E anche Monti adesso vuole la spesa pubblica

di Guido Iodice

Pubblicato il 2014-10-08

L’austero ex premier italiano Mario Monti, in un articolo per il Financial Times, invoca nuove regole per favorire più investimenti pubblici al fine di alimentare la crescita

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Dopo il Fondo Monetario Internazionale, Zingales, Tabellini e Giavazzi, un’improvvisa conversione keynesiana arriva nientepocodimenoche dal vincitore del Premio Hayek 2005, l’austero ex premier italiano, presidente della Bocconi e senatore a vita Mario Monti. In un articolo per il Financial Times, Monti invoca più investimenti pubblici per la crescita. Spiega il Professore:

La virtù della disciplina di bilancio è che protegge le future generazioni dagli abusi dei politici attuali. Supponiamo, tuttavia, che un paese abbia bisogno di maggiori e migliori infrastrutture e il suo governo possa prendere in prestito a meno di 1 per cento per finanziare le infrastrutture con un tasso molto più elevato di rendimento in termini di crescita. Se questo paese decide di rinunciare a tale investimento, non agisce contro l’interesse delle generazioni future?

E noi che credevamo che la spesa pubblica fosse improduttiva… Monti propone nuove regole più favorevoli alla crescita. Non arriva ad affermare che il Patto di Stabilità è “stupido”, come ebbe a dire Romano Prodi, ma il concetto è quello:

Un patto di stabilità semplicistico potrebbe essere stato giusto per l’infanzia dell’euro. Ma l’Europa non può più permettersi di pagare il prezzo di uno strumento così rudimentale. Non riconoscendo adeguatamente il ruolo degli investimenti pubblici, ha infatti spinto i governi a tagliarli. Abbiamo bisogno di introdurre norme più rigorose, non più flessibili. Ciò che è necessario non è la flessibilità per deviare dalle regole, ma di regole che siano economicamente e moralmente rigorose.
Al momento del suo ‘miracolo economico’, la costituzione della Germania aveva una regola che permetteva il debito pubblico solo per gli investimenti pubblici. I tedeschi la chiamavano la ‘regola d’oro’ e inizialmente la Germania ha cercato di sancirla nel trattato di Maastricht: difficilmente può essere ritenuto un principio irresponsabile.

In realtà la “golden rule” risale a Keynes, che ne spiega le motivazioni nella Teoria Generale. Alimentare i consumi (pubblici o privati) ha effetti solo indiretti e ritardati sulla produzione, persino in una economia chiusa. Molto meglio invece spendere in investimenti pubblici, che creano lavoro immediatamente e stabilizzano il ciclo economico. Ma torniamo al presidente della Bocconi. Ecco quindi la proposta di un “patto intelligente”:

L’idea di un trattamento più favorevole per gli investimenti pubblici sta guadagnando terreno. Nel 2013, la Commissione europea ha annunciato che l’avrebbe applicata, entro limiti rigorosi, nel far rispettare il patto di stabilità. Il Fondo monetario internazionale e anche la BCE chiedono ai governi di aumentare gli investimenti pubblici. Jean-Claude Juncker, il nuovo presidente della Commissione europea, ha annunciato un grande piano di investimenti UE.
Ma la nuova Commissione dovrebbe fare di più. Essa dovrebbe annunciare la promozione di una implementazione più favorevole agli investimenti della disciplina di bilancio a livello nazionale. Applicando pienamente il patto di stabilità esistente, consentendo il trattamento favorevole degli investimenti pubblici entro i limiti stabiliti nel 2013. Dovrebbe anche annunciare una proposta per l’aggiornamento degli strumenti di disciplina di bilancio, ad esempio attraverso un regolamento, per riflettere il ruolo degli investimenti pubblici produttivi. E infine dovrebbe istituire un gruppo per fornire principi concordati su quali categorie di spesa pubblica si qualificano come investimenti previsti da tali strumenti, fornendo così chiarezza per evitare l’elusione.

Insomma, rigore sì, ma non autodistruttivo come finora è stato. C’è da chiedersi perché tutto ciò non sia stato il programma del presidente Monti quando era capo del governo.

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