La rana che voleva essere bue: l’analisi grafologica di Matteo Salvini

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Per un grafologo ogni tratto di scrittura è il racconto di una storia. Storie intime, personali, spesso drammatiche, storie che a volte ricordano fiabe. Vedendo già in passato la firma di Salvini e parlandone a tavola con un amico (perché la tavola è il posto migliore per condividere immagini e suggestioni), dissi, senza troppo pensarci: “È la fiaba della rana e il bue”. Il mio commensale, che evidentemente poco conosceva Fedro e i classici, sorrise, simulando di aver colto al volo il significato, per quanto questo fosse lapidario e inappellabile, e l’argomento si esaurì in fretta.



È passato molto tempo da quel pranzo, eppure oggi posso dire che mai fiaba fu più azzeccata, soprattutto nel suo epilogo. Era vero che la firma di Salvini poteva raccontare come sempre, una storia; questo filo di scrittura che, ondulando va gonfiandosi sopra e sotto, simile alle ampolle di un laboratorio, lo rende simile a quella rana che pensa che essere bue sia solo una questione di dimensioni e che ha grande fiducia nell’elasticità della propria pelle. Eh sì, Matteo Salvini, come la rana, di base è un ottimista, con qualche problema di valutazione. Colpa, e questo va detto, anche dei suoi piccoli che, per troppa fiducia o affetto, continuavano a dire che poteva gonfiarsi anche di più. È vero che il pubblico, le aspettative, i riconoscimenti e, come dimenticarli, i likes dei social, fungono da ossigeno che non solo si inala ma, a volte, gonfia, fino all’irreparabile. Peccato, perché le potenzialità non mancano. Ci solo gesti nei quali, alleggerendo la pressione della scrittura e forse non solo, si rivela una bella intelligenza, veloce e intuitiva, anche la capacità di trovare soluzioni originali e condivise. Peccato, perché se Matteo Salvini non fosse Matteo Salvini, sarebbe l’abile comandante di una nave, non di una grande nave, certo, ma di un buon e utile peschereccio. Io confido, per lui, in quel gesto che torna indietro, in quella capacità che si vede nella scrittura, di ricominciare con più slancio in direzione orizzontale e con più energia di come si era partiti, come quella linea che taglia tutta la firma. Un po’ la cancella, modificandola, ma, d’altra parte, dopo un’esplosione, non si può essere più come prima. Non certamente bue, ma nemmeno più rana.



 

Sara Cordella è Grafologo forense, specializzata in grafologia criminologica, iscritta all’albo dei periti del Tribunale di Venezia, docente