«Reddito minimo di 320 euro per un milione di poveri»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-02-01

Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri accompagnato da un piano per la loro inclusione sociale. La via italiana al reddito minimo annunciata dal ministro Poletti

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Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri con figli minori. È l’annuncio del ministro del Welfare Giuliano Poletti in un’intervista a Repubblica pubblicata oggi a firma di Roberto Mania sul quotidiano. Il governo ha approvato la scorsa settimana il disegno di legge delega, entro sei mesi dal via libera del Parlamento arriveranno i decreti attuativi. Nel 2017 la riforma dovrebbe partire, ma già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L’obiettivo è di fare crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari (si comincerà dalla famiglie con minori) fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta.

«Reddito minimo di 320 euro per un milione di poveri»

Una specie di via italiana al reddito minimo, quella annunciata dal ministro Poletti, a cui il responsabile del Welfare dà una valenza importante: «È un cambiamento radicale — dice Poletti — perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. È una riforma che vale almeno quanto il Jobs act». In Italia i poveri assoluti sono 4 milioni e 120mila: sono quelli che non possono permettersi la spesa per uno standard di vita minimamente accettabile. La povertà relativa si ha invece quando si sta sotto la spesa media per persona, che nel 2014 era di 1042 euro mensili per due componenti. I poveri relativi in Italia sono 7 milioni. Spiega Poletti:

«Guardi, spetta al governo e al Parlamento fare le riforme ma poi “a bordo” ci sono le persone, ciascuno deve prendersi una parte di responsabilità. Le faccio un esempio: chi riceverà l’assegno dovrà impegnarsi contestualmente, come già accade nelle città che stanno sperimentando il sostegno per l’inclusione attiva, a mandare i figli a scuola e ad accettare possibilità di lavoro. Pensiamo a un coinvolgimento anche delle associazioni del volontariato. Quanto all’Isee le ricordo che l’abbiamo cambiato e che oggi fotografa molto più efficacemente le situazioni: se prima il 78 per cento dichiarava di non avere conti correnti bancari o postali oggi questa percentuale è calata al 18».
Avete annunciato un riordino degli istituti assistenziali. Non è che il nuovo sostegno sarà finanziato con i tagli ad altri trattamenti? Insomma una partita di giro.
«I trattamenti in essere non sono in discussione, non saranno toccati. Faremo un’analisi e puntiamo a una riorganizzazione anche delle prestazioni non per fare cassa ma per equità».

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La povertà assoluta in Italia (La Stampa, 12 agosto 2015)


La proposta dell’INPS sul reddito minimo con le pensioni dei ricchi

Il governo nei mesi scorsi aveva bocciato una proposta dell’INPS sul reddito minimo con fondi da ottenere con il taglio dei vitalizi. La proposta dell’INPS pubblicata sul suo sito prevedeva: un «reddito minimo garantito» di 500 euro (400 € nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultra 55enne. Piano, finalizzato al reinserimento lavorativo, finanziabile con gli 1,2 miliardi che deriverebbero dalla rimodulazione delle prestazioni assistenziali percepite al di sopra dei 65 anni di età da quel 10% di popolazione che percepisce redditi più elevati, circa 230 mila famiglie. «Questo capitolo assistenziale della proposta è diventato in parte materiale per la delega povertà collegata alla Stabilità, che sarà chiusa entro l’estate» spiega il capoeconomista di Palazzo Chigi, Tommaso Nannicini.

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La riforma delle pensioni – Modello Boeri (Corriere della Sera, 6 novembre 2011)

La proposta normativa consisteva nell’istituire un reddito minimo garantito pari a euro 500€ (400€ nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne. Il trasferimento,che prende il nome di Sostegno di Inclusione Attiva per gli ultracinquantacinquenni (SIA55), prende comeriferimento la famiglia, intesa come nucleo che condivide la stessa abitazione. Nel caso in cui nel nucleofamiliare vi siano altri soggetti oltre all’ultra55enne, l’ammontare della prestazione è pari all’importo per unsingle (500€) moltiplicato per la scala di equivalenza OCSE Modificata, che tiene conto delle economie discala che si raggiungono condividendo la stessa abitazione. La famiglia di riferimento è il nucleo allargato così come definito ai fini ISEE (articolo 3, D.P.C.M. n. 159 2013). Questo significa che non solol’ultra55enne, ma anche eventuali figli disoccupati beneficiano del trattamento. Esempio_

Consideriamo una famiglia con 2 soggetti adulti, di cui uno con più di 55 anni. Poiché il parametrodella scala Ocse Modificata per questa tipologia familiare è pari 1.5, tale famiglia avrebbe diritto a unreddito minimo pari a 500×1.5, ovvero 750€ al mese. Ora, se la somma dei redditi da lavoro mensilidi queste due persone fosse pari a 500€ al mese, il valore della prestazione ricevuta ammonterebbe a250€.

Leggi sull’argomento: Il reddito minimo ai poveri con i tagli alle pensioni dei ricchi non piace al governo

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