Il Pezzotto: l’Iptv illegale per tutti

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Il set top box  che decodifica per la televisione il flusso internet di migliaia di canali piratati. Il suo funzionamento si basa sull'IpTV, ovvero l’acronimo di«Internet Protocol Television»: un sistema di trasmissione disegnali televisivi su reti informatiche che consente di trasmettere i canali tv su Internet

Il nome in codice (napoletano) è Pezzotto: si tratta del set top box  che decodifica per la televisione il flusso internet di migliaia di canali piratati. Il suo funzionamento si basa sull’IpTV, ovvero l’acronimo di«Internet Protocol Television»: un sistema di trasmissione disegnali televisivi su reti informatiche che consente di trasmettere i canali tv su Internet.



Il Pezzotto: l’Iptv illegale per tutti

L’Iptv esiste da diversi anni, ma la sua diffusione è aumentata con la crescita della banda larga. Affinché la qualità dell’Iptv sia accettabile serve una connessione di almeno 8 megabit per secondo. Da qualche anno l’Iptv viene sfruttato da un vasto fenomeno illecito che consente la visione di canali a pagamento in modo fraudolento: tutti i palinsesti Sky, Mediaset Premium e Dazn vengono venduti per pochissimi euro.



Il giro d’affari dell’IPTV e del Pezzotto (Corriere della Sera, primo aprile 2019)

Come abbiamo spiegato, la differenza con le schede pirata per la tv satellitare (in circolazione fin dai tempi remoti di Tele+) è che ad essere piratato è il segnale IPTV (Internet Protocol Television), quello utilizzato ad esempio per poter guardare SkyGo, DAZN o Netflix appunto. La scatoletta o “pezzotto” consente proprio di intercettare quel segnale. O meglio dà la possibilità agli utenti che pagano l’abbonamento illegale di poter usufruire dei servizi a pagamento ad un prezzo molto conveniente. Il pezzotto infatti non è gratis, per avere il codice si paga un canone mensile (o annuale) che però in rapporto alla quantità pressoché sterminata dell’offerta garantita con questo sistema diventa del tutto irrisorio.

Storia di un decoder illegale nato in Cina e venduto a Napoli



Federico Fubini sul Corriere della Sera oggi racconta che un anno fa un gruppo di italiani partì per la Cina per ottenere una modifica nel sistema operativo di un «encoder», un oggetto prodotto nella Repubblica Popolare, in modo da prevenire qualunque possibile intervento contro la pirateria sulla televisione digitale.

L’obiettivo tecnico di quella squadra di italiani era far mettere a punto agli ingegneri cinesi un software che nascondesse i codici degli abbonamenti dai quali viene estratto il segnale, per poi riprodurlo illegalmente migliaia di volte e rivenderlo ai consumatori. Ma la visione industriale era più ampia. Il viaggio serviva a espandere il nuovo grande business della criminalità organizzata in Italia: il furto dei diritti digitali, soprattutto ai danni del calcio.

Da allora distribuire illegalmente attraverso la rete le partite della Serie A e delle coppe europee, la Formula 1 o i grandi tornei di tennis—assortiti in un pacchetto con migliaia di canali del resto del mondo— è diventato un affare sempre più vasto soprattutto per i gruppi di camorra. Un’indagine di Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi, conclude che in Italia oggi sono attivi due milioni di abbonamenti illegali e 4,6 milioni  di italiani assistono alle partite nei bar, negli hotel o dal divano di casa versando denaro a organizzazioni che rubano i diritti.

Il software per l’Iptv illegale

Uno dei software che permette queste attività viene prodotto in maniera del tutto legale da Xstream Codes, una società incorporata in Bulgaria da due giovanissimi ingegneri greci. Alcuni di questi sistemi illegali arrivano persino a comprare pubblicità su Google in modo da apparire nelle prime pagine del motore di ricerca — lo fanno Galaxy Iptv, Luckystreaming o Freedom Iptv — e il gruppo di Mountain View non rifiuta l’offerta. Le sorgenti dei segnali sono a Barcellona e Basilea:

Le tecnologie sono tutte in offerta su Amazon o Alibaba, ma è all’ultimo passaggio che il business dei pirati gode di più del sostegno di una vasta e potente zona grigia. Per distribuire il calcio via web in Italia è infatti necessario disporre di server potenti e di alta qualità e alcuni grandi gruppi tecnologici esteri non esitano a mettere a disposizione i propri a chi paga per il noleggio.

Durante una partita di serie A arrivano nel Paese circa 1.700 flussi dall’estero, inclusi Paesi come Russia, Ucraina o Seychelles. Ma l’Olanda fa la parte del leone, soprattutto grazie al colosso Worldstream: a tutte le richieste dall’Italia di interrompere il servizio a favore di operatori illegali, ha sempre risposto con un secco rifiuto.

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