembra un’ipotesi molto più apprezzata di quella del giornale di Travaglio tra gli elettori dei due partiti. Il Fatto registra anche aperture sulla consultazione da parte di chi, però, sembra avere un obiettivo diverso dal suo: ovvero, come la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, quello di scongiurare qualsiasi ipotesi di alleanza tra PD e M5S. Rimangono comunque le perplessità di ieri intorno alla proposta: la SPD in Germania ha fatto votare gli iscritti su un accordo con la Merkel che prevedeva, ad esempio, una serie di punti in comune nel programma e l’assegnazione di molti ministeri-chiave ai socialdemocratici. Il curioso concetto di democrazia esposto qualche giorno fa da Luigi Di Maio non sembra andare in questa direzione, visto che nella conferenza alla sede della Stampa Estera il caudillo ha sostenuto che gli elettori “hanno scelto” lui e il suo governo, che avrebbe “un’investitura popolare” (la prima nel mondo con il 32% dei suffragi, evidentemente). Quello che manca nel ragionamento del Fatto è che si può votare su una proposta se quella proposta c’è. Se la proposta è “dateci la fiducia e poi vediamo” allora non è una proposta: è una presa in giro.



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