Parole idiote, idee orrende, vite distrutte

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“La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno.” Alda Merini
E così una domenica di fine ottobre giunge notizia di due aggressioni: vittime sono un clochard, chiamato George, sessantenne romeno, che a Torino dormiva al freddo e alla fame su un panchina fino a quando – come riporta l’informazione – un non meglio identificato tizio con cappuccio lo ha cosparso di alcool e gli ha dato fuoco. Poi (nelle stesse ore) cinque giovani tra i 17 e 19 anni hanno accerchiato, insultato e picchiato un bengalese e un egiziano.
Cioè, un’aggressione è avvenuta nei confronti di un anziano che dormiva, l’altra in cinque contro due; oserei dire ‘abbastanza’ morali e oneste come azioni, ma passiamo oltre.
Ora George è grave e in rianimazione all’ospedale San Giovanni Bosco, mentre il bengalese è al Fatebenefratelli (guaribile in trenta giorni) con il viso massacrato perché anche dopo averlo buttato a terra, i giovani hanno pensato bene di continuare con i calci a risolvere la questione e a dimostrare la loro superiorità di razza e cittadinanza.
Bene, anzi benissimo: ora direi che la questione della povertà è attenuata, quella dell’immigrazione è risolta. Capito? i problemi del nostro paese stanno in un povero che dorme su una panchina!

Non fosse per l’abominio e la tristezza dei fatti, esisterebbero altri pensieri che premono per uscire. Il primo riguarda l’imbecillità disumana di questi “eroi liberatori dell’Italia” che con le loro gesta hanno innanzitutto caricato la sanità pubblica di costi importanti che altrimenti non ci sarebbero stati: ecco, io li farei pagare a questi eroi!
Poi sono altre le emozioni che mi scuotono, ossia il dolore e la rabbia per la rovina a cui ha condannato la propria vita proprio chi si voleva fare “eroe del nulla”; perché questi diciasettenni e diciannovenni avranno ancora una vita da vivere e dovranno fare i conti con le mostruose gesta compiute quando ancora il loro destino era nelle loro mani. Vorrei sapere in che misura questi poveri emarginati si frapponevano come ostacoli da odiare tra i carnefici e la felicità a cui ambivano; vorrei sapere chi (anche se lo so già benissimo) ha indotto questi carnefici a pensare che la loro infelicità fosse colpa di qualcun altro certamente più disgraziato.
Certo, sono dei delinquenti, non c’è dubbio, nessun paternalismo o comprensione, ma chi e cosa ha corrotto l’animo di questi ragazzi fino renderli inumani? Penso ai loro genitori che anni addietro li avranno accarezzati e coccolati sperando divenissero persone dignitose e capaci di fare del bene a loro stesse e forse al mondo, e invece no: coccolavano mostri? Non credo.
La questione è più ampia, più grave: a rovinare l’esistenza di questi giovani plausibilmente già disgraziati e facilmente lobotomizzabili da deliri di violenza e razzismo sono state tutte quelle dichiarazioni sentite in chissà quale contesto (forse anche in casa), proclamate da chissà quale cialtrone politico in cerca di voti orrendi, riportate e rilanciate – condivise – all’infinito da chissà quante pagine sui socialdeadwork. A questo punto non serve più l’indignazione; occorre una tolleranza ZERO nei confronti di quelle parole orrende, apparentemente goliardiche, apparentemente ininfluenti e scambiate per humor nero (“è solo una battuta”: così si dice in genere); perché come vediamo, è facile che le menti e le personalità più fragili le assumano come idea, a modello, a dogma, ad esempio; stimolando solo la diffusione del male e del dolore, distruggendo a vuoto esistenze di vittime che per qualche minuto di follia han voluto essere disumani carnefici.
Martin Luther King “non temeva la cattiveria dei malvagi, ma il silenzio degli onesti”, così non si dovrebbe scherzare mai con certe parole, con certi sottointesi. Occorre una guardia feroce a difesa del Bene. Punto.