Referendum costituzionale, si vota il 4 dicembre

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-09-26

Il governo è orientato a far andare alle urne il 4 dicembre, la stessa data delle Presidenziali austriache. Nel frattempo non accenna a sgonfiarsi la polemica pretestuosa sull’illegittimità del testo del quesito referendario. EDIT: il governo ha deciso, si vota il 4 dicembre

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Oggi durante il Consiglio dei Ministri verrà resa nota la data nella quale si terrà il referendum sulla riforma costituzionale. Sarà il 4 dicembre la data che il Governo ha intenzione di scegliere per il referendum costituzionale? L’altra opzione attualmente sul tavolo, quella del 27 novembre, pare sarà scartata dal momento che il Presidente del Consiglio vorrebbe legare il voto sulla riforma costituzionale ad un altro voto importante per il futuro europeo, quasi a voler sottolineare che la cosiddetta riforma Boschi non mette in gioco solo il suo futuro politico ma anche e soprattutto il destino della Nazione e dell’Europa.
EDIT: Il CdM ha deciso, si vota il 4 dicembre
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La data del referendum costituzionale

Ma perché il 4 dicembre sarebbe una data importante? Dino Martirano sul Corriere della Sera di oggi spiega che in quella data sono già state fissate le elezioni presidenziali austriache e per questo Renzi la preferirebbe al 27 novembre proprio per poter dare maggior risalto in chiave europea alla votazione sulle riforme italiane. Ma non è solo questo il motivo, qualche giorno fa il Premier aveva annunciato di voler scegliere una data che causasse il minor numero di polemiche possibile: se si votasse a dicembre ci sarebbe il tempo sufficiente per fare campagna elettorale (per il Sì o per il No) evitando il ripetersi delle polemiche sui tempi eccessivamente stretti concessi per la campagna sul referendum “sulle trivelle”. Inoltre entro il 4 dicembre la legge di stabilità dovrebbe essere stata approvata almeno in una delle due Camere e quindi il Governo potrebbe anche giocare la carta delle proposte e degli stanziamenti inseriti nella legge. Il testo del quesito referendario, al quale gli elettori saranno chiamati a votare Sì oppure No dovrebbe invece essere il seguente (Matteo Renzi l’ha fatto vedere a Otto e Mezzo qualche sera fa):

Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titoo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?

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La polemica sul testo del quesito referendario

Come è ovvio per chi segue le vicende della politica italiana anche riguardo alla scheda referendaria si sono scatenate numerose polemiche da parte del fronte del No che sostiene che in realtà il testo del quesito sia stato scritto in un modo subdolo per convincere l’elettorato a votare Sì. In fondo, sostengono in molti a partire da Marco Travaglio, chi non direbbe sì a provvedimenti come la riduzione del numero dei parlamentari e al contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni? A parole si tratta di argomenti presenti nei programmi elettorali degli ultimi dieci anni di tutti gli schieramenti politici. Eppure sostengono alcuni si tratterebbe di un misero trucchetto perché la “riduzione del numero dei parlamentari” è esigua e anche riguardo al contenimento dei costi della politica c’è chi dubita che la riforma costituzionale possa avere qualche effetto concreto. Ma a parte la discussione nel merito della riforma il testo formulato in questo modo è davvero illegittimo? In realtà, come spiega il professore di diritto costituzionale Alfonso Celotto sull’Huffington post il testo è perfettamente in linea con la normativa riguardante la stesura dei quesiti referendari. L’articolo 16 della legge n. 352 del 1970 recante Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo prevede infatti che:

Il quesito da sottoporre a referendum consiste nella formula seguente: «Approvato il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli …) della Costituzione, concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?»; ovvero: «Approvate il testo della legge costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?».

È noto che il nome della “riforma Boschi” sia effettivamente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» perché questo è il titolo della legge costituzionale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 aprile 2016. Il quesito non fa altro che riportare il titolo della riforma costituzionale che riporta alcuni degli aspetti principali della riforma (non tutti però). Non possiamo escludere che Renzi avesse in mente che scegliendo di dare questo nome alla legge e non un anonimo “Riforma degli organi parlamentari” avesse in mente di poter trarre qualche – minimo – vantaggio in sede referendaria, ma questo è concesso dalle regole democratiche del nostro Paese. Certo, anche il titolo della riforma avrebbe potuto essere emendato e quindi cambiato durante le fasi di gestazione della legge, eppure non è stato fatto. Quindi politici come Brunetta che in questi giorni stanno denunciando “la furbata” del Governo non hanno titolo per lamentarsi. Secondo il radicale Mario Staderini invece la colpa finale ricade però sui presidenti di Camera e Senato che non sono intervenuti a modificare il titolo della legge perché non rispettava i principi di unicità e sistematicità del testo. Del resto però la legittimità del quesito è stata sancita già nell’agosto scorso anche dall’ufficio centrale per il referendum della Corte di Cassazione. Riassumendo: il testo del quesito è perfettamente legittimo (anche se fuorviante) perché rispetta le norme in materia. Eppure il CODACONS ha annunciato oggi di voler presentare un ricorso al Tar del Lazio e in Cassazione (la stessa che ha approvato il testo) perché

la formulazione della domanda posta agli elettori potrebbe violare l’articolo 16 della legge n. 352 del 1970, secondo cui, in caso di referendum costituzionale, è necessario indicare gli articoli interessati e specificare i contenuti degli stessi. La costruzione della domanda oggetto del prossimo referendum non solo non risponde a tali criteri, ma induce in errore i cittadini, poiché mira a sbilanciare la risposta verso il ‘si”, utilizzando formule quali ‘la riduzione del numero dei parlamentari’, ‘il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni’, ‘la soppressione del Cnel’. Pur trattandosi del titolo della riforma Boschi, si tratta di domande alle quali chiunque, in assenza di ulteriori specifiche, risponderebbe “si”, ma che non sono sufficienti a far comprendere agli elettori il senso stesso della riforma

Non è vero però che l’articolo di legge citato dall’associazione di Carlo Rienzi obbliga a indicare gli articoli interessati e a specificare i contenuti degli stessi. L’articolo di legge in oggetto obbliga solamente a indicare quale provvedimento di legge viene sottoposto a referendum (è citato qui sopra). Secondo la logica del CODACONS non sarebbero stati ammissibili nemmeno quesiti referendari come quelli del 2001 e del 2006 che erano rispettivamente:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche al titolo V della parte seconda della costituzione” approvato dal parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001?
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche alla parte II della costituzione” approvato dal parlamento e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?

Il CODACONS ritiene quindi utile agire legalmente perché il testo del quesito “non è atto a rappresentare il contenuto delle norme che si vogliono modificare o conservare, e non garantisce trasparenza ne’ ai cittadini che intendano votare sì, nè a quelli propensi per il no“. Non è ben chiaro sulla base di quale legge il CODACONS voglia ricorrere al Tar, visto che la legge che specifica il contenuto del quesito è stata rispettata. Ma il motivo di questi ricorsi del CODACONS è noto, quindi possiamo stare abbastanza sicuri che il testo non verrà modificato.
 

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