Perché Berlusconi vuole perdere a Roma

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-04-25

Silvio tiene duro su Bertolaso per vincere una battaglia che gli interessa di più: quella per la leadership del centrodestra. Le colpe della Pascale e quel troglodita di Salvini. E la strategia per le elezioni politiche prossime venture

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“Per molto tempo,i giornali si sono sbizzarriti a dipingere Forza Italia come un «partito di plastica», un «partito-azienda»,un«partito-caserma». Ora ci criticano per la ragione opposta. La verità è che siamo persone libere, abituate a discutere e poi a trovare una sintesi”: Silvio Berlusconi torna a scrivere al Giornale e stavolta è una lunga lettera a sancire il no al ritiro della candidatura di Guido Bertolaso a Roma. E così tutte le cronache che in questi giorni hanno raccontato, a partire da Corriere della Sera e Repubblica, di un ex Cav. pronto a lasciar andare Giorgia Meloni o a convergere su Alfio Marchini si sono rivelate una bufala, come spesso in effetti càpita (ricordate la palla di Silvio Berlusconi vegetariano?) anche in ambiti meno seri.

Perché Berlusconi vuole perdere a Roma

Molte sono le tesi che vogliono spiegare l’orientamento di Berlusconi. Una, quella del cui prodest, è stata enucleata ieri dal grillino Alessandro Di Battista: Berlusconi vuole tenere il centrodestra diviso a Roma perché funziona ancora il Patto del Nazareno con Renzi e allora le divisioni di Forza Italia serviranno a Roberto Giachetti per arrivare al ballottaggio. Una tesi fantasiosa, come spesso succede a Dibba (e infatti sposata in toto da Salvini e Meloni): se la strategia è questa, perché a Milano il centrodestra si presenta unito e si porta dietro persino Alfano? Spiega invece Ernesto Menicucci sul Corriere della Sera:

Al momento, in assenza di eventi per il momento imprevedibili, così accadrà. Da una parte il «blocco lepenista» con Giorgia Meloni candidato sindaco e l’appoggio di Matteo Salvini; poi Guido Bertolaso con Berlusconi, «blindato» dalle parole del leader («rispettiamo la parola data») di sabato scorso; lo stesso Marchini, in campo col suo movimento, che non può permettersi di scendere sotto la per centuale che prese nel 2013 (il 9,4%); e infine Storace, che avrebbe anche valutato un passo indietro ma solo in caso di convergenza unitaria (o semi-unitaria) su un solo nome.
Trattative, incontri, riunioni? Tutto finito, tutto interrotto. Ognuno per sé (e Dio per tutti). Bertolaso incontra il «fido» Marcello Fiori e studia la sua squadra: «Vorrei quelli della Protezione civile», ripete a tutti. Forza Italia cerca di frenare la diaspora sul territorio e pensa di coinvolgere i suoi parlamentari nella corsa, con Renato Brunetta che ha dato la sua disponibilità (se Alessandra Mussolini non accetta) di fare il capolista.

Ieri, dicono spifferi non si sa quanto attendibili, un tentativo di mediazione partito proprio da Forza Italia aveva sottoposto alla Meloni la possibilità di andare all’appoggio della candidata di Fratelli d’Italia in cambio di una lista unitaria. Raccontano che la Meloni abbia detto no e questo ha chiuso la possibilità di ulteriori trattative. E così da oggi si comincia a lavorare alle liste in vista della scadenza:

In campo, un esercito di gente: tre o quattro liste per la Meloni (FdI, Lega, civica, Liberali), tre per Marchini (la sua, «Roma popolare» animata da Beatrice Lorenzin e i repubblicani della «Lista Nathan»), due per Bertolaso (FI e civica), due per Storace (La Destra e civica). Fanno circa 3.000 candidati di centrodestra (ogni lista ne ha 48 per l’Assemblea Capitolina e 24 nei municipi), per una battaglia dove solo la Meloni — sondaggi alla mano — ha qualche chance di andare al ballottaggio contro Virginia Raggi di M5S e al posto di Roberto Giachetti del Pd, mentre Bertolaso-Marchini si giocano il quarto e quinto posto e Storace rischia l’ultimo dietro Stefano Fassina di Sinistra italiana-Sel

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Le colpe della Pascale

E mentre Marchini nell’ennesima intervista a Repubblica continua a lasciare una porta aperta a Forza Italia, dal partito dell’ex Cav.  «Hanno fatto più danno le signore che circondano il presidente che il Pci in trent’anni», è la riflessione di fuoco fatta dall’ex An Altero Matteoli coi colleghi di partito sentiti ieri. E le “signore” in questione sono quelle di sempre, la senatrice Maria Rosaria Rossi, la compagna Francesca Pascale, scrive Repubblica. Di certo la Pascale, con i suoi “Salvini troglodita”,  non sembra avere voglia di aiutare molto l’unità del centrodestra. Ma Berlusconi non è mai sembrato troppo sensibile alle valutazioni altrui e oggi sta combattendo la sua personale battaglia nel centrodestra: quella per la sopravvivenza. Dopo aver individuato un candidato ideale per Milano, cedere a Roma avrebbe significato lasciare la leadership del centrodestra a Salvini. Perdere, anche con disonore, ma ostacolando la strada della Meloni che potrebbe essere sorpassata al fotofinish da Giachetti sarebbe un segnale forte alle due forze ribelli: senza Forza Italia non si arriva al ballottaggio, senza ballottaggio non si vince. Tenetelo da conto al prossimo giro elettorale. Quello delle politiche.

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