Padoan offre tre miliardi delle nostre tasse all'Europa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-10-27

Le misure addizionali per il 2015 offerte all’Europa per chiudere la trattativa sul bilancio ammontano a 4,5 miliardi. Tra queste ci sono soldi che servivano per tagliare le imposte. Così Bruxelles ci scippa un terzo della crescita

article-post

«Caro Jirki»: non è strictly confidential nel contenuto, ma per lo meno nella forma Pier Carlo Padoan è confidenziale nei confronti di Katainen, il falco messo a guardia dell’austerità dai tedeschi a cui oggi tocca il compito di vigilare sui bilanci francesi e italiani. Nella lettera di risposta alla missiva strictly confidential arrivata dall’Europa che il governo Renzi ha messo on line il ministro dell’Economia spiega perché la sua manovra si deve discostare dai parametri di Bruxelles e offre anche quattro miliardi e mezzo all’Europa per chiudere la trattativa sul debito.
 
TRE MILIARDI DI TASSE ALL’EUROPA
Nella missiva Padoan indica infatti le misure aggiuntive con le quali l’Italia conta di correggere il deficit strutturale di circa 0,3 punti percentuali del PIL nel corso del 2015, che valgono complessivamente 4,5 miliardi (3,3 miliardi tratti dal fondo per la riduzione delle tasse, 500 milioni dai fondi per i cofinanziamenti Ue, 730 milioni da un’estensione del regime del reverse charge IVA).
risposta padoan europa
 
Un modo abbastanza brutale per far capire chi ci perderà dalla miopia con cui le istituzioni europee stanno interpretando l’austerità. Ovvero, i cittadini italiani, e di conseguenza i consumi e gli investimenti del Belpaese. «È mio dovere ricordarvi che l’economia italiana sta affrontando una delle recessioni più gravi e durature della sua storia, giunta al terzo anno, mentre c’è il serio rischio di deflazione e stagnazione. Un quarto anno di recessione va evitato a tutti i costi perché sarebbe difficile tirarne fuori il Paese», dice il ministro dell’Economia nella lettera. L’Italia correggerà il deficit strutturale di 3 decimi «finanziando simultaneamente lo sforzo straordinario per effettuare quelle riforme strutturali lungamente attese che presentano costi aggiuntivi nel breve periodo», secondo il ministro. E proprio tra le riforme «strutturali», Padoan segnala gli «ulteriori aggiustamenti nel mercato del lavoro e nella giustizia civile, attesi all’inizio del prossimo anno».
 
UN TERZO DI CRESCITA IN MENO
Le misure costeranno all’Italia un terzo della crescita potenziale in meno rispetto ai calcoli del ministero dell’Economia in sede di approvazione della Legge di Stabilità 2015. Anche se a questo proposito Roberto Basso, portavoce del ministero dell’Economia, “corregge” nei commenti: «Il fondo destinato alla riduzione della pressione fiscale, del valore di 3,3 miliardi, non era preso in considerazione nella stima degli effetti della manovra, perché non ancora declinato in misure specifiche (come avviene invece per le politiche specificate nel dettaglio). Quindi con la rinuncia ad utilizzare queste risorse resta immutato l’impianto della legge di stabilità, mentre si farà minore ricorso al debito (e quindi si produrrà minor deficit rispetto a quanto inizialmente programmato)». Scriveva qualche giorno fa Mario Sensini sul Corriere della Sera:

Se davvero la partita si chiudesse con una correzione aggiuntiva del deficit pubblico di 0,2 punti del Pil, 3,3 miliardi di euro,oltre al miliardo e mezzo di riduzione già prevista, dicevano ieri nei corridoi del ministero,per il governo sarebbe un risultato senz’altro positivo. L’impronta di fondo della manovra, nella sostanza, non cambierebbe, anche se si ridurrebbe di un terzo la spinta per la crescita. Resterebbe comunque una legge di bilancio espansiva, che dà all’economia parecchio di più di quello che toglie, cosa che non accadeva da un pezzo.

Cosa significa questo conteggio? Sabato scorso il ministero dell’Economia aveva pubblicato una serie di tabelle che spiegavano gli effetti macroeconomici delle riforme del governo.

Le tabelle sugli effetti macroeconomici delle riforme di Renzi


La conclusione dell’ultima tabella è questa:

Le misure considerate hanno un impatto positivo sul prodotto pari a 1,4 per cento nel 2020 nello scenario tendenziale ed a 3,4 per cento nello scenario programmatico. L’effetto è guidato principalmente dalla componente degli investimenti (nel 2020 pari a +3,2 per cento nello scenario tendenziale e a +5,6 in quello programmatico). Anche l’impatto sui consumi è degno di nota, conun effetto positivo di 1,6 per cento nel 2020 nello scenario tendenziale e del 2,9 per cento nello scenario programmatico. Nel 2020, l’accresciuta efficienza nel sistema economico è stimata produrre una variazione positiva dell’occupazione pari a 0,6 per cento nello scenario tendenziale e 1,2 per cento nello scenario programmatico.

In particolare, secondo lo scenario programmatico, il ministro dell’Economia calcolava che le riforme proposte dal suo governo avesserouno scostamento percentuale rispetto allo scenario base pari allo 0,4% nel 2015, e poi dello 0,8%, dello 1,5%, del 2%, del 2,8% e del 3,4% negli anni a venire fino al 2020 (vedi tabella), con una resa sul PIL dell’8,1% nel lungo periodo. E con questo avevamo, dalle vive parole del governo, quanto pesava la manovra. Con la riduzione di un terzo l’effetto diventa ancora più debole.
In copertina: Pier Carlo Padoan, foto da Lisboncouncil su Flickr
Edit 15:44: all’articolo è stato in un secondo momento aggiunto, nell’ultimo paragrafo, il commento di Roberto Basso, portavoce del ministero dell’economia, che potete leggere qui sotto.

Potrebbe interessarti anche