Oggi le comiche: è Stefano Parisi il candidato del centrodestra nel Lazio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-01-25

L’ex candidato sindaco di Milano (!) “risolve” così l’impasse del centrodestra incapace di trovare un candidato convincente contro Pirozzi. Ma Berlusconi, Meloni e Salvini vanno incontro così a una sconfitta molto probabile

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Stefano Parisi annuncia su Facebook di aver accettato la proposta di candidarsi come presidente della Regione Lazio. L’ex candidato sindaco di Milano (!) “risolve” così l’impasse del centrodestra incapace di trovare un candidato convincente dopo la discesa in campo di Sergio Pirozzi, ma lo fa nel modo più comico: ovvero presentandosi candidato anche senza legami con il territorio e ammettendo che il centrodestra ha rifiutato un’alleanza con lui per le elezioni politiche.

Oggi le comiche: è Stefano Parisi il candidato del centrodestra nel Lazio

Lo stesso Parisi nel messaggio fa notare tutte le strane contraddizioni dietro questa scelta: “Solo pochi giorni fa il Centrodestra, con una decisione incomprensibile, ci ha voluto escludere dall’apparentamento e oggi ci chiede di portare Energie PER l’Italia e me stesso a supporto della corsa per il Governo della Regione Lazio”, scrive Parisi, che poi annuncia anche di non voler più far correre il suo movimento alle elezioni politiche: “Tanti di voi hanno lavorato per costruire le liste e la nostra presenza alle elezioni per Camera e Senato, divenuta ora incompatibile con la mia candidatura alla guida della coalizione nella Regione della Capitale. Abbiamo tuttavia deciso di accettare perché siamo un partito nuovo, costruito in solo un anno di lavoro e dobbiamo innanzitutto consolidare la nostra presenza in tutta Italia, nelle comunità, nei territori”.
stefano parisi
Lo status sulla pagina Facebook è pieno di commenti critici che sottolineano l’incredibile voltafaccia di Parisi: «Ho sperato fino all’ultimo che EPI fosse una cosa seria, peccato non abbia capito che un progetto a lungo termine non ha bisogno di scorciatoie… Peccato, era l’unico motivo per andare a votare (e anche molto di più)».

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