A cosa serve il referendum sull'autonomia di Veneto e Lombardia (non è per niente chiaro)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-10-18

È il più grande spot elettorale della Lega Nord degli ultimi anni, a pagare sono tutti i cittadini di Lombardia e Veneto ma Roberto Maroni e Luca Zaia ancora non hanno detto chiaramente quale “ulteriore forma di autonomia” vogliono e come pensano di ottenerla

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Domenica 22 ottobre i cittadini della Lombardia e del Veneto saranno chiamati a votare al referendum su una materia alquanto misteriosa: l’autonomia. È giunta l’ora per le due regioni del Nord di affrancarsi dalla “schiavitù” da Roma oppure l’autonomia significa qualcos’altro? Quel che è certo è che né Lombardia né Veneto diventeranno, la sera del referendum, Regioni a statuto speciale. E nemmeno la concessione dell’autonomia sarà automatica perché le due Regioni dovranno intavolare una trattativa con il Governo e successivamente le “ulteriori forme di autonomia” dovranno essere approvate dalle Camere a maggioranza assoluta.

Cosa succederà dopo il 22 ottobre?

C’è insomma ancora molto che può andare storto sul percorso dell’autonomia. In Lombardia e in Veneto si è scelto di usare lo strumento del referendum per assicurarsi che il Governo tenga conto della volontà popolare ma in effetti non c’era alcun bisogno di arrivare alla consultazione elettorale. La Costituzione prevede che lo Stato possa raggiungere un’intesa con la Regione ma non menziona il referendum. Insomma probabilmente Luca Zaia e Roberto Maroni potevano trattare con lo Stato centrale la concessione di condizioni particolari di autonomia anche senza spendere i 64 milioni di euro utilizzati per il più costoso spot elettorale della Lega Nord a spese dei cittadini.

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Uno dei manifesti elettorali della campagna di Zaia per le Regionali del 2015

In fondo in Veneto Zaia già durante la campagna elettorale del 2015 prometteva un Veneto “autonomo e indipendente”. Appena due anni fa maggioranza dei veneti lo ha eletto come Presidente dandogli il mandato per avanzare le richieste di autonomia a Roma. L’indipendenza invece “è un fascicolo chiuso” come ha detto ieri il capogruppo leghista in Consiglio regionale Nicola Finco. Eppure Zaia ritiene che sia necessario avere il mandato del popolo veneto per poterne parlare – a fine legislatura – con il Governo. Se è abbastanza scontato che i Sì vinceranno sia in Lombardia che in Veneto (dove sarà però necessario superare il quorum) è improbabile che l’autonomia sia un discorso che sarà affrontato dall’attuale maggioranza di governo. In Lombardia e in Veneto M5S e alcuni esponenti del PD hanno deciso di cavalcare la tigre del referendum, soprattutto per non lasciare che la vittoria sia esclusivo merito della propaganda leghista.

Quale autonomia per Veneto e Lombardia?

Ma veniamo al merito di quello che succederà dal 22 ottobre in poi. L’articolo 117 della Costituzione (oggetto del fallito tentativo di riforma costituzionale Renzi-Boschi) stabilisce quali sono le “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni.

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Fonte: Corriere della Sera del 18/10/2017

Queste materie, che vanno dalle relazioni internazionali delle Regioni con la UE alla protezione civile passando per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario potranno tutte oggetto di un’eventuale intesa sulle ulteriori forme di autonomia.

rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

L’articolo 116 stabilisce inoltre che le materie indicate dal secondo comma dell’articolo 117 (ovvero quelle di competenza esclusiva dello Stato)  “alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s) possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata“. Anche l’autonomia limitatamente a queste tre competenze potranno essere discusse da Veneto e Lombardia.

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
n) norme generali sull’istruzione;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali;

Fino ad ora però entrambe le Regioni coinvolte non hanno chiarito – agli elettori in primis – per quale autonomia si andrà a votare. L’oggetto principale della propaganda è il residuo fiscale, vale a dire la differenza tra quanto una Regione versa in tasse allo Stato centrale e quanto ne riceve indietro in servizi. Maroni e Zaia ritengono che se il residuo fiscale rimanesse “a casa” si potrebbe utilizzare parte di quei 70 miliardi di euro (52 miliardi per la Lombardia e 15 miliardi per il Veneto) in servizi e investimenti sul territorio che potrebbero dare nuova spinta all’economia.

In Lombardia Maroni promette l’autonomia su materie che non possono essere oggetto di trattativa

In Lombardia però Maroni spiega che dopo il referendum la Regione «intende altresì esercitare un’energica azione politica al fine di ottenere un’ancora più ampia competenza da declinare sul proprio territorio in materia di sicurezza, immigrazione ed ordine pubblico». Materie che però sono di competenza esclusiva dello Stato e che non possono essere oggetto di un’eventuale intesa sulla concessione dell’autonomia. Certo, nelle FAQ è scritto che la Regione si impegnerà a chiedere al Governo le modifiche costituzionali necessari ad attuare il progetto. Ma bisogna essere realistici: non succederà.

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Fonte

Il dubbio è che quindi in Regione Lombardia non si sappia davvero che autonomia chiedere e che quella dei soldi da far rimanere al Nord sia l’unico vero nodo individuato dagli autonomisti. Tutti sembrano dimenticarsi però che gli enti locali operano in base a princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118) e che concedendo a Veneto e Lombardia di trattenere il residuo fiscale verrebbe meno il dovere di aiutare i territori meno ricchi e più svantaggiati. Una posizione questa che potrebbe compromettere i sogni di gloria di Matteo Salvini, da anni ansioso di fare conquiste elettorali al Sud con Noi con Salvini. Ma cosa penseranno gli elettori del Sud quando scopriranno che Salvini al Nord incoraggia spinte autonomiste che finiranno per danneggiarli?

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