Date a Paolo Savona 50 miliardi e nessuno si farà male

Categorie: Economia, Fact checking

Il ministro degli Affari Europei da Lucia Annunziata torna a parlare del suo piano da 50 miliardi di investimenti con i soldi altrui. Ecco perché c'è qualquadra che non cosa

“Io spero ancora che non ci sia ma ci sono rischi per esserci e quindi bisogna cercare di riconciliare il tutto”: il ministro degli Affari europei Paolo Savona è tornato a segnalare tutte le sue buone intenzioni nei confronti dell’Unione Europea durante la trasmissione “Mezz’ora in più” su Rai 3 di Lucia Annunziata mettendo in guardia contro la crisi dell’euro. E nel rispondere alle accuse dei commissari europei che “l’Italia vive al di sopra delle sue risorse” e quindi la necessità del rispetto dei parametri fiscali, ha riproposto la sua antica tesi: “Da tempo vedo che la bilancia dei pagamenti correnti italiana presenta un avanzo di 50 miliardi di euro (57,3 mld di dollari) che significa che l’Italia ha un eccesso di risparmio, e vive al di sotto delle proprie risorse per 50 miliardi che sono complessivamente 3 punti e mezzo di Pil”.



Paolo Savona e i 50 miliardi da spendere

“Se noi riuscissimo a fare un programma, e l’Europa non si opponesse, noi rimarremmo sempre nell’ambito delle risorse che i nostri 25 milioni di lavoratori producono tutti gli anni riuscendo ad assolvere agli impegni europei, a dare stabilità al debito pubblico e contribuiamo alla soluzione della frattura europea”, ha continuato Savona. “Bisogna ristabilire la fiducia perché i 50 miliardi ci sono solo che non vengono investiti in Italia ma fuori” di qui la necessità di riforme strutturali che vuole l’Europa ma che “dovrebbero essere finalizzate – , secondo Savona – non semplicemente al rispetto del bilancio ma ad ottenere la crescita. Allora bisogna che l’Italia faccia le riforme ma se convinciamo i mercati che l’Europa ci dà una mano noi riusciamo a collocare le obbligazioni necessarie per finanziare i piani con i nostri soldi, che vengono investiti in titoli che abbiano un minimo di sicurezza”.



Savona spiega: “visto che per avviare gli investimenti pubblici occorre tempo, vediamo di puntare un po’ più sugli investimenti privati e quindi il primo impulso facciamolo di 16 mld, dell’1% del Pil, metà dei privati anche partecipati dallo Stato e metà il settore pubblico”. Quello che dice il ministro degli Affari Europei è ciò che aveva già detto in un’intervista a La Verità della metà del luglio scorso. Nell’occasione, a Savona venne spiegato che i 50 miliardi di surplus commerciale italiano non sono “soldi che non vengono investiti in Italia ma fuori” o “eccesso di risparmio” ma la differenza tra quanto vendono le nostre imprese all’estero e quando vendono le imprese con sede all’estero in Italia. E quindi non sono soldi disponibili da investire che l’Europa ci impedisce di spendere. Come ha precisato il professor Francesco Daveri, “l’avanzo di parte corrente è una cosa che va a finire nelle tasche dei privati e quindi Savona di fatto propone un esproprio privato per finanziare il reddito di cittadinanza e tutto il resto”. Daveri ha aggiunto che “Quando si parla di avanzo si fa riferimento a un altro conto rispetto alle finanze pubbliche tranne che nei Paesi socialisti dove le imprese sono possedute dallo Stato”.

Date a Paolo Savona 50 miliardi e nessuno si farà male

Il professor Michele Bordrin il 16 luglio scorso ha invece pubblicato un video su Youtube in cui spiega che  Savona ha fatto una proposta che consiste nel chiedere spesa aggiuntiva pubblica in deficit in modo tale da aumentare le nostre importazioni dai nostri paesi e azzerare il surplus della bilancia commerciale. Ovvero propone che il governo si indebiti per creare domanda aggregata per altri paesi. Boldrin spiega il tutto partendo dalle identità contabili come quella del PIL, formato da consumi più investimenti più spesa pubblica (G) più la differenza tra export e import nella bilancia commerciale.



Secondo Boldrin, Savona propone di aumentare la spesa pubblica con la flat tax e il reddito di cittadinanza a deficit per creare domanda per gli altri paesi. “Questo ha proposto oggi Savona nella sua intervista: ovvero di farci danno. Bravo Savona! Anche oggi ne ha detta una buona!”, concluse all’epoca Boldrin. A quel punto, un paio di giorni dopo, in una lettera al Sole 24 Ore lui ha spiegato meglio quello che voleva dire dietro lo slogan dei 50 miliardi da spendere:

Non esistono inoltre solo gli investimenti pubblici; anzi la mia valutazione è che se puntassimo solo su questi il processo si avvierebbe con troppa lentezza rispetto ai tempi che ci assegnano i mercati e Bruxelles. Esistono anche investimenti privati prontamente mobilitabili ed è su questi che si deve puntare. Essi hanno un impatto nullo sui parametri fiscali perché si realizzerebbero con risorse finanziarie procurate dalle stesse imprese. L’Eni ha pronto un piano di 22 miliardi che i massimi vertici assicurano essere pronto a partire, ossia è cantierabile.

Leggo sulla stampa che anche Terna avrebbe un piano da 12 miliardi. Penso che anche l’Enel e Leonardo, per citare alcune imprese, li abbiano. Si tratta di verificare quanti di questi siano già inclusi nelle previsioni per la crescita reale tendenziale del 2019 prevista nell’1% e quanti possono già partire dal 2018 per avere effetti rapidi concreti.

Se questi investimenti ammontassero a 34 miliardi (circa 2% del Pil), ne scaturirebbe la necessità di attuare investimenti pubblici solo per 16 miliardi (circa l’1% del Pil), una dimensione plausibile per le difficoltà che essi incontrano nella realizzazione. Si rimarrebbe così nell’ambito dell’ipotizzato assorbimento dell’eccesso di risparmio inutilizzato registrato dall’Italia anche nell’ultimo anno.

Quindi il piano di Savona dovrebbe consistere nell’accelerare gli investimenti delle aziende che ha citato, non a caso a controllo pubblico. Mario Seminerio su Phastidio ha verificato all’epoca che Claudio Descalzi, a.d. dell’ENI, parlò di sette miliardi di investimenti in Italia nei prossimi quattro anni. Quelli di Terna invece erano 5,3 sempre in quattro anni. E già qui comincia ad esserci un problema non indifferente che Savona dovrebbe spiegare come risolvere: vuole ad esempio costringere multinazionali quotate in Borsa a disinvestire negli altri paesi per investire in Italia? Sarebbe un modo curioso di gestire la governance di una società quotata, ma siamo sicuri che in questa epoca tutto è possibile. Però lo dica, lo spieghi con dovizia di particolari. Tutta Europa è interessata a saperlo.

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