Perché la stepchild adoption non c'entra niente con le Unioni Civili

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-10-14

Che cosa hanno a cuore quei parlamentari che non vogliono la stepchild adoption: Il benessere dei bambini o i consensi elettorali dei bigotti?

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Ieri abbiamo appreso che per il Ministro dell’Interno Angelino Alfano l’ostacolo principale all’approvazione della legge sulle Unioni Civili tra persone dello stesso sesso è la stepchild adoption. Per i centristi e i cattolici della maggioranza non si può consentire ai gay di adottare un bambino perché, come ha detto il Ministro, ogni bambino ha diritto di avere un papà e una mamma. Il punto è che la stepchild adoption ha poco a vedere con le famiglie omosessuali che adottano i bambini mentre riguarda i figli naturali dei due coniugi.

Mario Adinolfi e i suoi deliri sulla stepchild adoption con esempi da altri paesi
Mario Adinolfi e i suoi deliri sulla stepchild adoption con esempi da altri paesi

Cos’è la stepchild adoption?

In poche parole la stepchild adoption è il riconoscimento, da parte di uno dei due coniugi, dei figli del coniuge (stepchild in inglese significa figliastro). In sostanza se i due contraenti l’Unione Civile (chiamarlo matrimonio sembra eccessivo ad alcuni) hanno dei figli la legge dà la possibilità di includerli nel nuovo nucleo familiare. Si tratta quindi di un’adozione sì, ma del figlio (o dei figli) del partner che smette così di essere “il partner” e diventa genitore (anche se non a tutti gli effetti). Questa eventualità è già prevista per le coppie eterosessuali dall’articolo 44 comma b della legge 184/83 del 4 maggio 1983 recante la Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori. In particolare l’art. 44 prevede che I minori possono essere adottati anche dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge. Ed infatti il disegno di legge sulle Unioni Civili va a modificare proprio l’art.44; all’articolo 5 della legge di regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze si legge:

(Modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184)
1. All’articolo 44 lettera b) della legge 4 maggio 1983, n. 184 dopo la parola «coniuge» sono inserite le parole «o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso».

Non risulta che questa eventualità abbia aperto le porte all’utero in affitto per le coppie eterosessuali (che sono la maggioranza delle coppie che ricorrono all’utero in affitto). E soprattutto c’è da sottolineare che la pratica dell’utero in affitto è espressamente vietata dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. Insomma la stepchild adoption serve allo scopo di tutelare i bambini che ci sono già, che sono già figli di uno dei due genitori che così avrebbero la possibilità di essere riconosciuti dinnanzi alla legge anche dal partner. Coloro che sono contrari alla stepchild adoption propendono per la soluzione dell’affido temporaneo che è una situazione ancora più precaria con la quale al compimento del diciottesimo anno d’età figlio e genitore per la legge ritornano ad essere due estranei senza alcun legame o vincolo familiare. Va notato che già di per sé la soluzione prospettata dall’Art. 5 della legge sulle unioni civili introduce una forma di genitorialità che molti definiscono “debole” perché è sottoposto (in virtù dell’Art. 55 della 184/83) alla disciplina dell’art. 300 del Codice Civile che dice che:

L’adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine [315 ss.], salve le eccezioni stabilite dalla legge [87 n. 6, 7, 8, 9].
L’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante (1), salve le eccezioni stabilite dalla legge [468] (2).

La stepchild adoption non è una norma che legittima l’utero in affitto, anche perché questi bambini potrebbero anche essere venuti al mondo in maniera naturale. È stata pensare, invece, per tutelare soprattutto i bambini che vivono queste situazioni. La norma ha già tutte le tutele del caso per i minori e semplicemente prende atto che il concetto di famiglia può essere declinato in molti modi. Ci sono eterosessuali che hanno diverse famiglie, con figli da donne diverse, ci sono genitori omosessuali che hanno figli naturali nati da precedenti relazioni. Così come ci sono coppie etero e omo che non vogliono avere figli e coppie eterosessuali che purtroppo non ne possono avere. Ricordiamo che il modello di famiglia “naturale” composto da padre, madre e uno o più bambini non è un modello universale (cosa che invece l’aggettivo naturale farebbe supporrre). In altre parti del Mondo, in altre culture, in altre epoche esistono e sono esistite diverse forme di famiglia, ad esempio quella in cui è il fratello della madre (ovvero lo zio) a svolgere il ruolo sociale di “padre” mentre il padre biologico ha un ruolo diverso da quello della nostra società. Insomma l’importante non è stabilire cosa sia la famiglia ma capire che ci sono molti modi, legittimi, con cui le persone fanno la famiglia. E chi ha a cuore il benessere dei bambini dovrebbe essere il primo a capire che la stepchild adoption non è un attacco alla famiglia e che ha a che fare con qualcosa di più ampio delle Unioni Civili tra persone dello stesso sesso. È incredibile che certe cose le abbiano capite perfino Silvio Berlusconi e Michela Vittoria Brambilla che si sono detti favorevoli alle Unioni Civili e alla stepchild adoption:

«Voglio fare una domanda: come vogliamo comportarci nel caso in cui il genitore biologico del minore dovesse morire? Vogliamo portare il bambino in una casa famiglia o in un istituto? O, invece, lo vogliamo lasciare nella sua cameretta, con i suoi affetti, l’ambiente dove è cresciuto?».
Detto così non ci si dovrebbe pensare molto su…
«E infatti non ci si deve pensare. La “stepchild adoption” è una tutela per il minore, anche secondo il principio del superiore interesse di questo, sancito dalla convenzione di New York per i diritti del fanciullo».
Non tutti la pensano proprio così.
«Certo, c’è la posizione dell’Ncd e di una parte del Pd che usa l’utero in affitto semplicemente come un pretesto».

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