A cosa serve il referendum per l'autonomia del Veneto e della Lombardia?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-09

Un referendum consultivo senza quorum per chiedere allo Stato di concedere lo statuto di regione autonoma a Veneto e Lombardia. In caso di vittoria Zaia e Maroni dovranno iniziare lunghe trattative col Governo ma il risultato immediato sarebbe sicuramente un balzo avanti della Lega Nord per le prossime elezioni politiche

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Qualcuno l’ha già chiamato Nordexit ma non sarà una vera indipendenza del lombardo-veneto dall’Italia. Lombardia e Veneto rimarranno parte della Repubblica Italiana ma chiederanno maggiore autonomia, sul modello di quella concessa alle regioni autonome e in particolare del modo con cui viene gestita dalle province di Trento e di Bolzano. In poche parole l’indipendenza che Veneto e Lombardia, regioni guidate dai leghisti Luca Zaia e Roberto Maroni, è soprattutto fiscale, niente a che vedere con i sogni di indipendenza della Padania che la Lega Nord accarezza da vent’anni. L’obiettivo dichiarato infatti è quello di far rimanere sui rispettivi territori il 90% delle tasse versate dai cittadini veneti e lombardi.
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Che tipo di autonomia chiedono Veneto e Lombardia

La notizia del giorno, che ha fatto tweettare di gioia il Presidente della Lombardia Roberto Maroni che ha detto che “Vittorio Feltri è il più grande giornalista vivente” è che Libero e Feltri hanno annunciato che sosterranno le ragioni del Sì al duplice referendum. Non si sa quando si terrà il referendum perché il Governo ha detto di non essere disponibile a far tenere la consultazione referendaria, che riguarderà unicamente i 15 milioni di cittadini di Lombardia e Veneto, con le amministrative di aprile. Maroni e Zaia hanno espresso l’intenzione di andare al voto assieme e quindi per il momento sembra probabile che veneti e lombardi andranno alle urne ad inizio di ottombre 2017. Su Libero Feltri ha scritto che il referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto potrebbe addirittura salvare l’Italia, di certo se tutta l’operazione andasse in porto (ed è un grande se) si parla di circa 70 miliardi di euro (53,9 miliardi per la Lombardia e 18,2 miliardi per il Veneto) di residuo fiscale – vale a dire la differenza tra entrate provenienti dalle tasse e spese – che invece che essere trasferiti allo Stato centrale potrebbero rimanere sui territori ed essere investiti per servizi al cittadino e per far ripartire la locomotiva del Nord Est. Locomotiva che ormai però ha ampiamente delocalizzato in altri paesi dove il costo del lavoro è nettamente inferiore. Ed è tutto da vedere quanto peseranno sul bilancio dello Stato, soprattutto per le regioni del Sud quei 70 miliardi che rimarranno al nord. Secondo Feltri spronerebbe le regioni indebitati a darsi da fare per risolvere inefficienze e ridurre gli sprechi e questo sulla carta nel corso degli anni potrebbe anche essere vero, nella realtà delle cose però non è chiaro come potrebbero riuscirci in poco tempo.

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Fonte: Libero del 09/03/2017

A chi serve il referendum sull’indipendenza fiscale?

In realtà non è automatico che ad un’eventuale vittoria dei Sì (i voti in Veneto e in Lombardia verranno ovviamente conteggiati separatamente) ai due quesiti referendari il Governo possa concedere l’autonomia fiscale alle due Regioni a guida leghista. Quello che i cittadini del lombardo-veneto andranno a votare è infatti un referendum consultivo senza quorum in base al quale i due presidenti poi potranno dire di avere il mandato popolare per andare ad intavolare con il Governo una trattativa sul contenuto degli articoli 116, 117 e 119, della Costituzione ovvero gli articoli che istituiscono l’autonomia amministrativa delle cinque regioni a statuto speciale, che regolano le competenze esclusive dello Stato e delle Regioni e che definiscono gli aspetti e i limiti dell’autonomia finanziaria degli enti locali. Zaia e Maroni sono convinti che la maggior parte dei loro concittadini si esprimerà a favore di una maggiore autonomia, anche in virtù degli schieramenti emersi in Consiglio Regionale Veneto dove assieme al Centrodestra anche il MoVimento 5 Stelle ha votato a favore per l’approvazione dell’istituzione del referendum (il PD si è astenuto). L’ostacolo maggiore non è quindi la vittoria dei sostenitori dell’autonomia fiscale, dell’indipendenza degli schei, ma quello che succederà dopo. Con chi tratteranno Maroni e Zaia? Con il Governo Gentiloni (se ci sarà ancora) o aspetteranno di vedere chi vincerà le elezioni politiche se si andrà a scadenza naturale della legislatura, quindi nel 2018? Le richieste delle due Regioni sono chiare ma in una trattativa dovranno cedere qualcosa per portare a casa il risultato. Dulcis in fundo: per rendere concreta l’autonomia di Veneto e Lombardia sarà necessaria una modifica costituzionale, quindi una legge costituzionale. È abbastanza evidente che in questa Legislatura il Parlamento non potrà fare alcuna legge di modifica della Costituzione (l’articolo 116 richiede che l’intesa tra lo Stato e la Regione venga approvata dalla maggioranza assoluta in entrambe le Camere), ed è da vedere se nel prossimo la maggioranza avrà i numeri e la capacità di trovare un accordo. Di questo però nulla si sa e non si parla ancora, meglio cullare sogni di gloria (e di vittoria) che sicuramente verrebbero usati dalla Lega Nord per darsi una grande spinta in vista delle prossime elezioni politiche. E forse è tutto qui il senso dell’operazione autonomista di Zaia e Maroni, dare una mano al Salvini Nazionale ad arrivare al Governo. C’è quindi da chiedersi, ha senso far pagare ai cittadini (veneti o lombardi) il costo della propaganda leghista?

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