Pensioni, chi sceglie quota 100 perde un quinto dell’assegno

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-10-18

Il taglio dovuto a tre motivi: meno contributi versati, speranza di vita più alta, niente rivalutazione del Pil. Molto colpiti i nati fra il 1953 e il 1957

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Chi sceglierà di andare in pensione con quota 100 per la riforma della Legge Fornero portata avanti da Lega e M5S, a cui avranno diritto 370mila persone che per il 40% sono dipendenti pubblici, perderà un quinto dell’assegno previdenziale perché lascerà il lavoro prima, versando meno contributim non intascherà la rivalutazione di questi contributi al Pil, e godrà della pensione per più anni. Lo spiega oggi Repubblica mostrando i conti di Progetica su Quota 100 e le sue conseguenze in tre casi di esempio:

Chi ci perde di più? Un nato nel 1957 che ha iniziato a lavorare a 24 anni nel 1981 e ora guadagna 2 mila euro netti al mese avrà nel 2019 i requisiti per “quota 100”: potrà scegliere di andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi. Ma prenderà 1.442 euro al mese, anziché 1.778 euro — un quinto in meno — che gli sarebbero spettati se avesse continuato a lavorare per i 5 anni che lo separano dal traguardo fissato dalla Fornero per la vecchiaia (67 anni).

Le simulazioni elaborate da Progetica forniscono un’idea delle rinunce economiche, di cui tener conto. Più si anticipa l’uscita, meno soldi si intascano: da un minimo del 2% per chi ha 42 anni di contributi a un massimo del 20%, come nel caso appena descritto. I nati tra il 1953 e il 1957 (nel 2019 avranno tra 62 e 66 anni) dovranno dunque pensarci bene.

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Pensioni, quota 100: i conti di Progetica (La Repubblica, 18 ottobre 2018)

«La pensione si abbassa per l’effetto di tre componenti», spiega al quotidiano Andrea Carbone, partner di Progetica. «Primo: lavori per meno anni e versi meno contributi. Secondo: nel sistema contributivo — i pensionati di “quota 100” sono nel contributivo dal 1996 — maggiore è la speranza di vita che hai davanti a te e minore è l’assegno, perché i contributi si distribuiscono su più anni di godimento della pensione. Terzo: anticipando l’uscita, rinunci alla rivalutazione dei contributi al Pil, che stimiamo all’1,5% come fa l’Inps per la busta arancione, ma come prevede anche il governo per il prossimo anno». E visto che la vita si allunga — a 62 anni ti restano ancora 23 anni in media, dice l’Istat — i contributi versati in una vita di lavoro si spalmano su un striscia più lunga, abbassando gli importi.

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